Il Covid svuota i nostri bicchieri. «Ci vorranno quattro anni per tornare ai numeri del 2019»
- L'industria comincia a riprendersi dopo una perdita di fatturato superiore al 27% nel primo semestre, ma la ripresa è ancora lontana.
- Andrea Mazzoni, consulente di importanti aziende toscane: «É in momenti di crisi che vanno affrontati i nodi che erano già al pettine. È necessario un ricambio generazionale»
- Nel territorio del Barolo, sorge l'azienda vitivinicola «L'astemia pentita». Una cantina pop, ideata e progettata da Gianni Arnaudo
- La Milano Wine Week chiude con oltre 10.000 presenze. Federico Gordini: «Le istituzioni governative ne prendano atto»
Lo speciale contiene quattro articoli e gallery fotografiche.
2024. Secondo i dati raccolti da Iwsr ci vorranno quattro anni perché l'industria degli spiriti possa tornare al livello di volume di vendita pre pandemia. Per l'amministratore delegato dell'azienda, Mark Meek: «Ci aspettiamo cali di quasi il 12% nel 2020. Ci sarà una certa ripresa alla fine del 2020, ma la nostra previsione è che il consumo di bevande alcoliche impiegherà almeno quattro anni per tornare al punto in cui era nel 2019».
Secondo i dati raccolti da Coldiretti, il crollo dell'attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha avuto un effetto negativo sull'agroalimentare nel suo complesso, con una perdita di fatturato pari a 8 miliardi. Il calo degli acquisti extradomestici ha infatti raggiungo un meno 40% su base annuale.
Dal canto suo, il Csc (Centro studi di Confindustria) registra un lieve aumento della produzione industriale in Italia dello 0,5% in settembre su agosto. Si stima che per il terzo trimestre un incremento congiunturale del 26,4%, un dato che cercherà di far fronte al meno 16,9% del secondo e il meno 8,8% del primo trimestre.
Il maggiore problema degli stabilimenti enologici italiani è la giacenza, che in data 7 ottobre ha raggiunto i 35,9 milioni di ettolitri di vino, 10,4 milioni di ettolitri di mosti e 4,7 milioni di ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione (Vnaif). Rispetto al 30 settembre 2019 si osserva una riduzione delle giacenze del 2,8% per i vini e un incremento delle stesse sia per i mosti (+86,8%) che, soprattutto, per i Vnaif (+253%).
Oltre il 58% del vino in Italia è fisicamente detenuto nelle regioni del Nord. Nel solo Veneto è presente il 23,8% del vino nazionale, soprattutto grazie al significativo contributo delle giacenze delle province di Verona (10%) e Treviso (8,6%).
Il 54% del vino detenuto è a Dop, con una prevalenza del rosso (59%). Il 25,4% del vino è a Igp, anche in questo caso con prevalenza del rosso (59,9%), mentre i vini varietali detenuti costituiscono appena l'1,6% del totale. Il restante 19% è costituito da altri vini.
Nonostante il gran numero di Do presenti (525), dieci denominazioni costituiscono il 38,8% del totale dei vini a Do presenti; le prime 20 denominazioni rappresentano oltre la metà del totale delle Do (55,5%).
I dati più positivi sono quelli che riguardano gli acquisti online, cresciuti del 102% nel 2020. I vini rossi hanno guidato la classifica, con un aumento del 14,9% a livello totale, mentre per gli spumanti, e anche lo Champagne, si è registrata una flessione del 19%.

Federico Minghi
Ottobre in Toscana è un tripudio di colori e profumi: la vendemmia è appena terminata ed è già iniziata la raccolta delle olive; si trovano tartufi bianchi di ottima qualità e i boschi sono generosi di funghi. Anche la tavola è al massimo della sua espressione e grazie a queste primizie e a piatti di cacciagione, si banchetta alla vendemmia appena terminata.
Questo è il periodo dell'anno che porta il resoconto di un'intera stagione, dopo mesi e mesi trascorsi a coccolare le viti e a sperare nella clemenza del tempo.
In cantina dopo aver passato giorni frenetici, ora si riprendono i ritmi abituali, pian piano torna la calma e pervasi dal profumo di mosto si fanno le prime valutazioni che, anche se possono apparire positive, non è facile lasciarsi entusiasmare di questi tempi. L'emergenza che stiamo vivendo ci costringe a stare con i piedi per terra e a sperare di vivere il prima possibile tempi migliori, altrimenti il settore vitivinicolo potrebbe risentirne in maniera irreparabili. Non sono stati solo i mesi di lockdown a mettere alla prova il settore ma soprattuto il perdurare nel mondo di una situazione di incertezza e il cambiamento obbligato e repentino di stile di vita senza sapere per quanto tempo dovremmo conviverci.
