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2021-07-06
Trovata la quadra a Napoli e Milano. Il centrodestra ha i suoi candidati
Luca Bernardo (Ansa)
«Ho convocato domani (oggi, ndr) l'ultima riunione del centrodestra. Pd e M5s vanno divisi sostanzialmente dappertutto. L'obiettivo è che la Lega guidi un centrodestra compatto per un cambiamento a Roma, a Milano, a Napoli, a Torino e così via»: il leader della Lega, Matteo Salvini, traccia la linea dell'unità del centrodestra in vista delle amministrative del prossimo autunno. Dopo la scelta del candidato a sindaco di Roma, Enrico Michetti, e di quello di Torino, Paolo Damilano, Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia accelerano per individuare le personalità giuste anche per lanciare la sfida alle sinistre anche a Milano, Bologna e Napoli.
Le chance di vittoria sono altissime in tutte le città. A Milano, dove per la prima volta i sondaggi segnalano un Beppe Sala in sotto il 50%, il centrodestra si prepara a ufficializzare questa sera, salvo imprevedibili colpi di scena, il suo candidato unitario: si tratta di Luca Bernardo, responsabile della Casa pediatrica del Fatebenefratelli e direttore del dipartimento della medicina dell'infanzia e adolescenza dell'ospedale. Il professor Bernardo ha firmato anche per i referendum della Lega. Ieri Bernardo ha incontrato Giorgia Meloni: «Mi ha fatto una ottima impressione» ha detto la leader di Fdi, «quello di Bernardo è un profilo di grande umanità e da madre, non posso che avere una passione per un pediatra. Le mie impressioni sono ottime», ha ribadito la Meloni, «ma serve un confronto con la coalizione che ci sarà nelle prossime ore». Sarà inoltre Vittorio Feltri a guidare la lista di Fratelli d'Italia alle prossime elezioni amministrative di Milano. Lo ha annunciato la stessa Meloni, nel corso della presentazione del suo libro a Palazzo Reale. «Sono estremamente fiera», ha detto la Meloni, «di annunciare, non solo che il direttore Vittorio Feltri ha deciso di iscriversi a Fratelli d'Italia, ma l'abbiamo anche convinto con facilità a guidare la nostra lista per le prossime amministrative a Milano».
Il centrodestra affiancherà a Bernardo un vero e proprio dream team, una squadra di eccellenze in grado di governare Milano nella maniera migliore. Il vice di Bernardo potrebbe essere Gabriele Albertini, che porterebbe in giunta un ineguagliabile bagaglio di esperienza amministrativa; nella squadra vincente del centrodestra troverebbero posto anche personalità di spessore, considerati nelle scorse settimane possibili candidati a sindaco: la presidente di Fedefarma Lombardia, Annarosa Racca; il comunicatore Roberto Rasia dal Polo; il manager Oscar di Montigny.
Dopo qualche settimana di dibattito, si è chiuso anche l'accordo su Napoli, dove il magistrato Catello Maresca ha trovato l'intesa con i leader della coalizione di centrodestra. Una vittoria su tutta la linea di Salvini, che ha tenuto duro su Maresca mentre Forza Italia e Fratelli d'Italia esprimevano perplessità sulla scelta del magistrato di voler conservare il proprio profilo puramente civico. Risolte alcune piccole incomprensioni, Maresca ha dato il via libera alla presenza dei simboli dei partiti di centrodestra nella coalizione che lo sostiene: l'unica richiesta, accolta dai partiti, è quella di inserire la scritta «Progetto Napoli» nei loghi. Maresca può così iniziare la cavalcata elettorale che lo porterà a contendere la poltrona di sindaco di Napoli a Gaetano Manfredi, ex ministro del secondo governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto dai giallorossi. In campo, come outsider, anche l'ex sindaco , presidente della Regione e ministro, Antonio Bassolino, e l'assessore uscente Alessandra Clemente, che si presenta come esponente del movimento arancione di Luigi De Magistris.
Ottime notizie per il centrodestra anche da Torino, dove il candidato civico sostenuto dal centrodestra, l'imprenditore Paolo Damilano, viene segnalato in vantaggio e in costante crescita sull'avversario di centrosinistra, Stefano Lo Russo, mentre il M5s è pronto a schierare un proprio candidato, Valentina Sganga. Giovedì prossimo, 8 luglio, è attesa a Torino Giorgia Meloni: la leader di Fratelli d'Italia presenterà il suo libro Io sono Giorgia al Parco Dora, una area ex industriale nel quartiere popolare e periferico Vallette - San Paolo. Al fianco della Meloni ci sarà la deputata di Fdi Augusta Montaruli, parlamentare torinese eletta nel collegio uninominale della sua città. «Veniamo dalle periferie», dicono alla Verità la Montaruli e l'assessore regionale Maurizio Marrone, «e da lì ripartiremo per offrire ai cittadini una Torino vincente, non solo nei sondaggi, ma attraverso costanza, impegno, lavoro. Per noi è tutto legato alle periferie, al contrario delle vecchie amministrazioni di sinistra che non hanno mai lottato abbastanza». Marrone pochi giorni fa è stato protagonista di un episodio increscioso che ha suscitato una diffusa indignazione: in città sono apparsi manifesti che lo raffigurano a testa in giù, insieme alla Meloni, con la scritta «Marrone e Meloni, in piazzale Loreto c'è ancora posto».
