trincee

Un viaggio culturale da Nord a Sud attraverso le trincee e i bunker delle due guerre
Il bunker sul monte Soratte a Sant'Oreste, in provincia di Roma (iStock)

Non si tratta certo di un viaggio leggero né di una passeggiata spensierata: andare alla scoperta di quelli che un tempo furono i bunker e le trincee delle due guerre è un’esplorazione che induce a riflettere, a mettersi nei panni di chi visse paura e disperazione e ad aumentare il proprio bagaglio culturale, che prima di tutto è un bagaglio umane e non una sterile lista di date e nomi.

Al margine del paesino c’è un campo di una trentina di metri scoperti al nemico in piena esposizione. Trenta passi fatali ci dividono dalle trincee, da qui si corre dietro all’ufficiale di collocamento che va a controllare i cambi di unità. Inizia la prima parte della roulette a cui sono sottoposti tutti i giorni questi uomini.

Tra bunker e trincee nella foresta così si resiste ai droni dei russi
(Credit: Niccolò Celesti)
Nella cintura di vegetazione a Nord della capitale ci sono ben 18 linee di difesa: «Se ne salta una, subentrano le altre». Una vita sottoterra con l’incubo fisso del cellulare per non farsi «agganciare» dai missili di Mosca.
Nelle trincee dei soldati ucraini con l’incubo dei cecchini di Mosca
(Credit: Niccolò Celesti)
Tra Irpin e l’esercito invasore si stende una terra di nessuno in cui si incrociano combattenti cosacchi, volontari della Croce rossa e cadaveri colpiti dai tiratori scelti. Poco oltre, 10.000 civili tenuti in ostaggio.
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