2020-09-26
Torna l’invasione, a processo chi la combatte
Il governo pronto a cancellare i decreti Sicurezza. Intanto Matteo Salvini va alla sbarra a Catania e anche a Palermo. A Parigi attacco terroristico con la mannaia nella strada di Charlie Hebdo: bloccati un pakistano e un algerino. Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, l'uomo che ama farsi fotografare a bordo delle navi delle Ong (ma solo quando al governo c'è la Lega), appare molto determinato: «Credo che il tempo dei rinvii sia finito», dichiara a Repubblica. Il riferimento, ovviamente, è ai nuovi decreti riguardanti l'immigrazione, cioè i provvedimenti che dovrebbero andare a sostituire i «decreti sicurezza» salviniani. Se ne discute da quando l'esecutivo giallorosso si è insediato, ma finora non è stato fatto nulla di concreto. Anche perché c'erano alcune elezioni di mezzo, e spalancare ulteriormente i confini non è una mossa utile a guadagnare voti. Dunque fino a ieri l'Italia è rimasta in una sorta di limbo, con le norme salviniane ancora in vigore ma di fatto inapplicate; senza nuove regole ma con un nuovo meccanismo d'accoglienza che - giorno dopo giorno - si è fatto più concreto e strutturale. Ora, passate le Regionali, il Pd spinge sull'acceleratore, e - con i 5 stelle boccheggianti - ha buon gioco a imporre il proprio volere. Nicola Zingaretti, il segretario dem, non ha perso tempo e si è precipitato a battere cassa: «Al primo Consiglio dei ministri utile si può procedere sui decreti sicurezza, nel governo va aperta una fase nuova», ha dichiarato nei giorni scorsi. Ed ecco che, pronto, Delrio è arrivato ieri a rincarare la dose, spalancando pure un altro fronte: lo ius soli. Il Pd, del resto, ha già fatto capire più volte di essere intenzionato a portare a casa anche la cittadinanza facile, e il capogruppo appare fiducioso: «Sono convinto che ci arriveremo», afferma. Il punto è che, mentre democratici e pentastellati si trastullano con serpentine elucubrazioni sull'accoglienza, la realtà (brutta bestia) incombe. Ed è proprio la ealtà a informarci che, dall'inizio dell'anno a ieri, sono sbarcati sulle nostre coste 23.373 irregolari. I flussi non accennano a fermarsi, dunque, nonostante gli 11 milioni elargiti al governo tunisino per il controllo delle frontiere. Nel frattempo i rimpatri procedono a rilento, come al solito. Il Viminale ha fatto sapere che sarà raddoppiato il numero di voli charter diretti verso la Tunisia, e che saranno riportate in Nordafrica 160 persone a settimana invece di 80. Solo che gli irregolari giunti qui dalla Tunisia sono già 9.792, e la strada per rimandarli indietro tutti è in salita. Come prevedibile, non funzionano nemmeno i ricollocamenti in altri Stati europei: dal 23 settembre 2019 al 25 giugno del 2020 sono stati mandati altrove appena 689 migranti. Dalla fine del lockdown, i ricollocati sono appena 189. Per nascondere la loro totale assenza, i vertici europei si sono inventati la «riforma del trattato di Dublino». Se ne discute da un paio di giorni, ma è una sorta di specchietto per le allodole: il testo proposto dalla Comissione Ue non è affatto conveniente per l'Italia, molto probabilmente non sarà mai approvato e anche se lo fosse il processo si annuncia lunghissimo. La stessa Luciana Lamorgese ha ammesso di dubitare «dell'efficacia e rapidità del meccanismo dei rimpatri» proposto da Bruxelles. In pratica funziona così: l'Italia ha bisogno di un aiuto concreto ora, ma le viene detto che, magari fra qualche anno, le verrà fornito qualcosa di cui non ha assolutamente necessità. Un po' come se un assetato chiedesse un bicchiere d'acqua e gli rispondessero: «Fra dodici mesi ti daremo una bottiglia di aceto, gioisci!». E rieccoci all'amara realtà. La quale ci manda a dire che i migranti sbarcati qui, con tutta probabilità, sono destinati a restare da noi. Ecco perché il governo pensa di introdurre forme di protezione di aggiuntive per gli stranieri: visto che dovremo farcene carico, bisogna pur trovare un sotterfugio utile a ridurre (almeno sulla carta) il numero degli irregolari. Sapete che significa tutto ciò? Che il governo sta, semplicemente ripristinando il sistema di accoglienza in vigore prima dell'avvento di Salvini al governo. Certo, per ora l'emergenza Covid impone l'utilizzo di navi quarantena che, almeno per un periodo, vanno a sostituire i centri sulla terraferma. Ma il principio è lo stesso: prenderemo tutti e l'Europa non ci aiuterà. Anzi, le autorità europee, presentando il loro piano farlocco, ne approfittano per farci sapere che «non bisogna criminalizzare le Ong». Mentre il Fondo monetario internazionale, in un documento di pochi giorni fa, ha caldeggiato una maggiore disponibilità all'accoglienza da parte degli Stati del Vecchio Continente, presentando come esempio positivo addirittura la fallimentare sanatoria voluta da Teresa Bellanova. Questo è il clima nelle alte sfere, tanto per essere chiari... Vero: la Guardia costiera fa il suo mestiere, e ogni tanto blocca qualche imbarcazione degli attivisti umanitari. La stessa Lamorgese ha evocato «sanzioni penali» per le Ong che non rispettino i divieti di ingresso nelle nostre acque. Di nuovo, però, tocca tornare alla realtà. La quale ci dice che, nella totalità dei casi, le Ong vengono fatte approdare oppure vengono alleggerite del carico dalle autorità italiane, evitando così multe e sanzioni. In buona sostanza, invece di migliorare, stiamo tornando indietro: i giallorossi stanno ricostruendo il marchingegno dell'invasione. E tutto questo avviene mentre l'uomo che aveva provato a smontarlo (in parte riuscendoci), cioè Matteo Salvini, viene chiamato ad affrontare non uno, ma addirittura due processi, uno a Catania e uno a Palermo. È difficile non vedere la violenza insita in tutto ciò: l'accoglienza sregolata è un obbligo, e chi si oppone finisce davanti ai giudici. E se gli italiani siano o meno favorevoli all'invasione sembra non importare a nessuno. Soprattutto al Pd. segue a pagina 9