A Bologna Forza Italia potrebbe piazzare il suo candidato, il senatore Andrea Cangini, ex direttore del Resto del Carlino, che avrebbe in squadra, come vice, l'imprenditore Fabio Battistini. Il centrosinistra ha già in campo Matteo Lepore, che aveva ottenuto il sostegno anche dal M5s, ma con il via libera di Giuseppe Conte. C'è chi immagina che lo scontro tra Conte e Beppe Grillo possa produrre un ripensamento dei pentastellati, ma il quadro è ancora in evoluzione.
È polemica sul sondaggio del «Sole»
Il noto politologo Alessandro Campi attacca a testa bassa, sul suo profilo Facebook, il Sole 24 Ore. Campi, direttore della Rivista di Politica, insegna Storia delle dottrine politiche all'Università di Perugia. nel suo post, il docente mette nel mirino il sondaggio annuale «Governance poll», effettuato da Noto sondaggi e pubblicato ieri, che rileva il gradimento di sindaci e presidenti di Regione: «Temo che il Sole 24 Ore, il mitico giornale di Confindustria», scrive Campi, «sia incorso in un infortunio giornalistico piuttosto grave. Nella sua edizione odierna (di ieri, ndr) ha diffuso un megasondaggio dedicato al gradimento dei presidenti di Regione. Evito di discutere i risultati. Discuto (e contesto) la metodologia. Dalle note tecniche riportate dallo stesso giornale», argomenta Campi, «sarebbero state realizzate 1.000 interviste per Regione e 600 interviste per Comune (peraltro senza che si capisca bene come il campione sia stato costruito, secondo cioè quali criteri di stratificazione). Per chiunque abbia anche una minima esperienza nel campo della ricerca si tratta di una manifesta assurdità».
Campi motiva le sue perplessità: «Significherebbe», argomenta il docente, «aver realizzato decine di migliaia di interviste nell'arco delle dieci settimane indicate come periodo di svolgimento della rilevazione: costi proibitivi (parliamo di centinaia di migliaia di euro) e uno staff di rilevatori composto da almeno un migliaio di unità. Prendiamo allora la versione più “realistica" (si fa per dire) di questa nota. Ammettiamo dunque che i Comuni cui ci si riferisce siano soltanto i capoluoghi di provincia delle 16 Regioni testate (dall'indagine sono state infatti escluse, per ragioni tecniche, la Calabria, il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta). Ma anche così i conti non tornano».
«Sarebbero state condotte», riflette Campi, «600 interviste per i 103 Comuni capoluoghi di provincia: totale 61.800 interviste. Cui andrebbero aggiunte le 16.000 interviste per Regione (1.000 x 16). Insomma si sarebbe lavorato su un megacampione di 77.800 persone. Il Sole 24 ore ha pagato una simile ricerca (250-300.000 euro a valore di mercato) per ricavarne, al dunque, un articolo di 6000 battute?».
Non è tutto: «Si potrebbe allora pensare», ipotizza Campi, «che ci si sia limitati a sondare 600 cittadini per città tenendo conto solo dei capoluoghi di Regione: totale 9.600 interviste (600 x 16). Ma sondare il gradimento di un presidente di Regione intervistando i residenti della sola città capoluogo di regione (Milano, Bari, Napoli, L'Aquila ecc.) è un palese errore. I risultati sarebbero inattendibili per definizione».
«So bene che si tratta di un'affermazione grave», sottolinea Campi, «ma mi sono attenuto alle note metodologiche illustrate dallo stesso giornale (e fornite, immagino, dalla società di rilevazione). A questo punto sarebbe utile un pubblico chiarimento, riguardo l'entità esatta della ricerca (e dunque riguardo il suo eventuale valore conoscitivo). O sbaglio io, nel qual caso chiedo scusa. O il Sole 24 Ore, forse per leggerezza, forse perché tratto in inganno, ha pubblicato cifre, fatto ragionamenti e avanzato interpretazioni che col giornalismo (in questo caso politico) non hanno nulla a che fare. Attendo replica. E magari, nel caso avessi anche solo lontanamente ragione», attacca Campi, «mi aspetterei un intervento dell'Agcom: il garante della comunicazione dovrebbe preoccuparsi se circolano comunicazioni, ad essere generosi, farlocche».
