Chi ha bisogno delle serie televisive con colpi di scena a ripetizione, dei polpettoni letterari acchiappa lettori, delle storie d'amore sotto l'ombrellone, da quando esistono i funambolismi narrativi garantiti dai massimi dirigenti del calcio europeo? Da un po' di mesi a questa parte ne ascoltiamo di tutti i colori, ogni giorno rimpalla una notizia nuova che ci fa saltare sulla sedia come in preda alla tarantella. Uno dei protagonisti del feuilleton pallonaro è Florentino Perez, deus ex machina e presidente del Real Madrid. Ieri avrebbe calato il carico da novanta. Secondo Mundo Deportivo, starebbe valutando la possibilità di lasciare la Liga spagnola, iscrivendo i suoi blancos alla Premier League, magari alla Bundesliga o, perché no, da noi, in Serie A. Pare fantapolitica, eppure i bene informati garantiscono che l'ipotesi sia verosimile. Il motivo è da ricercare nelle continue frizioni tra Perez e l'avvocato Javier Tebas Medrano, alto dirigente del campionato iberico e arcinemico del progetto Superlega, di cui Perez è stato promotore e che, benché sia ufficialmente naufragato, continua a macinare strascichi sottotraccia. L'ultimo scontro tra i due è stato di natura economica. Tebas ha da poco concluso un vantaggioso accordo tra la Liga Spagnola e il fondo d'investimento Cvc, che ha accettato di diventare detentore del 10% delle quote del torneo, garantendo un'iniezione di liquidità pari a 2,7 miliardi di euro, da redistribuire sulla base dei diritti televisivi e del blasone, a tutte le squadre iscritte. «Risulta evidente che, soprattutto per il Real Madrid, questo incremento di risorse ai club affinché siano più competitivi, migliorino le loro strutture e portino a una Liga più grande non favorisce il modello di Superlega che vuole creare Florentino», ha commentato Tebas.
Da qui la reazione del leader maximo della squadra con più Champions League in bacheca d'Europa, a tutti gli effetti una sorta di provocazione che sancisce una guerra tra bande interna multilivello: Perez contro Aleksandr Ceferin, presidente Uefa, ma anche Perez contro Tebas, Agnelli pronto a spalleggiare Perez, gli sceicchi emiratini proprietari di Psg e Manchester City schierati con Ceferin. Insomma, un pasticcio. Al momento Real, Barcellona e Juventus hanno solo da perderci, perché il naufragio della Superlega sta avvantaggiando parigini e citizens, impegnati a far man bassa di campioni sul mercato. E però l'Uefa ha promesso di imporre nuove norme al fair play finanziario per evitare vantaggi iniqui a una manciata di società amiche. A poche ore dalla notizia, è giunta la smentita del Real: «Viste le informazioni pubblicate oggi dal quotidiano Mundo Deportivo, in cui si dice che il nostro club avrebbe studiato l'ipotesi di passare dalla Liga alla Premier League, il Real Madrid comunica che si tratta di una congettura completamente falsa, assurda e impossibile, un modo per disturbare ancora una volta la quotidianità del nostro club», recita il comunicato ufficiale. Sempre Perez è finito al centro di un'altra polemica. Sarebbe stato il macchinatore della cessione di Leo Messi dal Barcellona al Psg, e l'avrebbe fatto per consentire al suo Real di ingaggiare addirittura Kylian Mbappé. Così sostiene Jaume Llopis, ex dirigente blaugrana, interpellato da La Vanguardia: «La partenza di Messi è una manovra volta a favorire Florentino Perez. Immaginate se ora Mbappé dovesse finire al Real Madrid. Laporta è stato convinto da Ferran Reverter, il nuovo Ceo del Barcellona, che non è possibile firmare con il fondo Cvc, non potendo così negoziare il nuovo ingaggio di Messi. Florentino Perez e Ferran Reverter sono amici da molto tempo e hanno influenzato Laporta nella sua scelta. Mancano 25 giorni alla fine del mercato, c'era tempo per cercare soluzioni alternative. Invece Messi è stato già lasciato andare, e Perez potrebbe trovare i soldi per tentare il colpaccio». Anche in questo caso, è giunta puntuale la smentita dell'interessato: «Tutto falso, mi auguro che Llopis rettifichi queste affermazioni avulse dalla realtà», risponde piccato il presidente madrileno. Gira e rigira, le ragioni alla base delle baruffe sono di natura economica. La pandemia ha segnato l'anno zero del calcio europeo, innescando tentativi maldestri come la Superlega, la recente notizia di un progetto dell'Uefa per finanziare i club continentali con una sorta di piano Marshall per rimpinguarne le casse in dissesto, le promesse, tutte da verificare, dell'istituzione di un efficace salary cap. Ma anche, perché no, le voci incontrollate che vorrebbero un futuro del pallone professionistico con partite più brevi, numero di sostituzioni illimitate, espedienti inediti per alimentare lo spettacolo e coinvolgere i giovanissimi, abituati ai match sulla Playstation. Tutti indizi evidenti di un pentolone che ribolle e di un calcio pronto a mutar pelle per venire incontro alle nuove esigenze di mercato e sopravvivere agli standard smodati a cui si è abituato da troppo tempo. In parole semplici: siamo solo ai primi capitoli del feuilleton.
