2024-08-01
«Un passaporto non cambia la biologia. Il problema di sicurezza è concreto»
Il ministro Eugenia Roccella: «C’è una questione fisiologica, genetica, che l’anagrafe non può eliminare. Questo combattimento svela l’ipocrisia di chi parla di diritti delle donne: la fluidità tanto cara alla Schlein in realtà è contro di esse». «La presenza di persone transgender nelle gare sportive implica la necessità di individuare e garantire requisiti di ammissione rigorosi, certi e univoci, per una gara che sia onesta e bilanciata. A maggior ragione quando si tratti di sport che implicano un corpo a corpo fra atleti, un confronto fisico diretto che potrebbe mettere in pericolo e danneggiare la persona con la struttura fisica meno potente». Lo ha detto ieri Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, commentando il caso - esploso a livello internazionale - dell’incontro fra la nostra Angela Carini e Imane Khelif, pugile algerina transgender (o forse intersex, comunque dotata di cromosomi xy). Il punto della discussione è proprio questo: sono garantite sicurezza e lealtà della competizione quando le differenze biologiche sono evidenti?Ministro, il comitato olimpico sostiene che Imane Khelif sia «una donna sul passaporto» e tanto basta a consentirle di combattere. È così? Basta essere donne sul passaporto?«C’è un problema fisiologico, genetico, che nessun passaporto potrà mai cancellare. Si dice che un uomo “diventa” donna, o viceversa, ma non è del tutto vero: i cromosomi non cambiano, e ogni cellula del corpo della persona che ha fatto la transizione resterà sempre e comunque con il patrimonio genetico originale, XX o XY, femminile o maschile. Chi vuole cambiare sesso, al di là delle eventuali operazioni chirurgiche, dovrà assumere ormoni per tutta la vita, perché il cambiamento non è mai compiuto, mai definitivo. C’è poi un problema che riguarda il corpo: la fisicità di un uomo o di una donna resta tale, a prescindere dalle regole anagrafiche, che peraltro cambiano da Paese a Paese. Non si può ridurre l’appartenenza di genere una questione esclusivamente ormonale, perché ci sono differenze fisiche che nello sport possono essere decisive. Pensiamo solo all’altezza, alla diversa massa corporea, alla capacità cardiorespiratoria. Da sempre nelle gare sportive atleti e atlete gareggiano separatamente, ci sarà un motivo… e questo motivo è la lealtà sportiva, l’equità nella competizione, le pari opportunità nel senso di partire tutti dallo stesso blocco di partenza, in questo caso da condizioni analoghe di prestanza fisica. Un passaporto può registrare un dato anagrafico, in alcuni Paesi addirittura anche soltanto sulla base dell’autopercezione, ma non può rendere un corpo maschile uguale a un corpo femminile. E nello sport il corpo è fondamentale».Crede che sia garantita la sicurezza della nostra atleta Carini? «In generale, nello sport la presenza di atleti trans nelle competizioni femminili pone un problema di equità e di leale competizione. Nel pugilato c’è anche un evidente problema di sicurezza, perché il confronto è diretto. In questo caso i pugili trans ammessi alle competizioni femminili olimpiche sono due, ma nessuno dei due era stato ammesso ai campionati mondiali. A Parigi è stato confermato quello che era già possibile nelle Olimpiadi di Tokyo del 2021, e per il Comitato olimpico il precedente di Tokyo è una giustificazione; a me in realtà sembra una aggravante, che dimostra quanto questa deriva sia consolidata. Martina Navratilova, grande campionessa, ha protestato contro l’ipotesi di gareggiare con persone trans dicendo che gli sport femminili non possono essere un luogo per “maschi falliti”, cioè uomini che non vincono nelle competizioni con altri uomini. Mi sembra sia arrivato il momento di avere regole uniformi in questo ambito in tutti gli sport: regole chiare, univoche, rigorose».La nostra pugile ha parlato e ha fatto sapere di essere intenzionata a competere. Pensa che sia giusto? Non crede che le autorità olimpiche dovrebbero intervenire?«La nostra pugile esercita la sua attività sportiva in un quadro di regole verso le quali si è mostrata rispettosa. A maggior ragione le istituzioni sportive dovrebbero avvertire tutta la responsabilità di garantire a lei, e ad altre nella stessa situazione, il diritto a una competizione davvero equa e alla tutela della sua integrità fisica e della salute».Anche alla luce della sue dichiarazioni, quale sarà adesso l'atteggiamento del governo su questa vicenda? «Sono in perfetta sintonia con il ministro Abodi, che segue il caso. Spero che in questa battaglia troveremo al nostro fianco tutti coloro che ogni giorno parlano dei diritti delle donne. È evidente infatti che la “fluidità” gender colpisce innanzi tutto le donne, e non solo in ambito sportivo. In nome della “fluidità”, in alcuni Paesi abbiamo avuto detenuti uomini che hanno ottenuto il trasferimento nelle carceri femminili con lo strascico di violenze che si possono immaginare. Abbiamo avuto candidati uomini che con una semplice autocertificazione hanno occupato le quote rosa alle elezioni. Soprattutto nel mondo anglosassone la parola donna è stata sostituita da perifrasi piuttosto offensive, come “persona con le mestruazioni”. Questo però ai maschi non accade, e la parola uomo circola tranquillamente senza che a nessuno venga in mente di rimpiazzarla. E non mi risulta ci siano donne che, fatta la transizione, partecipino a gare maschili, o vogliano essere recluse in carceri maschili. Questo dovrebbe far riflettere, è la dimostrazione che non si tratta di inclusività ma di una grande ingiustizia contro le donne. È una sostanziale violenza, che si afferma per via burocratica e procedurale, prima ancora che attraverso la legislazione».Non pensa che si dovrebbe per lo meno aprire una riflessione a livello internazionale su casi come questi per evitare che in futuro un atleta biologicamente maschio possa competere con una donna?«Guardi, le dico una cosa che in pochi hanno notato. Qualche giorno fa la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza sul cosiddetto “terzo sesso”, cioè sul superamento del binarismo sessuale uomo-donna. Questa sentenza è stata interpretata come un invito al Parlamento a legiferare, e invece la Corte si è semplicemente proclamata non competente in materia, specificando che eventualmente, se lo ritiene, se ne può occupare il legislatore. Il quale però è stato messo in guardia: fate attenzione – ha detto la Consulta – perché scardinare la logica binaria significherebbe smontare tutti i pezzi di ordinamento che su quella logica sono costruiti. Negare che i generi sono due, uomo e donna, significa far saltare il diritto di famiglia, il diritto del lavoro sul fronte delle azioni a favore delle lavoratrici, il diritto dello sport (appunto!), il diritto della riservatezza (carceri, ospedali e simili…), e ovviamente tutto il sistema delle pari opportunità tra uomo e donna e le norme a tutela della rappresentanza di genere. Lo dice la Corte, non io. Col massimo rispetto per le scelte e le propensioni di ciascuno, ma anche per la realtà biologica dei corpi, bisogna dire che la fluidità tanto cara alla sinistra di Elly Schlein è contro le donne».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)