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A sfidare Giuseppe Sala, il cui gradimento è in calo, sarà il pediatra Luca Bernardo. Nel capoluogo campano sciolte le perplessità su Catello Maresca. Si tratta su Bologna. Vittorio Feltri capolista di Fdi nella città meneghinaIl politologo Alessandro Campi contesta la rilevazione del quotidiano su sindaci e governatori. «Metodologie discutibili, spieghino quante persone hanno consultato veramente»Lo speciale contiene due articoli«Ho convocato domani (oggi, ndr) l'ultima riunione del centrodestra. Pd e M5s vanno divisi sostanzialmente dappertutto. L'obiettivo è che la Lega guidi un centrodestra compatto per un cambiamento a Roma, a Milano, a Napoli, a Torino e così via»: il leader della Lega, Matteo Salvini, traccia la linea dell'unità del centrodestra in vista delle amministrative del prossimo autunno. Dopo la scelta del candidato a sindaco di Roma, Enrico Michetti, e di quello di Torino, Paolo Damilano, Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia accelerano per individuare le personalità giuste anche per lanciare la sfida alle sinistre anche a Milano, Bologna e Napoli. Le chance di vittoria sono altissime in tutte le città. A Milano, dove per la prima volta i sondaggi segnalano un Beppe Sala in sotto il 50%, il centrodestra si prepara a ufficializzare questa sera, salvo imprevedibili colpi di scena, il suo candidato unitario: si tratta di Luca Bernardo, responsabile della Casa pediatrica del Fatebenefratelli e direttore del dipartimento della medicina dell'infanzia e adolescenza dell'ospedale. Il professor Bernardo ha firmato anche per i referendum della Lega. Ieri Bernardo ha incontrato Giorgia Meloni: «Mi ha fatto una ottima impressione» ha detto la leader di Fdi, «quello di Bernardo è un profilo di grande umanità e da madre, non posso che avere una passione per un pediatra. Le mie impressioni sono ottime», ha ribadito la Meloni, «ma serve un confronto con la coalizione che ci sarà nelle prossime ore». Sarà inoltre Vittorio Feltri a guidare la lista di Fratelli d'Italia alle prossime elezioni amministrative di Milano. Lo ha annunciato la stessa Meloni, nel corso della presentazione del suo libro a Palazzo Reale. «Sono estremamente fiera», ha detto la Meloni, «di annunciare, non solo che il direttore Vittorio Feltri ha deciso di iscriversi a Fratelli d'Italia, ma l'abbiamo anche convinto con facilità a guidare la nostra lista per le prossime amministrative a Milano». Il centrodestra affiancherà a Bernardo un vero e proprio dream team, una squadra di eccellenze in grado di governare Milano nella maniera migliore. Il vice di Bernardo potrebbe essere Gabriele Albertini, che porterebbe in giunta un ineguagliabile bagaglio di esperienza amministrativa; nella squadra vincente del centrodestra troverebbero posto anche personalità di spessore, considerati nelle scorse settimane possibili candidati a sindaco: la presidente di Fedefarma Lombardia, Annarosa Racca; il comunicatore Roberto Rasia dal Polo; il manager Oscar di Montigny.Dopo qualche settimana di dibattito, si è chiuso anche l'accordo su Napoli, dove il magistrato Catello Maresca ha trovato l'intesa con i leader della coalizione di centrodestra. Una vittoria su tutta la linea di Salvini, che ha tenuto duro su Maresca mentre Forza Italia e Fratelli d'Italia esprimevano perplessità sulla scelta del magistrato di voler conservare il proprio profilo puramente civico. Risolte alcune piccole incomprensioni, Maresca ha dato il via libera alla presenza dei simboli dei partiti di centrodestra nella coalizione che lo sostiene: l'unica richiesta, accolta dai partiti, è quella di inserire la scritta «Progetto Napoli» nei loghi. Maresca può così iniziare la cavalcata elettorale che lo porterà a contendere la poltrona di sindaco di Napoli a Gaetano Manfredi, ex ministro del secondo governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto dai giallorossi. In campo, come outsider, anche l'ex sindaco , presidente della Regione e ministro, Antonio Bassolino, e l'assessore uscente Alessandra Clemente, che si presenta come esponente del movimento arancione di Luigi De Magistris.Ottime notizie per il centrodestra anche da Torino, dove il candidato civico sostenuto dal centrodestra, l'imprenditore Paolo Damilano, viene segnalato in vantaggio e in costante crescita sull'avversario di centrosinistra, Stefano Lo Russo, mentre il M5s è pronto a schierare un proprio candidato, Valentina Sganga. Giovedì prossimo, 8 luglio, è attesa a Torino Giorgia Meloni: la leader di Fratelli d'Italia presenterà il suo libro Io sono Giorgia al Parco Dora, una area ex industriale nel quartiere popolare e periferico Vallette - San Paolo. Al fianco della Meloni ci sarà la deputata di Fdi Augusta Montaruli, parlamentare torinese eletta nel collegio uninominale della sua città. «Veniamo dalle periferie», dicono alla Verità la Montaruli e