Mi trovo adesso con il prof Andrea Mazzoni, noto consulente di importanti aziende toscane, con il quale mi piacerebbe analizzare la situazione del mondo del vino in Toscana in questo particolare momento.
Che vendemmia è stata questa del 2020?
«Nel suo insieme è stata una buona vendemmia, anche se ci sono state delle ombre, per quelli che non sono riusciti a vendemmiare né prima delle piogge né nei giorni tra le due perturbazioni. Per quanto riguarda la quantità del prodotto più o meno siamo nella media e la qualità è buona. Quello che conta in un mercato di questo tipo è proprio la qualità. L'andamento climatico quest'anno, almeno in questo, ci ha aiutato».
Quale è la situazione delle cantine nell'era Covid?
«I problemi ci sono, i magazzini sono sempre più pieni, c'è il problema dei vini bianchi che devono essere consumati in un arco relativamente breve, mentre per i rossi, specialmente i grandi, c'è più respiro. Soffrono di più le aziende che lavoravano soprattutto con l'Horeca, mentre chi lavorava con la grande distribuzione e la vendita online soffre un po' di meno».
Quanto conta ora avere un brand forte?
«In momenti di crisi ci si aggrappa sempre a un brand più sicuro, è un discorso psicologico, si cercano sicurezze».
Ora è il momento di dare una svolta al settore?
«É in momenti di crisi che vanno affrontati i nodi che erano già al pettine; è necessario un ricambio generazionale, vanno preparati i giovani mandandoli a rendersi conto della realtà e a imparare da altre realtà vincenti per confrontarsi e prendere spunti e acquisire metodologie positive. Inoltre le aziende si devono reimpostare completamente nel mondo del marketing e della comunicazione e formarsi all'utilizzo dei social networks perché è attraverso questi che si possono trovare nuovi mercati e parlare agli appassionati in modo adeguato, creando un'informazione mirata».
É facendo informazione e formazione che si vende il prodotto.
«In Toscana si dice "il vecchio pianta la vigna, e il giovine la vendemmia". Questo perché è necessario pensare che quando parliamo di vino dobbiamo immaginare archi temporali importanti, scelte lungimiranti, cicli lunghi fatti di attese e speranze. Il mondo del vino non è come quello della moda o del cinema, dove si brucia un trend in una stagione. Nel mondo del vino ci vogliono anni per raccogliere i frutti di un percorso dove visione, coraggio e passione aiutano a non smarrirsi».
«L'astemia pentita» amante del Barolo
«Sono sempre stata innamorata delle mie Langhe, dove sono cresciuta e dove vivo». Così racconta Sandra Vezza, della cantina vinicola dall'anima pop L'astemia pentita. rpgetto ideato e curato dall'architetto Gianni Arnaudo. «La mia passione è da sempre camminare tra i vigneti e rimanerci ore a pensare, guardando questo paesaggio spettacolare che cambia continuamente colore ogni mese dell'anno».
L'astemia pentita sorge nel territorio di Barolo, patrimonio mondiale Unesco dal 2014 insieme ai paesaggi vitivinicoli di Langa-Roero e del Monferrato. La scultorea cantina sorge così dove storicamente è nato il Barolo e dove il crinale che ospita i vigneti più pregiati delle Langhe inizia a salire verso il centro del paese.
È la stessa Sandra Vezza con questa avventura a dichiararsi «astemia pentita» e il nome della cantina, infatti, racconta già in sé la nascita del progetto imprenditoriale: da sempre astemia, con la decisione di dedicarsi alla produzione vitivinicola ha annunciato definitivamente il proprio pentimento. «Un giorno, camminando, ho conosciuto una coppia di anziani signori, fratello e sorella, Teobaldo e Livia De Magistris, che, avendo quasi 90 anni, da tempo volevano vendere i propri terreni, ma solo a chi il loro cuore avrebbe detto sì» ha raccontato Sandra. «Nell'istante in cui ci siamo incontrati, tra di noi c'è stata subito una grande intesa e il Signor Teobaldo, guardandomi negli occhi, mi ha detto “lei mi piace, è una langarola, parla il nostro linguaggio, sarei felice di poterle vendere i miei vigneti". E così è iniziata la mia avventura nel vino».
L'obiettivo dell'«astemia pentita» è stato sin dal primo momento quello di dare vita a una cantina innovativa la cui architettura fosse unica, ma che al contempo rispecchiasse l'ambiente circostante. Ed è stata lei stessa a disegnare gli spazi della sua azienda, in una chiave pop. Appoggiata come una scultura sulla dolce collina tra i filari dei vigneti, la cantina è costituita da due grandi volumi sovrapposti, che evocano le forme di due casse da vino fuori scala e ospitano un wine shop al piano terra e una sala degustazioni e ricevimento clienti al primo piano.
