Feuilleton schizofrenico, il mondo del pallone. Prendiamo il caso Juventus. Oltre alla Caporetto subita domenica sera contro il Milan (0-3 all'Allianz Stadium, con il destino di mister Andrea Pirlo appeso a un filo che solo una congiunzione astrale benevola potrebbe mantenere integro) continuano le acrobazie di riposizionamento a margine della vicenda Superlega, di cui Andrea Agnelli è stato grande macchinatore accanto a Florentino Perez del Real Madrid. Ieri si è registrata una novità. La Federcalcio, nelle parole del presidente Gabriele Gravina, si è allineata compatta sulle posizioni Uefa, scandendo un ultimatum. O entro la fine della stagione i bianconeri rientrano nei ranghi, rinunciando al progetto di un torneo per club ricchi sganciato dalle istituzioni calcistiche europee, o rischiano la squalifica persino dalla Serie A. «Dispiacerebbe per i tifosi, ma le regole sono regole: valgono per tutti», ha sentenziato Gravina. «Le norme sono chiare, se al momento dell'iscrizione al prossimo campionato la Juventus farà ancora parte della Superlega, non potrà partecipare alla stagione 2021/22». La dichiarazione, niente affatto conciliante nei toni, sottintende i margini di una trattativa estenuante condotta dietro le quinte. «Sbaglia chi non rispetta i princìpi ai quali bisogna ispirarsi. Sono princìpi semplici, scritti nella Carta Olimpica e negli statuti delle federazioni. Questo muro contro muro non fa bene al mondo dello sport e ai club, io mi auguro che nel giro di qualche ora ci possa esser una soluzione in questa continua lotta tra Uefa e alcune società», ha continuato il numero del calcio nazionale, riferendosi alla lettera congiunta di Juve, Real e Barcellona per replicare al deferimento. «Siamo pronti a riconsiderare l'approccio proposto, per quanto necessario. Tuttavia saremmo altamente irresponsabili qualora abbandonassimo la missione di fornire risposte efficaci e sostenibili alle questioni esistenziali che minacciano il settore calcistico», c'era scritto nella missiva datata 6 maggio. La risposta dei vertici Figc lascia poco spazio a fraintendimenti, il braccio di ferro si concluderà solo quando sarà raggiunto un accordo che allontani ogni tentazione secessionista. «Il concetto di sostenibilità è ampio», continua Gravina, «il calcio basa tutte le sue progettualità sul posizionamento del suo prodotto a fronte di proposte economiche. Nella nostra economia è un gravissimo errore pensare che la soluzione sia solamente aumentare i ricavi. Oggi il mondo del pallone è indebitato quasi di 5 miliardi, dobbiamo iniziare a mettere sotto controllo i costi e gli investimenti. Dobbiamo rispettare la legge 91 che obbliga la federazione a garantire la continuità aziendale. Mi sono permesso di dire che nella stagione 2021/22 faremo una raccomandazione di non superare la soglia dei costi 2020/21, sarà una proposta inserita nel regolamento. Negli anni successivi potremmo ipotizzare un abbattimento dei costi». In altre parole: si spinge per lavorare tutti assieme a un restauro complessivo dell'universo professionistico che parta da regole ferree sui tetti salariali e sui cartellini dei giocatori. Ma senza sconquassi interni. Ora, non occorre essere uno specialista di vicissitudini sportive per comprendere la portata della disfida: da una parte le istituzioni calcistiche nazionali e europee - in questi giorni a Nyon si riunirà l'assemblea Uefa per portare avanti i negoziati con i tre ribelli della Superlega - dall'altra la società italiana dal peso specifico più rilevante, quest'anno al centro di travagli mica da ridere. I tifosi della Juventus, a oggi, sono stimabili tra i 12 e i 14 milioni in Italia, classificandosi al primo posto per numero in 13 regioni su 20, vale a dire il 33% della quota di mercato del settore a livello nazionale. Nel mondo si parla di 250 milioni di simpatizzanti, 44 dei quali in Europa. La Signora è inoltre quotata in Borsa, il valore del suo titolo sta registrando su base annua un ribasso di circa il 26%, alimentato dal rischio di non raggiungere il quarto posto nella Serie A e di qualificarsi per la prossima Champions League. A questo si aggiunge il caso di Cristiano Ronaldo, campione che ogni anno, da solo, intasca 30 milioni di stipendio, e che molti danno in partenza imminente (ieri il portoghese ha visitato lo stabilimento Ferrari di Maranello in compagnia di Agnelli ed Elkann concludendo l'acquisto di un bolide). E ancora: una campagna acquisti che vede la dirigenza, Fabio Paratici su tutti, sotto accusa per non aver azzeccato le scelte di mercato. Dulcis in fundo, il nodo Andrea Pirlo, fuoriclasse sul campo dal talento sopraffino, e però incapace di dispensare virtù da re taumaturgo sulla panchina. Non è un caso che nelle ultime settimane le incursioni di John Elkann alla Continassa si siano fatte serrate, molto più numerose di quelle, sporadiche e di rappresentanza, degli anni precedenti, quando tutto filava liscio. In parole povere: l'affaire Superlega non è l'unico banco di prova su cui la compagine italiana con più scudetti in bacheca dovrà confrontarsi.