l'assessore regionale Maurizio Marrone, «e da lì ripartiremo per offrire ai cittadini una Torino vincente, non solo nei sondaggi, ma attraverso costanza, impegno, lavoro. Per noi è tutto legato alle periferie, al contrario delle vecchie amministrazioni di sinistra che non hanno mai lottato abbastanza». Marrone pochi giorni fa è stato protagonista di un episodio increscioso che ha suscitato una diffusa indignazione: in città sono apparsi manifesti che lo raffigurano a testa in giù, insieme alla Meloni, con la scritta «Marrone e Meloni, in piazzale Loreto c'è ancora posto».A Bologna Forza Italia potrebbe piazzare il suo candidato, il senatore Andrea Cangini, ex direttore del Resto del Carlino, che avrebbe in squadra, come vice, l'imprenditore Fabio Battistini. Il centrosinistra ha già in campo Matteo Lepore, che aveva ottenuto il sostegno anche dal M5s, ma con il via libera di Giuseppe Conte. C'è chi immagina che lo scontro tra Conte e Beppe Grillo possa produrre un ripensamento dei pentastellati, ma il quadro è ancora in evoluzione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/trovata-la-quadra-a-napoli-e-milano-il-centrodestra-ha-i-suoi-candidati-2653680888.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-polemica-sul-sondaggio-del-sole" data-post-id="2653680888" data-published-at="1625514996" data-use-pagination="False"> È polemica sul sondaggio del «Sole» Il noto politologo Alessandro Campi attacca a testa bassa, sul suo profilo Facebook, il Sole 24 Ore. Campi, direttore della Rivista di Politica, insegna Storia delle dottrine politiche all'Università di Perugia. nel suo post, il docente mette nel mirino il sondaggio annuale «Governance poll», effettuato da Noto sondaggi e pubblicato ieri, che rileva il gradimento di sindaci e presidenti di Regione: «Temo che il Sole 24 Ore, il mitico giornale di Confindustria», scrive Campi, «sia incorso in un infortunio giornalistico piuttosto grave. Nella sua edizione odierna (di ieri, ndr) ha diffuso un megasondaggio dedicato al gradimento dei presidenti di Regione. Evito di discutere i risultati. Discuto (e contesto) la metodologia. Dalle note tecniche riportate dallo stesso giornale», argomenta Campi, «sarebbero state realizzate 1.000 interviste per Regione e 600 interviste per Comune (peraltro senza che si capisca bene come il campione sia stato costruito, secondo cioè quali criteri di stratificazione). Per chiunque abbia anche una minima esperienza nel campo della ricerca si tratta di una manifesta assurdità». Campi motiva le sue perplessità: «Significherebbe», argomenta il docente, «aver realizzato decine di migliaia di interviste nell'arco delle dieci settimane indicate come periodo di svolgimento della rilevazione: costi proibitivi (parliamo di centinaia di migliaia di euro) e uno staff di rilevatori composto da almeno un migliaio di unità. Prendiamo allora la versione più “realistica" (si fa per dire) di questa nota. Ammettiamo dunque che i Comuni cui ci si riferisce siano soltanto i capoluoghi di provincia delle 16 Regioni testate (dall'indagine sono state infatti escluse, per ragioni tecniche, la Calabria, il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta). Ma anche così i conti non tornano». «Sarebbero state condotte», riflette Campi, «600 interviste per i 103 Comuni capoluoghi di provincia: totale 61.800 interviste. Cui andrebbero aggiunte le 16.000 interviste per Regione (1.000 x 16). Insomma si sarebbe lavorato su un megacampione di 77.800 persone. Il Sole 24 ore ha pagato una simile ricerca (250-300.000 euro a valore di mercato) per ricavarne, al dunque, un articolo di 6000 battute?». Non è tutto: «Si potrebbe allora pensare», ipotizza Campi, «che ci si sia limitati a sondare 600 cittadini per città tenendo conto solo dei capoluoghi di Regione: totale 9.600 interviste (600 x 16). Ma sondare il gradimento di un presidente di Regione intervistando i residenti della sola città capoluogo di regione (Milano, Bari, Napoli, L'Aquila ecc.) è un palese errore. I risultati sarebbero inattendibili per definizione». «So bene che si tratta di un'affermazione grave», sottolinea Campi, «ma mi sono attenuto alle note metodologiche illustrate dallo stesso giornale (e fornite, immagino, dalla società di rilevazione). A questo punto sarebbe utile un pubblico chiarimento, riguardo l'entità esatta della ricerca (e dunque riguardo il suo eventuale valore conoscitivo). O sbaglio io, nel qual caso chiedo scusa. O il Sole 24 Ore, forse per leggerezza, forse perché tratto in inganno, ha pubblicato cifre, fatto ragionamenti e avanzato interpretazioni che col giornalismo (in questo caso politico) non hanno nulla a che fare. Attendo replica. E magari, nel caso avessi anche solo lontanamente ragione», attacca Campi, «mi aspetterei un intervento dell'Agcom: il garante della comunicazione dovrebbe preoccuparsi se circolano comunicazioni, ad essere generosi, farlocche».
