2023-03-12
Da Eurovita a Silicon valley: con la politica dei super tassi il debito inizia a fare vittime
Banche, fondi o assicurazioni che hanno magagne e più obbligazioni in pancia vanno in difficoltà. E i primi risparmiatori ci rimettono. Anche Blackstone è in crisi. Non è una nuova Lehman Brothers: contesto, dinamiche e cause sono profondamente diverse. Di certo, però, il crollo della Silicon valley bank ha scosso e continuerà a scuotere il mercato. Non solo per una questione simbolica, una sorta di caduta degli dei considerando che si tratta di una banca che raccoglieva la liquidità delle start up della tech valley californiana e dei fondi di venture capital che le finanziavano per poi investirla in titoli di Stato e obbligazioni. Ma anche perché si tratta della prima grande vittima delle manovre sui tassi di interesse messe in campo dalle banche centrali. In questo caso, della Federal Reserve. Il rialzo dei tassi ha fatto lievitare il costo del debito delle aziende (soprattutto delle start up) e ha svalutato i bond in pancia delle banche. Ora il timore è che il calo dei depositi si allarghi ad altri istituti americani pieni di titoli obbligazionari. Qualche altro campanello d’allarme, in realtà, era già suonato nelle ultime settimane quando sulle cronache finanziarie hanno trovato spazio due notizie all’apparenza slegate tra loro. La prima, riguarda una compagnia assicurativa italiana, la Eurovita. Lo scorso 6 febbraio l’Ivass (l’autorità di vigilanza delle assicurazioni) ha congelato i riscatti delle polizze della compagnia commissariata lo scorso 31 gennaio, per arginare la fuga della clientela e un possibile smottamento del capitale. Lo stop temporaneo prevede fino al 31 marzo «la facoltà dei contraenti di esercitare i riscatti regolati dai contratti di assicurazione e di capitalizzazione». I tassi di interesse più elevati sono generalmente positivi per gli assicuratori Vita, poiché i premi possono essere investiti a rendimenti più elevati. Tuttavia, un improvviso aumento può portare a un aumento dei rimborsi anticipati in quanto i clienti incassano i loro vecchi contratti per reinvestire i proventi in nuovi contratti che offrono rendimenti migliori. Nel caso di Eurovita, ciò ha portato a un ammanco di capitale, all’intervento dell’Ivass a un’iniezione di liquidità di 100 milioni di euro da parte di Cinven, la società di private equity proprietaria della compagnia. L’altro allarme è suonato in casa del colosso americano, Blackstone che una settimana fa ha dichiarato default su un’obbligazione da 531 milioni di euro garantita da un portafoglio di uffici e negozi finlandesi (detenuti dall’azienda Sponda Oy). Dopo oltre dieci anni di tassi d’interesse intorno allo zero, i rialzi degli ultimi mesi da parte della Bce e dalla Fed scoraggiano gli acquisti e creano un divario tra domanda e offerta, il quale a sua volta genera pressione sui proprietari che spesso devono ripagare prestiti per il loro precedente acquisto. In entrambi i casi, dunque, è il rialzo dei tassi d’interesse che ha depresso il valore di mercato di numerose attività nei bilanci. E ha fatto da detonatore, se non da miccia. E ora scoppia la bomba Svb. Cosa è successo a questo istituto americano? I clienti - un esercito di start up - hanno iniziato a «bruciare» molta più liquidità perché è diventato più difficile ottenere finanziamenti, e le società di venture capital cominciano a chiudere i rubinetti. Attenzione: quando i clienti hanno bisogno di cash, la banca deve averne abbastanza per accontentarli. Le banche solitamente parcheggiano gran parte dei loro soldi in investimenti considerati sicuri, come i titoli di Stato o titoli immobiliari garantiti dallo Stato. Nel caso di Svb parliamo di 91 miliardi di dollari di depositi in titoli legati ai mutui e Treasury, che ora però valgono 15 miliardi in meno di quando sono stati acquistati a causa degli aumenti dei tassi. L’istituto californiano è stato dunque costretto a vendere quegli investimenti (circa 21 miliardi di dollari) per trovare rapidamente il cash e soddisfare le richieste di prelievo. Ma l’aumento dei tassi deciso dalla Fed ha spinto i prezzi dei bond in basso, il che significa che Svb ha (s)venduto quei titoli rimettendoci quasi due miliardi di dollari, 1,8 per la precisione. Da qui la richiesta di un nuovo aumento di capitale. Quando la banca lo ha annunciato, altre start up (già spaventate dal fallimento della Silvergate Bank, per il crollo delle criptovalute) si sono fatte prendere dal panico e hanno cominciato a chiedere di ritirare il loro denaro dall’istituto. Giovedì scorso i clienti di Svb hanno prelevato 42 miliardi di dollari dai loro conti, quello che tecnicamente viene definito bank run. Le azioni a Wall Street sono crollate di oltre il 60 per cento. Venerdì le autorità americane hanno chiuso l’istituto assumendone il controllo e decretandone di fatto il fallimento, il secondo maggiore della storia americana dopo il collasso di Washington Mutual nel 2008. Il fondo di tutela dei depositi americano Fdic stima che nell’ultimo trimestre del 2022 ci siano circa 620 miliardi di minusvalenze nascoste nei bilanci delle banche Usa e a tremare sono soprattutto quelle più piccole e regionali. Ma qualche scricchiolio potrebbe sentirsi anche in Europa. La lezione del 2008 è stata imparata e questa volta saremo in grado di vedere l’arrivo di un potenziale tsunami in anticipo? Vedremo. Nel caso di Svb, è preoccupante che nessuna delle autorità di regolamentazione bancaria abbia monitorato la copertura sul rischio tassi e che quattro giorni fa l’agenzia di rating Moody’s avesse assegnato alla sua solvibilità un giudizio «A» , classificandolo dunque come un investimento sicuro. Non solo. Il 6 marzo scorso lo stesso istituto si è vantato sui social di essere per il quinto anno consecutivo nella classifica annuale stilata da Forbes delle migliori banche d’America. Pessimo tempismo. E anche pessimo ranking. Ps. Il direttore amministrativo di Svb, Joseph Gentile, fino al 2007 era un top manager di Lehman Brothers. Quando si dice il destino.