2019-05-14
«Troppi nigeriani compiono crimini. Il loro Paese li abbandona e tace»
Larry Adeyanju, il docente universitario, nato in Africa e arrivato qui negli anni Settanta, sfida il buonismo sui migranti «Tanti connazionali si comportano male e sporcano la nostra immagine. Non dovrebbero venire in Italia».Il dottor Larry Adeyanju lavora all'Università della Basilicata, dove dal 1984 è lettore di inglese presso il Centro linguistico di Ateneo. È' arrivato in Italia alla fine degli anni Settanta per motivi di studio, dopo soggiorni e studi a Londra e Parigi. Qui ha messo su famiglia: si è sposato con una italiana e ha due figli. Vive a Potenza ed è nato in Nigeria, e ovviamente non dimentica le sue origini. Ama il suo Paese d'origine e quando legge sui giornali di episodi criminali che hanno per protagonisti dei nigeriani, si sente amareggiato. «Purtroppo sì», sospira, «tanti miei connazionali vengono qui e non si comportano bene». Come mai le autorità nigeriane non dicono nulla a questo proposito? «Le autorità dei Paesi ricchi, che non riescono a gestire in maniera equa la propria ricchezza, non diranno mai nulla. Non dicono niente perché significherebbe ammettere che hanno torto, che non hanno fatto il loro dovere, che non hanno fatto in modo che la propria gente potesse rimanere nella propria terra, senza dover andar via solo per motivi economici».Quindi si tratta di migrazione economica. «Sì, perché la Nigeria non è in guerra come la Siria o altri Paesi, fatta eccezione per alcune situazioni che coinvolgono Boko Haram, e che, comunque, sappiamo, hanno a che vedere con la religione. La Nigeria non è una nazione dove si spara, dove ci sono le bombe…».Tante volte chi arriva qui racconta storie diverse, di guerra o persecuzione. «L'Italia dovrebbe riuscire a controllare meglio gli ingressi. Non tutti quelli che arrivano e chiedono asilo lo meritano. Alcuni raccontano storie che non sono vere, dicono di essere perseguitati o minacciati, ma non è così. È necessario accertare il motivo per cui emigrano e velocizzare il lavoro dei tribunali per l'ammissione o meno. Questo per evitare che i migranti rimangano in una sorta di limbo burocratico e finiscano nei giri della malavita, visto che, nel frattempo, e per lunghi periodi non possono cercare un lavoro onesto. Se si integrassero più velocemente, l'opinione pubblica non avrebbe motivo di aizzarsi contro i giovani migranti che vedono in giro, sfaccendati, per la città».Negli ultimi tempi si parla molto della cosiddetta Mafia nigeriana. Ci sono state inchieste importanti e anche parecchi arresti. «I richiedenti asilo o migranti di qualsiasi Paese, che vengano qui e non si comportino bene, vanno puniti senza sconto alcuno. Le leggi del Paese dove si pensa di voler cercare una vita migliore vanno rispettate. Il successo guadagnato. Va punito chi cerca le vie più facili e veloci, quelle criminali intendo, per arricchirsi. È in questo che l'Europa non ci aiuta. È comodo per la Germania prendere solo i siriani, tutti professionisti, lasciando a noi quelli che non hanno istruzione né un mestiere. Se veramente gli altri membri dell'Ue ci vogliono venire incontro non devono scegliere “a la carte" chi ospitare». Più controlli all'ingresso dunque.«Sì, ma soprattutto penso che il governo di un Paese ricco come la Nigeria debba mettere i propri cittadini in condizione di poter raggiungere i loro obiettivi in patria. E non ignorarli al punto da farli partire, per poi girare gli occhi dall'altra parte. Io sono del parere che, in questo mondo, dovremmo poter circolare da un Paese all'altro, non per scappare da guerra, fame, povertà, ma per scelta. E dovremmo essere pronti a vivere insieme, indipendentemente dal colore della pelle, della religione o dall'orientamento sessuale».Se le autorità nigeriane tacciono, non c'è qualche rappresentante della comunità nigeriana in Italia che possa parlare a nome di chi non delinque?«Io vivo in una piccola città, non conosco la comunità nigeriana. Comunque sia, il problema vero è: come si fa a non rovinare l'immagine dei nigeriani onesti, lavoratori? Oggi basta dire che sei nato in Nigeria e ti guardano come se fossi un delinquente. È un problema molto serio. Quando mi presento in aeroporto, nonostante abbia il passaporto italiano, solo perché sono nigeriano o, peggio ancora, solo per la mia pelle nera mi trattengono qualche minuto in più. Rimango fermo il doppio degli altri passeggeri, perché il poliziotto legge il luogo di nascita e controlla che il passaporto non sia falso, o cose del genere». Immagino che non sia una cosa piacevole. «Non lo è. Ed è una brutta generalizzazione: non è giusto che quelli che si comportano male rovinino l'immagine di tutti gli altri. Né è giusto che ti si controlli con più scrupolo solo per il colore della tua pelle». Allora torniamo al punto centrale: che cosa bisognerebbe fare secondo lei per separare gli onesti dai criminali? «In Italia le leggi ci sono e vanno fatte rispettare. Se arresti qualcuno che vende droga, devi metterlo in galera, senza rimetterlo in libertà poco dopo tempo. Reati di questo tipo spesso sono commessi da persone che sono già state segnalate o hanno precedenti. La legge deve essere un deterrente. Si deve sapere che quando vieni preso, non ne esci. Le forze dell'ordine, da parte loro, non devono fermarsi ai “piccoli delinquenti", ma arrivare ai mandanti, che sono sicuramente italiani. I migranti arrivati sui barconi, non hanno con sé valigie piene di droga. Sono gli italiani a rifornirli. Dunque non ci si deve limitare ad arrestare i neri che spacciano, bisogna risalire ai mandanti del reato, per eliminare lo spaccio di droga alle radici».Certo, infatti le forze dell'ordine si danno un gran daffare anche per combattere le mafie. Se un immigrato straniero delinque in Italia deve essere rimandato in patria, secondo lei? «Non solo deve essere rimandato nel suo Paese d'origine, ma prima deve scontare la pena, in galera, qui in Italia. Se viene rimandato nel proprio Paese, non si sa se andrà in carcere. Ci si deve comportare cosi, anche con il carcere duro, per educare gli altri: nigeriani, senegalesi, gambiani, che vivono in Italia. Bisogna dare l'esempio, perché non commettano gli stessi reati. Nessuno deve pensare che in Italia si rimanga impuniti». Lei è convinto che le migrazioni non si fermeranno. Ma che cosa si può fare, allora, per provare a governarle ed eliminare la tratta di esseri umani? «Due cose possiamo fare: far si che ci sia un'equa distribuzione della ricchezza nel mondo, che includa le nazioni in via di sviluppo nell'economia globale, magari rinforzando la cooperazione internazionale. E poi mettere in moto un piano Marshall, che permetta di aiutare i potenziali migranti nel loro Paese. Io stesso ho chiesto, nei miei interventi in varie conferenze, che l'Italia faccia ciò che fecero gli Stati Uniti dopo la guerra: un piano Marshall, appunto».