In alto a sinistra una «Rettungsboje» tedesca. Sotto, la boa Asr-10 inglese e i rispettivi esplosi
Nei mesi della Battaglia di Inghilterra, iniziata nel luglio 1940 dopo la rapida caduta della Francia, la guerra aerea fu l’essenza della strategia da entrambe le parti. La Luftwaffe, con i suoi 2.500 velivoli in condizioni operative, superò inizialmente la Royal Air Force, che in quel periodo iniziò un enorme sforzo industriale per cercare di ridurre il «gap» numerico e tecnologico (nacquero in quel periodo i fortissimi caccia Hawker «Hurricane» e Supermarine «Spitfire» che saranno decisivi per l’esito finale della battaglia). Se le fabbriche sfornavano centinaia di velivoli al mese (i tedeschi con i Messerschmitt Bf 109, gli Heinkel 111 e i Dornier Do17), i comandi delle due aviazioni non potevano formare altrettanti piloti in così poco tempo, rendendo la figura dell’aviatore un bene preziosissimo da preservare il più possibile viste le ingenti perdite in battaglia. Un aspetto così delicato in un momento così drammatico per l’esito della guerra fu affrontato per primo dagli alti comandi della Luftwaffe. La necessità era quella di salvare il più alto numero di equipaggi in un teatro di operazioni principalmente localizzato nello specchio di mare della Manica, sopra il quale nel picco dei combattimenti dell’agosto 1940 volavano quotidianamente oltre 1.500 aerei.
La soluzione per il salvataggio degli aviatori in caso di ammaraggio con sopravvissuti venne da un ex asso della Grande Guerra, il generale di squadra aerea Ernst Udet. L’ufficiale, secondo solamente al «Barone Rosso» Manfred von Richtofen per numero di abbattimenti, era stato da poco nominato responsabile per la logistica e gli appalti della forza aerea del Terzo Reich. Fu nel picco delle operazioni dell’estate 1940 che Udet sviluppò la sua idea: una boa «abitabile», posizionata nei tratti di mare statisticamente più soggetti agli ammaraggi e ancorata al fondale. I piloti potevano leggerne la posizione sulle carte aeronautiche in dotazione. Di forma esagonale, la «Rettungsboje» (letteralmente boa di soccorso) aveva una superficie abitabile di 4 metri quadrati. Lo scafo aveva un’altezza di 2.5 metri ed era sovrastato da una torretta finestrata di ulteriori 1,8 metri. Verniciata in giallo, presentava una visibile croce rossa (standard della Convenzione di Ginevra) sui lati della torretta. All’interno dello scafo potevano trovare alloggio sicuro quattro aviatori, con due cuccette a castello ancorate alla struttura per rimanere stabili nel mare agitato. Riscaldata da una stufa ad alcool, la boa offriva razioni d’emergenza e acqua ma anche cognac, sigarette e carte da gioco. Negli armadi erano presenti il kit di primo soccorso ed abiti asciutti, mentre le comunicazioni erano fornite da una radio ricetrasmittente. All’interno c’erano anche una pompa per eventuali falle e un canotto per raggiungere i soccorsi una volta giunti nei pressi della boa. Completavano l’equipaggiamento razzi di segnalazione e una macchina per i fumogeni di emergenza. Il personale ospitato dalle boe poteva resistere protetto dall’ipotermia e dai marosi anche per una settimana nell’attesa che un idrovolante di soccorso o una nave li raggiungesse.
