- Un missile centra l’appartamento che ospitava il terrorista. Khamenei promette vendetta: «L’attacco non sarà impunito».
- I prezzi dell’energia sono saliti ma la debolezza di Pechino limiterà gli aumenti.
Lo speciale contiene due articoli.
Sono passate da poco le cinque del mattino ora italiana, quando la notizia della morte del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, si diffonde in tutto il mondo. Un’esecuzione che arriva poche ore dopo l’eliminazione di Fuad Shukr a Beirut, un altro importante obiettivo messo a segno da Israele, in questo caso rivendicato. «L’eliminazione di Fuad Shukr dimostra che nessuno può uccidere israeliani impunemente e che non c’è luogo in cui Israele non possa colpirà per esigere un prezzo elevato da chiunque per aver danneggiato Israele», ha scritto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant.
Sul come sia stata portata a segno l’operazione contro Haniyeh c’è invece il massimo riserbo. La conferma della sua morte arriva da Hamas: il suo leader è stato ucciso da un raid israeliano contro la sua residenza a Teheran. Israele non ha rilasciato dichiarazioni, ma è consuetudine che non lo faccia quando si tratta di operazioni del Mossad. «Un atto codardo che non passerà impunito», si legge in una nota di Hamas. La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha minacciato una dura rappresaglia contro Israele per l’attacco, all’indomani del giuramento del nuovo presidente della Repubblica islamica, Masoud Pezeshkian. Khamenei, secondo quanto riportano i media iraniani, ha dichiarato in una nota che «il regime criminale e terrorista sionista», uccidendo Haniyeh, «ha preparato per se stesso una dura punizione». Infine, ha aggiunto: è «nostro dovere vendicare il suo sangue» anche per il fatto che l’omicidio è avvenuto «sul territorio della Repubblica islamica». «L’uccisione del capo di Hamas Haniyeh renderà la resistenza più determinata nell’affrontare Israele», la reazione del gruppo sciita libanese Hezbollah. Nel pomeriggio poi una conferenza stampa in cui il vicecomandante di Hamas nella Striscia di Gaza, Khalil Al Hayya, ha spiegato: «Hamas e l’Iran non vogliono una guerra regionale, ma è stato commesso un crimine che dev’essere punito».
Secondo Ynet il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant hanno trascorso tutta la notte al ministero della Difesa a Tel Aviv, mentre gli altri ministri del gabinetto di sicurezza non sono stati informati in anticipo dell’attacco. Netanyahu ieri sera parlando alla nazione ha detto: «Abbiamo inferto colpi devastanti a tutti i nostri nemici». Israele «sta combattendo una guerra esistenziale contro l’asse del male iraniano. Davanti a noi giorni impegnativi, Israele esigerà un prezzo pesante per qualsiasi aggressione. È una guerra di sopravvivenza contro l’anello di missili terroristici intorno a noi». E poi: «L’Iran cerca di stringere» un cerchio «intorno al nostro collo, stiamo lottando contro tre fronti: le tre h, Hamas, Houthi e Hezbollah» ma «negli ultimi giorni abbiamo dato dei colpi importanti. Tre settimane fa abbiamo attaccato il capo militare di Hamas Muhammad Deif, due settimane fa abbiamo lanciato uno dei raid di più lunga distanza dell’aeronautica (Hodeida, Yemen). Ieri è stata la volta del capo di stato maggiore di Hezbollah, Fuad Shukr, il terrorista più ricercato del mondo». Infine: «Da tempo sono sotto pressione in patria e all’estero per porre fine alla guerra: non ho ceduto a quelle richieste prima e non cedo neanche adesso». Insomma, non rivendica l’eliminazione di Haniyeh, ma la lascia intendere parlando proprio nel giorno della sua morte.
Al momento non esistono comunicazioni ufficiali su come sarebbe avvenuto l’attacco. Haniyeh era ospite in un appartamento segreto di proprietà dei pasdaran, nel cuore di Teheran, nel raid muore solo lui insieme alla sua guardia del corpo. L’Iran non fornisce informazioni, tanto meno Israele.
È stato un F-35 a colpire la residenza di Haniyeh, questo appare certo. Da qui il dubbio su chi possa aver aiutato Israele nell’operazione. Gli F-35, infatti, non sono in grado di coprire in volo l’intera distanza che esiste tra Tel Aviv e Teheran. Inevitabile un rifornimento aereo quindi che potrebbe essere stato effettuato da un tanker americano, probabilmente sopra lo spazio aereo dell’Arabia Saudita. Israele con lo stato arabo ha un accordo specifico «data la complessità geopolitica» dell’area, si legge nella Convenzione di Chicago (1944). Haniyeh era nella lista dei terroristi di Washington, ma gli Usa non perdono tempo per smarcarsi da ogni responsabilità. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha chiarito che gli Stati Uniti non sono stati informati né coinvolti nell’assassinio del capo politico dell’organizzazione terroristica.
Intanto è stato ritrovato il corpo di Shukr. L’esercito israeliano, dando l’annuncio della «eliminazione» di Shukr, lo aveva accusato di aver effettuato un attacco missilistico nel fine settimana sulle alture del Golan che aveva ucciso 12 bambini in una città araba drusa. «Non ci sono cambiamenti nella politica di difesa interna» di Israele, chiarisce il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, dopo il raid israeliano a Beirut e dopo la notizia dell’uccisione del capo politico di Hamas a Teheran. «In questo momento, l’esercito israeliano sta conducendo una valutazione della situazione. È necessario rimanere informati e agire secondo le istruzioni del Comando del fronte interno».
