La Florida di Ron DeSantis ha un aspetto diverso da quella del pre pandemia. Chi ci vive e soprattutto chi ci fa affari racconta di un cambio di passo sostanziale. Maggiori aperture, quando gli altri Stati chiudevano per il Covid, Poi ancor meno burocrazia e un leggero taglio di tasse. I numeri sembrano dare ragione alla politica dei repubblicani. In un anno e mezzo si sono trasferiti da Nord e da Ovest circa 2 milioni e mezzo di persone. Sedi di grandi aziende si sono spostate dalla California a Miami, Tallahasse, Fort Lauderdale e altre città ma soprattutto porti e aeroporti hanno ripreso a macinare dollari. Un dato su tutti. Ogni ora la Florida importa qualcosa come 22 milioni di dollari di beni. In parte sono per le infrastrutture locali e in parte vengono riesportati verso i Paesi del Centro America e del Sud America. Significa che in un mese si contano quasi 16 miliardi e in un anno 190 di beni importati. Prima della pandemia, nel 2018, la cifra non superava gli 80 miliardi all’anno. Un bel salto in un buona parte dovuto alla mentalità e al fatto che lo Stato ha saputo fare un passo indietro. In questi giorni si tiene a Fort Lauderdale la settima edizione del Fitce, acronimo che sta per Fort Lauderdale international and cultural expo. Ed è bastato ascoltare il sindaco della contea di Broward, Michael Udine, per capire la differenza con il nostro Paese. «Siamo qui per fare in modo che possiate fare soldi», sono parole che difficilmente sentiamo uscire dalla bocca di un amministratore pubblico nostrano. Per questo la fiera della Florida del sud quest’anno ospita oltre 2.000 tra società e investitori da oltre 60 Paesi del globo. L’obiettivo è quello di trasformare Fort Lauderdale in n hub tra Africa, Europa e il Centro America. Non a caso la delegazione più folta arriva dai paesi caraibici, Honduras, Guatemala fino alla Bolivia. Anche se presenziano gli ex presidenti di Guatemala e Bolivia, e l’attuale vice presidente dell’Honduras Salvador Nasralla, gli incontri sono poco politici e molto tecnici. Informazioni dirette e possibilità di aprire società nella zona economica speciale. Zero imposte sulla trasformazione dei prodotti e accordi fiscali che includono la possibilità di definire prezzi fissi sulle materie prime importate. Un elemento oggi più che mai importante per evitare i picchi dei prezzi delle materie prime e quindi le conseguenze sui ricavi soprattutto per una neo società di import export.
Speciale attenzione, va detto, per la delegazione italiana coordinata da Romina Nicoletti, ceo di Mro, che ha anche portato i vini di Anna Fendi e un video di saluto della celebre designer. Prodotti dolciari da Cuneo della società Dallatte di Luca Baravalle e, infine ampio spazio per la moda e il design rappresentato da Yasmin Naqvi, londinese da anni a Vicenza e da Michele Crocitto, il cui nome è salito alla ribalta grazie alle sfilate e agli eventi della Belle Epoque romana. Sul fronte americano, presenti i rappresentanti di tutta la filiera governativa e delle aziende buyer. Dalla Carnival crociere fino alle società di cybersecurity. Al di là dei dettagli i veri liberali italiani qui sotto la bandiera di Ron DeSantis impazzirebbero. Poche consulenze e uno Stato che rimpicciolisce il proprio perimetro per lasciare spazio a chi vuole aumentare il fatturato e non certo ridistribuire ricchezza, che è sempre bene ricordarlo è solo un altro modo per dire: più povertà.