Circa 50 furono le «Rettungsbuoje» dislocate nella Manica, contribuendo al salvataggio di un numero imprecisato di aviatori. Gli inglesi realizzarono un mezzo simile nello stesso periodo, seppure molto differente nella forma. La boa ASR-10 (Air Sea Rescue Float) assomigliava molto ad un motoscafo, seppur priva di propulsore. Era studiata per facilitare l’accesso da parte dei naufraghi in balia delle onde, con la poppa digradante verso l’acqua. L’equipaggiamento era molto simile a quello della boa tedesca. Dipinta in rosso e arancio vivaci, fu realizzata in 16 esemplari ancorati nel braccio di mare tra Inghilterra e Francia tra il 1940 ed il 1941. Oggi un esemplare è conservato presso lo Scottish Maritime Museum.
Le boe tedesche, dopo la fine della Battaglia di Inghilterra, furono spostate presso le Channel Islands, il piccolo arcipelago occupato temporaneamente dai tedeschi e utilizzate come punti di vedetta o di difesa dopo essere state munite di una mitragliatrice. A causa della loro vulnerabilità furono quasi tutte affondate dagli aerei della Raf. Un esemplare recuperato nel 2020 dopo essere rimasto per decenni arenato e insabbiato a Terschelling nelle isole Frisone occidentali è conservato al «Bunkermuseum» dell’isola olandese.
Ernst Udet, dopo l’esito infausto della Battaglia d’Inghilterra per la Luftwaffe, già in preda all’alcolismo cadde in depressione. Si tolse la vita a Berlino il 17 novembre 1941, forse anche per le conseguenze della pressione psicologica che Hermann Göring esercitò sull’ufficiale dell’aeronautica addossandogli la responsabilità della sconfitta.
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Stanno comparendo in diverse città italiane, graditi soprattutto alle giunte di centro sinistra e in particolare ai fanatici delle zone con limitazione di traffico a 30kmh. Basta una nottata e grazie a una serie di tasselli inseriti nell’asfalto l’installazione è fatta. Tutto bello? Non proprio: a ben guardare la normativa riguardante tale soluzione è Incompleta, poiché In Italia non sono previsti nel dettaglio dal Codice della Strada e questo rende la loro adozione più complicata sul pano della burocrazia. In pratica, per ora la loro installazione avviene solo tramite sperimentazione autorizzata dal Ministero dei Trasporti. Ci sono poi alcune questioni tecniche: andrebbero installati soltanto sulle strade con bassa densità di traffico e, appunto, laddove il limite è già 30 km/h, e questo giocoforza li rende una soluzione praticabile soltanto in alcune zone. Inoltre, i cuscini berlinesi devono essere posizionati a una distanza tale da curve e incroci per permettere ai veicoli più grandi di potersi raddrizzare completamente dopo aver effettuato la svolta prima di valicarli. Il peggio però è altro: se chi è distratto da aver superato di poco il limite, finendoci sopra rischia di danneggiare la vettura e ciò accadrà ancora di più se essa è poco rialzata da terra. Ma se la distrazione o le condizioni psicofisiche del conducente sono alterate al punto che egli non si sta rendendo conto della sua velocità, e questa è elevata, egli può facilmente perdere il controllo, ad andare bene finendo per sbattere contro altri mezzi, peggio finendo per travolgere delle persone. E non mancano neppure i problemi di manutenzione, poiché nel tempo si usurano a causa delle pressioni ma anche dell’irraggiamento solare e degli sbalzi di temperatura. Laddove sono stati applicati in modo diffuso è in Francia e nel Regno Unito, nazioni che ne hanno definito le specifiche riprendendo a loro volta quelle tedesche. Il Dipartimento per i trasporti del Regno Unito già nel 1984 aveva fissato la pendenza massima degli elementi al 12,5% per le rampe longitudinali di ingresso e di uscita dai cuscini, ed il rapporto del 25% per le rampe trasversali laterali. Stando a quanto si trova online, la Francia prevede rampe longitudinali con pendenze molto più elevate: le rampe devono essere lunghe 20 cm per cuscini alti 5 cm (con una pendenza del 25%), 25 cm per cuscini alti 7 cm (con una pendenza del 28%). Rampe così ripide devono essere adottate con cautela: indagini condotte dal Dipartimento dei trasporti britannico hanno mostrato che, con rampe longitudinali dalla pendenza maggiore del 17%, i veicoli rischiavano di toccare il con il fondo riportando seri danni: dalla distruzione dell’impianto di scarico fino alla rottura della coppa dell’olio con annesso sversamento del fluido e inquinamento. Di conseguenza essi devono essere particolarmente ben segnalati – tipicamente con verniciature gialle – ma anche tale caratteristica tende ovviamente a degradarsi con il tempo. E stante il livello di manutenzione delle nostre strade è facile prevedere che dovremo confidare nell’attenzione di chi guida e nell’illuminazione pubblica. Una delle questioni è anche come gli automobilisti reagiscono quando si accorgono in ritardo della loro presenza: frenate improvvise e repentine deviazioni di traiettoria sono all’ordine del giorno. Stando ai dati raccolti dalle municipalità che in Europa li stanno utilizzando da tempo la velocità media di superamento dei cuscini berlinesi di è di poco superiore ai 22 km/h per larghezze di 1,9 metri, mentre sale a 30 km/h per quelli più stretti, che quindi provocano nei conducenti meno apprensione per l’impatto sotto gli pneumatici. E di conseguenza illudono che l’effetto di un attraversamento accelerato sia inferiore. Invece il botto è garantito. Pur sapendo che taluni lettori non saranno d’accordo, chi scrive pensa che la sicurezza (stradale in primis), nasca dalla cultura della consapevolezza e non dalle costrizioni. E che più una strada è sgombra, più ridotto è il rischio di fare incidenti.