I due volumi evocano le cassette, non solo per le forme e i materiali usati nel rivestimento esterno – in legno per un maggior rispetto dell'ambiente –, ma anche per i tipici elementi grafici dei contenitori in legno per vini, appunto, che diventano così decorazione dell'architettura insieme all'anno di inizio (2010) e a quello di fine costruzione (2016) dichiarati in facciata. I prospetti si aprono su quattro versanti, rivolti sui vigneti e sulle dolci colline delle Langhe: una grande vetrata continua definisce il piano inferiore, così come quello superiore, mentre le altre tre superfici dei rispettivi parallelepipedi presentano prospetti totalmente chiusi. Nessuna recinzione protegge la cantina, che è circondata solo da filari di vite proprio per sottolineare la sua appartenenza al paesaggio; anche i cancelli di ingresso all'edificio si integrano nel paesaggio come filari.
Per gli spazi interni sono invece stati privilegiati quei materiali naturali che tradizionalmente hanno un legame con la produzione vitivinicola. Traduzione e audacia si contrappongono così - idealmente e fisicamente - fondendosi in tutto il progetto. Murales coloratissimi, realizzati da artisti locali, creano nel visitatore l'illusione di essere realmente dentro una cassa di vino nel momento in cui una mano sta estraendo una bottiglia. La poltrona gigante «Mikey dei Sogni» - realizzata nel 1972 da Studio 65 - sovrasta le grandi botti come «un trono contemporaneo per il Barolo, il re dei vini».
L'Astemia pentita possiede oltre 30 ettari di terreno dove vengono prodotte ben 15 etichette, con un chiaro focus sui vitigni del luogo. Tra le punte di diamante de L'Astemia pentita spicca il Barolo Docg Cannubi, il vino dal colore granato e dalle peculiari note fruttate e speziate che con i suoi 36 mesi in botte sprigiona tutta l'essenza delle Langhe. Il Barolo Docg. Terlo un po' più rustico, ma di grande stoffa e longevità.
Il Barolo Docg. Cannubi Riserva e il Barolo Docg Terlo Riserva rappresentano i vini più preziosi: grazie ai 48 mesi in botte e ai 12 in bottiglia, questi due rossi regalano un ampio ventaglio di sensazioni olfattive e una setosità di tannini che ne attestano lo status di vini maturi e complessi. La Cantina annovera, inoltre, tra i vini classici della zona: il Langhe Doc Nebbiolo, il Barbera d'Alba Doc Superiore, il Dolcetto d'Alba Doc, Langhe Doc Nascetta, e alcuni altri vini di alta qualità come il Langhe Doc Sauvignon, Langhe Doc rosso Tiradoss.
Il successo della Milano Wine Week. Gordini: «Le istituzioni governative ne prendano atto»
La ripartenza passa anche dal vino, grazie alla Milano Wine Week. All’inizio di ottobre si sono tenuti nove giorni di eventi, per un totale di 10.000 presenze attive e un seguito altrettanto significativo sul web. Oltre 3.000 operatori e buyer da ogni parte del mondo connessi in diretta per una crescita complessiva stomatica nell’ordine del 20%.
Federico Gordini, ideatore della manifestazione ha commentato l’edizione 2020 parlando di «un nuovo modello di lavoro al servizio dell’Italia del futuro, che riparte da Milano» con la speranza che «le istituzioni governative ne prendano atto».
La Milano Wine Week diventa così «Digital Wine Fair» e si compone di oltre 300 eventi fisici, fruibili sia dal vivo sia digitalmente grazie a una nuova piattaforma, la prima mai realizzata nel settore vinicolo, con quasi 5.000 utenti registrati. In 9 giorni di manifestazione, infatti, la piattaforma ha supportato più di 110 ore di “live streaming”, garantendo ai partecipanti, oltre alla massima qualità video, una «digital human experience» unica e senza precedenti per desktop e mobile.
«L’edizione 2020 di Milano Wine Week ha segnato uno spartiacque nel modo di competere e ha voluto dotare l’intero sistema vitivinicolo degli strumenti adatti per affacciarsi con forza sul panorama internazionale» ha dichiarato Gordini. «Da qui riparte il futuro del mondo del vino, che si è radunato a Milano nei giorni scorsi e qui continuerà a trovare terreno fertile per fare sistema. Milano è la metropoli interazione d’Italia per eccellenza: la sua posizione centrale, l’ampia offerta di connessioni, professionalità e strutture al servizio dell’imprenditoria, ne fanno un hub fisico e digitale ideale per fare business a livello internazionale, come già dimostrato per altre eccellenze del made in Italy».



