Nel frattempo corrono riunioni febbrili tra i funzionari di Hamas per stabilire il suo successore. A prendere il suo posto potrebbe essere Khaled Meshal, uno dei leader del gruppo islamico all’estero e già presidente dell’ufficio politico di Hamas fino al 2017.
Gli spari riaccendono petrolio e gas. La crisi della Cina li farà scendere
A Vienna è in corso una delle più importanti riunioni dell’anno dei ministri Opec. Fino a ieri mattina i rappresentanti dei Paesi esportatori facevano le previsioni immaginando quello che sarebbe successo dopo l’estate. L’arrivo dell’autunno e poi l’inverno avrebbe fatto salire la domanda di greggio rendendo meno urgenti i tagli di produzione che inevitabilmente incidono sugli incassi. Negli ultimi mesi, però i prezzi sono scesi più del previsto rendendo più complicate le proiezioni.
Solo ieri c’è stato l’atteso rimbalzo. A determinarlo l’assassinio del capo politico di Hamas a Teheran per mano di Israele. L’attentato si è aggiunto ad un’altra notizia cui i mercati sono molto attenti. Vale a dire la riduzione delle scorte settimanali Usa per la quinta settimana di fila. Più 3,5% circa per Wti e Brent, che rispettivamente sono risaliti a 77,6 e 80,6 dollari al barile. Un exploit che aumenta i grattacapi in casa Opec. Nel senso che l’ipotesi di ridurre ulteriormente la produzione per restringere le forniture globali sembra sfumare. Ci sono già 5,8 milioni di barili al giorno di capacità Opec+ inutilizzati dopo i tagli da ottobre 2022 e molti Paesi che si irritano perché ritengono troppo basse le quote assegnate. Allo stesso tempo, è probabile che i ministri siano anche cauti nel turbare ulteriormente i prezzi immettendo barili sul mercato troppo presto. Più che altro perché il principale acquirente mondiale, la Cina, ha comunicato dati che faranno scendere la domanda di petrolio e derivati. L’indice Pmi manifatturiero ufficiale cinese è sceso a 49,4 a luglio da 49,5 del mese precedente, rispetto alle previsioni di mercato di 49,3. Gli ultimi risultati hanno segnato il terzo mese consecutivo di contrazione dell’attività manifatturiera e il calo più rapido da febbraio. Tra domanda debole, rischi di deflazione, una prolungata crisi immobiliare e un elevato tasso di disoccupazione giovanile, Pechino non vive certo i suoi giorni migliori. I nuovi ordini (49,3 contro 49,5 a giugno), le vendite all’estero (48,5 contro 48,3) e i livelli di acquisto (48,8 contro 48,1) sono tutti diminuiti per il terzo mese consecutivo. Nel frattempo, la debolezza dell’occupazione è persistita (48,3 contro 48,1). La produzione è comunque aumentata per il quinto mese, ma il ritmo di crescita è stato il più debole della sequenza (50,1 contro 50,6). Soprattutto le importazioni totali di olio combustibile della Cina sono diminuite dell’11% nella prima metà del 2024. L’economia dell’Arabia Saudita si è invece contratta dello 0,4% nel secondo trimestre rispetto al secondo trimestre del 2023, secondo la stima rapida dell’Autorità generale per le statistiche del regno. A giugno si è registrato il quarto trimestre consecutivo di contrazione del Pil saudita, poiché il più grande esportatore mondiale di petrolio sta tagliando la produzione di circa 1,5 milioni di barili al giorno inclusa una riduzione volontaria della produzione di 1 milione di barili. I giudizi dell’Opec+ (dove partecipa anche la Russia) sono però offuscati dalla divergenza nelle aspettative sulla domanda di greggio a breve termine. L’Opec stessa prevede che la domanda globale di petrolio aumenterà di 2,25 milioni di barili al giorno nel 2024 e di altri 1,85 milioni di b/g nel 2025. Un dato superiore alle stime dell’Aie, Agenzia internazionale dell’energia, molto più basse, a 970.000 barili nel 2024 e 980.000 barili nel 2025. I big del greggio temono inoltre una possibile contrazione dell’Occidente. All’ultimo incontro dell’Opec+, il ministro dell’energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, ha affermato che il gruppo ha osservato attentamente le banche centrali mentre abbassavano i tassi per stimolare l’attività economica. «Stiamo aspettando che i tassi di interesse scendano, una migliore traiettoria della crescita economica, non solo in alcune sacche qua e là, ma anche una maggiore certezza sulla traiettoria economica, e questo probabilmente determinerà un aumento della domanda», aveva aggiunto. Anche il prezzo del gas europeo ha visto una fiammata, per le tensioni geopolitiche mediorientali. Il contratto di settembre è salito di un paio di punti superando i 35 euro per megawattora, massimo da un mese. Con la chiusura di Freeport, in Texas, il Gnl verso l’Europa è arrivato in queste settimane dai Paesi del Golfo, grandi azionisti dell’Opec. Col Mar Rosso fuori gioco, causa attacchi Houthi, il mercato teme però un aumento del prezzo poiché anche l’Asia reclama gas da usare per far funzionare i condizionatori nell’estate finora più calda di sempre. E la concorrenza Asia-Europa tiene i prezzi in tensione.