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Giovanni Malagò (Getty Images)
Adesso si trova in Campania, dopo esser passata tra Lazio, Umbria Toscana, Sardegna, Sicilia e Calabria. Molte regioni verranno ripercorse di nuovo, in lungo e in largo. Il 26 gennaio tornerà invece, dopo 70 anni esatti dalla Cerimonia d’Apertura dei Giochi, a Cortina d’Ampezzo e concluderà il suo tragitto a Milano facendo il suo ingresso allo Stadio di San Siro, la sera di venerdì 6 febbraio 2026. 10.000 tedofori la stanno conducendo tra volti noti e persone comuni. I primi volti noti dello spettacolo e dello sport sono il cantante Achille Lauro, Flavia Pennetta, icona del nostro tennis, vincitrice degli US Open 2015 e di 4 Billie Jean King Cup e Francesco Bagnaia, due volte campione del mondo di MotoGP e una in Moto2. Tantissimi altri ancora e altri ce ne saranno. Anche perché la storia del Viaggio della Fiamma è piena di leggende, come Muhammad Alì ad Atlanta 1996, Cathy Freeman a Sydney 2000 e poi ancora la fondista Stefania Belmondo, ultima tedofora di Torino 2006 vent’anni fa nell’ultima edizione invernale italiana, dopo le frazioni di altri campioni olimpici azzurri come Alberto Tomba, Manuela Di Centa, Silvio Fauner e Deborah Compagnoni (nella foto di copertina). Quattro anni prima, invece, l’intera squadra statunitense di hockey maschile del “Miracolo sul ghiaccio” di Lake Placid 1980 che accese il braciere di Salt Lake City 2002 tra la commozione del pubblico statunitense.
La fiamma olimpica nasce con le prime olimpiadi nell'antica Grecia, dove il fuoco sacro ardeva in onore degli dèi durante i Giochi originali. La tradizione moderna è stata reintrodotta con l'accensione del braciere ai Giochi Olimpici di Amsterdam nel 1928 e la prima staffetta della torcia a Berlino nel 1936. Le torce di #MilanoCortina2026 sono un omaggio al design italiano con uno stile che mette al centro la fiamma. Eleganti. Iconiche. Sostenibili. Si chiamano Essential e portano con sé lo spirito dei Giochi che verranno.
La fiamma paralimpica partirà invece il 24 febbraio 2026 e si concluderà il 6 marzo 2026, giorno della cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici all’Arena di Verona. Sfilerà nelle mani di 501 tedofori per 2.000 chilometri in 11 giorni. “La fiamma paralimpica verrà accesa il 24 febbraio a Stoke Mandeville in Inghilterra, storico luogo di nascita dello sport Paralitico - dichiara Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Fondazione Milano Cortina 2026 -. L’arrivo in Italia coinciderà con l’inizio di un viaggio che focalizzerà l’attenzione e l’entusiasmo verso le Paralimpiadi, amplificandone i messaggi di rispetto e inclusività, e generando un volano di entusiasmo, attesa e partecipazione intorno agli atleti paralimpici”. Dopo l'accensione nel Regno Unito, la fiamma paralimpica animerà 5 Flame Festival dal 24 febbraio al 2 marzo a Milano, Torino, Bolzano, Trento e Trieste, con la cerimonia di unione delle Fiamme il 3 marzo a Cortina d’Ampezzo. Dal 4 marzo, la fiamma raggiungerà Venezia e Padova, per fare il suo ingresso il 6 marzo all’Arena di Verona per la cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici.
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Tra Natale ed Epifania il turismo italiano supera i 7 miliardi di euro di giro d’affari. Crescono presenze, viaggi interni ed esperienze artigianali, con città d’arte e montagne in testa alle preferenze.
Le settimane comprese tra il Natale e l’Epifania si confermano uno dei momenti più redditizi dell’anno per il turismo italiano. Secondo le stime di Cna Turismo e Commercio, il giro d’affari generato tra feste, fine anno e Befana supera i 7 miliardi di euro. Un risultato che non fotografa soltanto l’andamento economico del settore, ma racconta anche un’evoluzione nelle scelte e nelle aspettative dei viaggiatori.