Quando Florentino Perez era un giovane ingegnere del ministero dei Trasporti spagnolo, nei primi anni Settanta, si pensava che avesse solo la passione delle strade. E quando si buttò in politica, senza alcuna fortuna, nessuno poteva prevedere che avrebbe dato vita a un colosso delle costruzioni e delle autostrade come Acs-Abertis. E così, il grande pubblico lo conosce solo come presidente del Real Madrid. Calcio, fama, tv e miliardi a destra e a manca. Ai calciatori e a se stesso, visto che per Forbes l'ingegner Perez ha un patrimonio personale da 1,9 miliardi di euro. Ma ora che ha messo sul piatto 10 miliardi per Autostrade per l'Italia, quale Perez scende in campo nella partita più velenosa che si gioca in Italia da due anni e mezzo a questa parte? È la finta del socio amichevole dei Benetton in Abertis per costringere Cdp e i fondi esteri ad alzare la posta, o è la zampata per mettere le mani sulle autostrade italiane e, magari, regolare i conti anche in Spagna con la famiglia di Ponzano Veneto? Di sicuro, chi meglio lo conosce di tutti è il nuovo segretario del Pd, Enrico Letta, che quando aveva lasciato l'Italia per Parigi si era seduto proprio nel cda di Abertis.
Che Perez avrebbe potuto essere della partita Aspi, in Borsa girava da tempo. Più che altro come una specie di diversivo su richiesta di Atlantia, la holding che detiene l'88% di Aspi e ha accettato di vendere il suo pacchetto per non perdere le concessioni dopo il crollo del Morandi. E a poche ore dal cda di Atlantia, che doveva esprimersi sull'offerta da 9 miliardi di Cdp e dei fondi Macquarie e Blackstone, ecco la lettera del presidente del Real che offre fino a 10 miliardi. E però, nella missiva si delinea anche un progetto che sembra andare oltre, perché Acs si spinge a ipotizzare una fusione tra Aspi e Abertis, in cui all'inizio Perez si era un po' messo di traverso nei confronti degli italiani. Ma il capolavoro politico della lettera è che non chiude neppure a Cdp, anzi. Il colosso spagnolo si dice pronto a collaborare con la Cassa depositi e prestiti. Intanto, però, valuta Aspi 1 miliardo in più e non è uno sgarbo di poco conto. In Borsa, Atlantia ha fatto subito un balzo del 3%.
Ingegnere, dirigente pubblico, politico, patròn, finanziere. Perez è tanti uomini, tutti ostinati. Il potere gli è sempre interessato, ma anche la fama. Classe 1947, di famiglia medio borghese, si è laureato in ingegneria al Politecnico di Madrid e ha lavorato prima per il Comune e poi per il ministero dei Trasporti, partecipando all'ideazione di molte strade. Negli anni Ottanta si è buttato in politica, con due formazioni di centro, ma quando si è sciolta l'ultima (il Prd, Partito riformista democratico) e ha mancato l'ingresso in Parlamento, l'ingegnere madrileno ha lasciato perdere i voti e si è reinventato imprenditore. Con alcuni amici, ha rilevato dal fallimento un gruppo di costruzioni, Padròs, che in pochi anni ha trasformato in un successo. Nel 1993, Florentino ha dato vita ad Acs, che ora è uno dei più grandi gruppi di costruzioni generali del mondo, con ricavi per 35 miliardi, 1 miliardo e mezzo di utili e quasi 200.000 dipendenti. Lui controlla tutto con una holding personale che ha il 12,7%. I voti, però, gli devono essere rimasti in testa, perché per conquistare la presidenza del Real Madrid bisogna convincere centinaia di soci. E lui, al primo tentativo del 1995, prende una musata contro l'uscente Ramon Mendoza. Ma si trattava solo di aspettare. Torna a concentrarsi su ponti, dighe e viadotti, e nel 2000 conquista la presidenza del Real, diventando così famoso in tutto il mondo.
L'unica macchia nella sua carriera industriale è il fallimento del progetto Castor, un deposito di gas in mezzo al mare, che la Spagna di Zapatero voleva costruire davanti a Valencia. Acs si aggiudica l'appalto, costruisce il tutto, ma al momento di immagazzinare il gas si creano centinaia di scosse sismiche e il progetto fallisce. Il risultato è che lo Stato aiuta Acs, risarcendo quasi 1 miliardo e mezzo alle banche finanziatrici, ma Perez si è difeso così: «Sembra che io sia un demonio. Dicono che hanno dato a Florentino 3,2 miliardi? Non mi hanno dato un centesimo. Tutto il denaro è andato ai finanziatori, agli obbligazionisti e alla Banca europea per gli investimenti. Qui noi abbiamo perso soldi».
Quello che poteva essere una seconda sconfitta, nel 2018, è stata proprio l'irruzione di Atlantia in Abertis, società francese controllata dagli spagnoli. Dopo un'iniziale trincea, Perez scende a più miti consigli e scende a patti con i Benetton. Quindi oggi sono soci e alleati, ma va ricordato che all'inizio non era così e che il merito di quell'operazione è di Giovanni Castellucci, che oggi non è più il capo di Atlantia ed è sotto inchiesta per il ponte Morandi. Chi dovrebbe conoscere meglio di tutti Perez è invece Enrico Letta. Dopo aver perso Palazzo Chigi, se ne andò a insegnare a Parigi. Ma come rivelò questo giornale il 17 aprile del 2017, si accomodò anche nel consiglio di amministrazione di Abertis, dove fu cooptato nel novembre 2016. Ne è uscito nel maggio del 2018, per evitare polemiche che, in realtà, aveva sollevato solo Luigi Di Maio dopo la caduta del ponte. Tutto a posto, insomma. Ma forse un eventuale comunicato della segreteria del Pd sulla vendita di Autostrade andrà affidato alle vice.




