2019-04-10
Ultima follia dell’Onu: chiudere i profughi in ghetti galleggianti
Invece di pensare a come evitare le migrazioni, le Nazioni Unite presentano Oceanix, un'isola artificiale per i rifugiati climatici.All'Onu sono andati al cinema. È sempre una bella notizia, come quando le scolaresche liceali sciamano verso l'aula magna per vedere un vecchio film. All'Onu devono aver proiettato Waterworld, il polpettone di 24 anni fa che ha mandato sul lastrico Kevin Costner (produttore e protagonista), impegnato a sgominare bande di cattivi - con l'impedimento dei piedi palmati e delle branchie dietro le orecchie - in villaggi galleggianti dentro un medioevo marino causato dallo scioglimento dei ghiacci. All'Onu, ancora impressionati dalla denuncia di Greta Thunberg, devono aver detto: buona idea. E hanno deciso di finanziare il progetto Oceanix, la città galleggiante che in un futuro prossimo dovrà ospitare i migranti climatici.EcomostriQuando si parla di migranti, i cravattoni onusiani hanno sempre un fremito. Il problema sta molto a cuore ai funzionari delle Nazioni Unite e ai costruttori di livello internazionale, messi in crisi dalla sensibilità ecologista e da interventi politici contro il consumo di suolo. Poiché gli ecomostri vengono fatti saltare con la dinamite, perché non creare una corrente di pensiero per cementificare direttamente il mare? I cambiamenti climatici in atto costituiscono un buon pretesto: anche se l'uomo fosse così oculato da provocare solo un innalzamento di 1,5 gradi entro il 2100 (oggi la proiezione è di 4 gradi, ben superiore), il livello delle acque si alzerebbe di 77 centimetri e alcuni atolli dell'emisfero australe sparirebbero. Senza contare la siccità, la desertificazione, le migrazioni alla ricerca dell'elemento liquido. Fu proprio l'Onu ad attribuire la guerra del Darfur non al fanatismo islamico, ma al clima torrido («Si ammazzano perché fa troppo caldo», fu l'imbarazzante tesi). Quindi nessun problema nello sposare, cavalcare, enfatizzare la necessità di costruire nuove città in mezzo al mare. È semmai singolare notare come il Palazzo di Vetro, insensibile alla sorte dei migranti da guerra, alla distruzione della Siria, alla diaspora dei cristiani in Asia e in Africa, ai massacri in Nigeria e in Libia, si sciolga per il caldo. Signora mia, Greta fa più presa dell'Isis. Il progetto Oceanix, nome che sembra un personaggio un po' suonato di Asterix, è stato presentato la settimana scorsa dall'agenzia specializzata Onu Habitat con base a Nairobi in Kenya, in collaborazione con alcune imprese private, sotto l'ombrello tecnologico del Mit di Boston e quello geografico della società americana Explorers club. Il villaggio è affascinante, somiglia a un resort per ricchi alle Seychelles. È costituito da piattaforme esagonali di 15.000 metri quadrati edificate al massimo su sette piani per non compromettere la stabilità dell'insieme; le piattaforme saranno ancorate al fondo marino con materiale denominato biorock. Ogni nucleo ospiterà 300 residenti, ogni villaggio sarà formato da sei nuclei e la città completa da sei villaggi. Totale, 10.800 abitanti. Come in un gioco di ruolo, ogni dettaglio è stato studiato rigorosamente: i rifornimenti saranno assicurati dai droni, gli spostamenti avverranno con battelli elettrici e biciclette, non ci saranno né auto né camion. E si può esser certi fin d'ora che numerosi radical chic seguaci di Beppe Sala, Alberto Asor Rosa e Michela Murgia si travestiranno da migranti climatici per passarci le vacanze; difficile trovare Repubblica in edicola, ma è possibile che ci si annoi meno che a Capalbio.In quel paradiso artificiale e delirante che avrebbe bisogno di uno scrittore folle come James Ballard per essere raccontato, si svilupperanno fattorie marine, l'acqua piovana verrà recuperata, l'acqua di mare dissalata e i rifiuti - ça va sans dire - riciclati. La popolazione farà esattamente ciò che non è riuscita a realizzare negli ultimi 2.000 anni. Dopo il Bosco verticale ecco l'Atollo orizzontale, un paradiso terrestre che avrebbe qualche possibilità di funzionare con abitanti rigorosamente norvegesi o canadesi. Concepita dal genio dell'architetto Bjarke Ingels, che ha sperimentato l'urbanistica dell'isola galleggiante a Copenaghen in un campus di studenti, Oceanix sarà affiancata da isole disabitate destinate a servizi come la produzione di energia solare o alle coltivazioni. E il tutto sarà racchiuso da barriere contro le onde e le tempeste. Nessuno è così ingenuo da pensare che l'urbanizzazione del mare non sia già una realtà. La baia di Hong Kong ne è l'esempio più noto, a Singapore e a Lagos (con effetti lievemente diversi) interi quartieri vanno oltre i limiti terrestri. Purtroppo un esempio potrebbe essere anche quello degli alagados di Salvador de Bahia, quartieri poverissimi dalle condizioni subumane costruiti su palafitte maleodoranti dove i ragazzini muoiono sui pali dell'alta tensione nel tentativo di portare elettricità alla baracca di famiglia. Però l'Onu preferisce guardare altrove, al mondo virtuale della perfezione e dello charme, come se la vita fosse una lunga design week.A New YorkLa città galleggiante diventa un must ed è possibile che un prototipo venga realizzato nei prossimi mesi a New York sull'East River, di fronte al palazzo delle Nazioni Unite. Seguirà cocktail con Angelina Jolie. Nel frattempo i problemi delle migrazioni rimarranno tutti in piedi nella loro drammaticità, galleggeranno sulla disperazione e sulla rabbia senza ancoraggi biorock a tenerli fermi. Mentre già immaginiamo l'elenco telefonico di Atlantide, ci permettiamo di avanzare una perplessità: se la maggioranza del villaggio dei migranti da calura è musulmana (come potrebbe capitare in una Molenbeek galleggiante davanti per esempio a Montecarlo), chi non abbraccia quella religione dove scappa? O è arrivato almeno in finale nei 1.500 stile libero alle olimpiadi, oppure è fritto.
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