Nel periodo festivo sono attesi oltre 5 milioni di turisti che trascorreranno almeno una notte in una struttura ricettiva: circa 3,7 milioni sono italiani, mentre 1,3 milioni arrivano dall’estero. A questi si aggiunge una platea ben più ampia di persone in movimento: oltre 20 milioni di individui si sposteranno per escursioni giornaliere, soggiorni nelle seconde case o visite a parenti e amici.
Per quanto riguarda i flussi internazionali, la componente europea resta prevalente, con arrivi soprattutto da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Fuori dal continente, si segnalano presenze significative da Stati Uniti, Canada e Cina. Le preferenze delle destinazioni confermano una tendenza ormai consolidata. In cima alle scelte ci sono le città e i borghi d’arte, seguiti dalle località di montagna. Due modi diversi di vivere le vacanze natalizie: da un lato l’attrazione per il patrimonio culturale, i mercatini e le atmosfere urbane illuminate dalle feste; dall’altro la ricerca della neve, degli sport invernali e di un contatto più diretto con l’ambiente naturale.
Alla base di questo successo concorrono diversi fattori. L’Italia continua a esercitare un forte richiamo quando si parla di tradizioni natalizie: dai presepi, in particolare quelli napoletani, ai mercatini dell’arco alpino, passando per i centri storici addobbati e le celebrazioni religiose che trovano a Roma uno dei loro punti centrali. Un insieme di elementi che costruisce un’offerta culturale difficilmente replicabile. Proprio la dimensione religiosa e identitaria del Natale italiano rappresenta un elemento di attrazione per molti visitatori nordamericani e per i turisti provenienti da Paesi di tradizione cattolica, spesso alla ricerca di un’esperienza percepita come più autentica rispetto a celebrazioni considerate eccessivamente commerciali. A questo si aggiunge la varietà climatica del Paese: temperature più miti al Sud e nelle isole per chi vuole evitare il freddo, condizioni ideali sulle Alpi per gli amanti dello sci e della montagna. Un segnale particolarmente rilevante arriva dalla crescita delle cosiddette esperienze, soprattutto quelle legate all’artigianato. Sempre più viaggiatori scelgono di affiancare alla visita dei luoghi la partecipazione diretta ad attività tradizionali: dalla preparazione della pasta fresca alle lavorazioni del vetro di Murano, fino alla ceramica umbra e toscana. È un approccio che indica un cambiamento nel modo di viaggiare, meno orientato alla semplice osservazione e più alla partecipazione.
Questo interesse incrocia diverse tendenze attuali: il bisogno di autenticità in un contesto sempre più standardizzato, la volontà di riportare a casa un’esperienza che vada oltre il souvenir e l’attenzione verso il “saper fare” italiano, riconosciuto come patrimonio immateriale di valore internazionale.
Sul piano economico incidono anche fattori più generali. La ripresa del potere d’acquisto delle classi medie in Europa e negli Stati Uniti, dopo anni di incertezza, ha sostenuto la propensione alla spesa per le vacanze. Il rafforzamento del dollaro favorisce i turisti statunitensi, mentre la fase di stabilizzazione successiva alla pandemia ha contribuito a ricostruire la fiducia nei viaggi. Il periodo natalizio rappresenta inoltre uno degli esempi più riusciti di destagionalizzazione, obiettivo perseguito da tempo dagli operatori del settore. Le strutture ricettive registrano livelli di occupazione elevati in settimane che in passato erano considerate marginali. Anche i collegamenti giocano un ruolo chiave: l’espansione dei voli low cost e il miglioramento dell’offerta ferroviaria rendono più accessibili non solo le grandi città, ma anche destinazioni meno centrali, favorendo una distribuzione più ampia dei flussi.
Accanto ai dati positivi emergono però alcune criticità. La concentrazione dei visitatori rischia di mettere sotto pressione alcune mete, mentre altre restano ai margini. Il turismo di prossimità, rappresentato dai milioni di italiani che si spostano senza pernottare in alberghi o strutture ricettive, costituisce un bacino ancora parzialmente inesplorato. Allo stesso tempo, la crescente domanda di esperienze personalizzate richiede investimenti in formazione e una maggiore integrazione tra operatori locali.
Le festività di fine anno restano comunque un motore fondamentale per l’economia del turismo, in grado di coinvolgere l’intera filiera: ristorazione, artigianato, trasporti e offerta culturale. Un patrimonio che, per continuare a produrre risultati nel tempo, richiede una strategia capace di innovare senza snaturare quell’autenticità che rappresenta il vero punto di forza del sistema italiano.
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