2022-06-19
Toh, con meno restrizioni il turismo riparte
Confindustria scopre l’acqua calda: l’alleggerimento dei diktat anti Covid ha fatto registrare l’aumento di spesa straniera in Italia e di mobilità per il tempo libero. Eppure tra i sostenitori più convinti di obbligo vaccinale, pass e mascherine c’era proprio Carlo Bonomi.«Non c’è più comunicazione tra la società civile e la politica, e lo vedo anche nei provvedimenti. Vivono in una torre d’avorio e non riescono a capire cosa è la realtà del Paese, è completamente scollegato», aveva attaccato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, lo scorso 6 maggio. A giudicare da quello che si legge nel rapporto congiunturale di giugno elaborato dal Centro Studi della confederazione, qualche problema di connessione con il Paese reale c’è anche in viale dell’Astronomia. «L’andamento del Pil italiano nel secondo trimestre 2022 è molto incerto, sintesi di dinamiche contrastanti: nel complesso, appare molto debole. Prosegue, infatti, la guerra in Ucraina e con essa i rincari delle commodity e la scarsità di materiali, con cui fanno i conti le imprese», è la stima dall’indagine flash del Csc. Uno scenario difficile si evidenzia con «l’energia carissima, l’inflazione a valori record nell’Eurozona, i rischi di aumento per il costo del credito in Italia» che potrebbero minare la salute delle aziende. In dettaglio il costo dell’energia con il prezzo del petrolio è balzato a giugno a 126 dollari al barile (da 113 a maggio), vicino al picco di marzo e il gas naturale nuovamente volato verso 120 per il taglio all’offerta russa. La fiducia delle imprese manifatturiere (109,3 a maggio, da 109,9) è in costante diminuzione da novembre. A ciò si affianca un progressivo deterioramento degli ordini e anche l’indice Pmi continua a scendere mentre la produzione, invece, fino ad aprile sembra reggere, andando molto sopra le attese (dopo il -0,6% nel primo trimestre). Sul fronte del rialzo dei tassi, «se salisse il costo del credito, si aggraverebbe la situazione finanziaria delle aziende, già complicata dalla pandemia nel 2020, cui si sommano ora le bollette energetiche, che ha condotto ad accumulare maggior debito». E fin qui, nessuna sorpresa, purtroppo. Gli esperti del Centro studi ci spiegano quello che gli imprenditori, soprattutto quelli più piccoli, sapevano già. Ma attenzione, perché nel report viene anche sottolineato come il calo delle restrizioni contro la pandemia di Covid abbia creato le basi per un recupero più robusto del turismo (spesa di viaggiatori stranieri a -25% a marzo dal pre-Covid, era -84% nel 2021). Viene poi aggiunto che la mobilità per il tempo libero è in aumento, ma non è ancora pienamente ristabilita (-4,8% a maggio per gli italiani). Inoltre, il reddito e i risparmi accumulati delle famiglie italiane vengono erosi dai forti rincari di energia e alimentari (che contano per il 9,2% e il 19,5% del paniere di spesa). Questi fattori potrebbero limitare il recupero dei consumi «fuori casa». Perciò, il rimbalzo dei servizi nel secondo trimestre potrebbe essere inferiore rispetto alle attese iniziali. «Questo scenario è coerente con la dinamica del Pmi in forte flessione a maggio (53,7 da 55,7), pur continuando a indicare un’espansione nei servizi», prosegue il rapporto.Ed ecco che il sopracciglio comincia ad alzarsi. Soprattutto quello di chi ricorda bene la posizione tenuta nei mesi scorsi dalla Confindustria su mascherine, obbligo vaccinale, green pass e super green pass. Rinfreschiamo la memoria: «Confindustria ha sempre detto che era per l’obbligo vaccinale, poi abbiamo preso atto che c’è una difficoltà della politica dei partiti a trovare una sintesi su questo provvedimento. L’unico strumento che abbiamo a disposizione è il green pass, l’abbiamo sostenuto e sull’evoluzione, cioè il super green pass, noi riteniamo che, se si andrà in quella direzione, deve essere per tutti, anche per i luoghi di lavoro», aveva detto il 2 dicembre il presidente Bonomi. Che è stato uno dei primi fan del mantra draghiano, «Il green pass è uno strumento di libertà e sicurezza, per difendere i cittadini e i lavoratori e tenere aperte le scuole e le attività economiche». Tanto da mettersi immediatamente al lavoro insieme al governo e ai sindacati per trovare un accordo sull’estensione del super certificato ai luoghi di lavoro. Del resto, già all’assemblea degli industriali di fine settembre 2021 Bonomi aveva definito il premier un «uomo della necessità» al pari di De Gasperi, Baffi e Ciampi, diverso dagli «uomini della provvidenza» e dagli «uomini del possibile», quelli del «calcio alla lattina», del «rinvio eterno». Quando poi è arrivato il primo conto delle restrizioni e dei pass, il vertice di Confindustria ha dato la colpa della crisi e del calo del Pil ai no vax, senza peraltro mai uscire dallo schema degli aiuti pubblici sui veri problemi come inflazione e spread. Ora arriva il report del suo centro studi che dice in sostanza che senza, o comunque con meno restrizioni Covid, il turismo recupera e che, toh, la mobilità per il tempo libero è in netta ripresa. Benvenuti.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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