Zhang chiede un taglio agli stipendi. I giocatori: «Solo se rimane Conte»
<div class="GN4_subheadline"><br></div><div class="GN4_body"><p>«Ma il mister rimane?». È la domanda che accompagna tutte le altre, è il quesito supremo dei calciatori dell'Inter che si sono cuciti lo scudetto sul petto e si avviano a una faticosa trattativa con il club sugli stipendi, per limare il passivo societario e portarlo attorno a un rosso da 120 milioni nel conto economico. In due anni <strong>Antonio Conte </strong>si è confermato condottiero, l'uomo del destino che trasforma 18 professionisti in una squadra. Ha valorizzato giovani di talento, ha raddoppiato il valore della rosa e ha vinto il titolo: nessuno all'Inter pensa a un futuro senza di lui. Ha ancora un anno di contratto, ma c'è la proposta di allungare per dare il via a un ciclo. È proprio questo lo scoglio più appuntito: come ripartire con orizzonti ambiziosi se si profila una gelata negli investimenti?
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Il tecnico attende il colloquio con <strong>Steven Zhang</strong> (possibile giovedì o dopo la sfida di Torino contro la Juventus) per capire lo scenario e nel frattempo ha ricordato all'ad <strong>Beppe Marotta</strong> due punti fermi: la necessità di non smantellare e quella di proseguire sulla strada della trasparenza. Non porre obiettivi senza la possibilità di finanziarne il raggiungimento.
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Per rimettere in sesto il bilancio attraverso una plusvalenza importante (in attesa dei 250 milioni di prestito ponte dai fondi, che comunque non risolveranno del tutto il problema) si comincia a parlare di una cessione eccellente. I giocatori top in questo senso sono <strong>Lautaro Martinez</strong> (valore di mercato 100 milioni) e <strong>Alessandro Bastoni</strong> (Tottenham, Manchester City, Chelsea, Psg, Bayern sono pronti all'asta da 60 milioni), ma <strong>Conte</strong> sembra categorico: via uno solo, se proprio è necessario. I due giovani pilastri dell'attacco e della difesa sono tra l'altro in scadenza e stanno trattando un rinnovo che a questo punto diventerebbe ancora più delicato.
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All'Inter, da sempre, la mancanza di riservatezza crea problemi. Anche questa volta la trattativa a reti unificate dalle guglie del Duomo (a differenza di altri club molto più low profile sull'argomento soldi) sul taglio di due mensilità ai contratti in essere ha suscitato malumori fra i giocatori, che si sentono con le spalle al muro davanti ai tifosi e avrebbero preferito negoziare in silenzio. Non a caso ieri è stata annullata la conferenza stampa del tecnico prima della partita con la Roma «per non trasformare la vigilia in un appuntamento su temi extracalcistici». La richiesta ufficiale del taglio è arrivata ieri pomeriggio quando il presidente ha radunato la squadra e ha spiegato ciò che tutti già sapevano: crisi pandemica, crollo degli incassi, profondo rosso, necessità di ripartire insieme con sacrifici comuni. La risposta non sarà collettiva ma individuale, i calciatori saranno convocati giovedì e la prossima settimana.
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Davanti ai sacrifici potrebbero rispondere meglio giocatori come <strong>Romelu Lukaku, Nicolò Barella, Milan Skriniar, Ashraf Hakimi</strong> con contratti in essere lunghi e quote facilmente spalmabili piuttosto che atleti in scadenza (per esempio <strong>Danilo D'Ambrosio</strong>) per i quali si tratterebbe di un taglio secco. Una terza tipologia è rappresentata da veterani come <strong>Arturo Vidal</strong> e <strong>Alexis Sanchez</strong>, gente dagli stipendi pesanti e difficilmente dirottabile altrove senza buonuscite attualmente impensabili. Senza contare una variabile internazionale: tranne i club tedeschi e quelli finanziati da sceicchi davanti ai quali l'Uefa si prostra, nessuno è in grado di affrontare un calciomercato garibaldino. Quindi di finanziare attraverso acquisti milionari i debiti dell'Inter.
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