2021-11-01
Street Art: come i murales cambiano il volto alle città
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Uno dei murales del Paese delle Fiabe in provincia di Viterbo (Facebook)
Ultimamente si parla molto di street art. Perché piaccia tanto è presto detto: è un tipo di arte che potremmo definire popolare, impattante. Gli edifici smettono il loro abito di strutture anonime, per indossarne un altro, variopinto e significativo.Alla scoperta di Sant'Angelo di Roccalvecce, frazione di Viterbo conosciuta anche come «il paese delle fiabe».L'altra faccia di Napoli. Tra Maradona e San Gennaro le facciate dei palazzi rivivono grazie all'arte di strada.La capitale della street art? Bologna. I writers di Taranto ridanno vita ai quartieri periferici e meno agiati della città.A Roma Tor Pignattara diventa il regno dei murales. Lo speciale comprende sei articoli.È un tipo di arte che poco ha a che fare con musei e luoghi chiusi: la street art si impossessa della città e dialoga con i suoi abitanti, anche per via dei temi che mette al centro, la maggior parte delle volte aventi a che fare con problematiche attuali.Difficile rimanere indifferenti di fronte a un murale, a volti che talvolta sembrano fotografie, a colori che si impongono alla vista quasi con prepotenza. Insomma, l'arte di strada non ha nulla di accademico, a prescindere dall'abilità degli artisti che le danno forma.Alcuni nomi si sono imposti all'attenzione già da qualche anno: Banksy con la sua Balloon Girl, Alice Pasquini e le mille interpretazioni del femminile, Jorit e i dipinti-fotografia. E ancora: Blu, che ha cambiato il volto dell'Ostiense, a Roma; 3ttman, che ha regalato magnifici intrecci di colore a luoghi periferici; Kraser, creatore di opere che si posizionano a metà tra arte classica e Surrealismo. Una lista da cui emerge un tratto comune alla maggior parte di queste personalità: lo pseudonimo con il quale si presentano in società, quasi a nascondersi dietro alle loro opere. Del resto è stato proprio Banksy (che ancora non si sa se sia un autore singolo o un collettivo) a dire: «Non so perché le persone siano così entusiaste di rendere pubblici i dettagli della loro vita privata, dimenticano che l'invisibilità è un super potere».Se Jorit è il nickname di Ciro Cerullo, il nome Blu è tutto ciò che conosciamo del suo possessore, oltre ai suoi murales; Louis Lambert è il francese 3TTMAN (3 têtes man, l'uomo con tre teste) e Kraser è un artista spagnolo il cui nome rimane ancora sconosciuto.Un artista, infatti, mostra se stesso attraverso i propri lavori, consapevole che a comunicare è il risultato finale, non certo un volto ripreso da tutti i media. Questo rende gli street artist degli influencer sui generis: modellare la società – o una sua piccola parte – attraverso messaggi dall'alto impatto visivo, emotivo e intellettuale ha risvolti tanto durevoli quanto poco patinati. Farsi influenzare da un'arte che non sia di regime è un modo per acculturarsi e combattere le ingiustizie, ma anche per cominciare ad apprezzare la pittura o per rafforzare un sentimento già saldo.Pare che la street art sia nata negli Stati Uniti intorno agli anni '70. In Italia (e in Europa), invece, è un tipo di arte relativamente giovane: le prime manifestazioni vere e proprie nascono infatti all'inizio del nuovo millennio, soprattutto in città come Berlino, Parigi e Dublino.Nel nostro Paese, sono tre le città che mostrano con maggior orgoglio muri colorati, graffiti e immagini che sono spesso come schiaffi alla coscienza: Roma, Milano e Bologna. Ci sono però anche realtà più piccole in cui disagio sociale e arte di strada vanno di pari passo: Taranto è l'esempio più chiaro. È in quartieri come Paolo VI e la Salinella che se ne possono ammirare gli effetti.Ma quali sono le tematiche trattate? La guerra e il mondo delle emozioni, la libertà e il razzismo, le malattie causate dall'industria e l'infanzia.La street art – da distinguere dal vandalismo dei graffitari, che imbrattano, impuniti, i luoghi pubblici – comprende un'infinità di tecniche. Non solo murales: camminando per le strade possiamo ammirare lo yarn bombing (la copertura, in stoffa o in maglia all'uncinetto, di oggetti presenti nei luoghi pubblici), gli stencil, gli adesivi o i cut-out (frammenti inseriti in elementi urbani, come i cartelli stradali).Esistono poi la wheatpaste (un gel con cui si creano e incollano poster e collage) e la tecnica dello sticker, senza dimenticare le installazioni urbane.La street art può essere commissionata dalle amministrazioni, ma sua branca fondante è la guerrilla art. Con questa espressione ci si riferisce a tutte quelle tracce d'arte lasciate – spesso nel cuore della notte - da autori anonimi alle città, sorta di benefattori ribelli e senza nome, ben lontani dagli imbrattatori seriali.Infine la street art è motivo di viaggi: non sono poche le persone che si spostano proprio per fotografare i più bei murales d'Italia e non solo. Nell'approfondimento che segue ci si soffermerà su 5 luoghi, tutti italiani, in cui andare a caccia di street art. Un viaggio da nord a sud che richiede solo curiosità e animi ribelli, che hanno voglia di mettersi a caccia. Perché di questo si tratta: le opere dei cosiddetti writers sono spesso nascoste e si aprono all'improvviso dietro a una curva o a un palazzo. Non saranno certo le coordinate di Google Maps a penalizzare l'effetto sorpresa che l'arte, in ogni sua forma, riesce a generare. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/street-art-come-i-murales-cambiano-il-volto-alle-citta-2655472896.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sant-angelo-di-roccalvecce-il-paese-delle-fiabe" data-post-id="2655472896" data-published-at="1635780381" data-use-pagination="False"> Sant'Angelo di Roccalvecce, il paese delle fiabe La street art non è solo un atto di denuncia sociale: in quanto arte, è anche intrattenimento, bellezza donata alla comunità, sogni messi su parete.È il caso di Sant'Angelo di Roccalvecce, frazione di Viterbo conosciuta anche come "il paese delle fiabe".A decorare i muri di questo luogo che sembra uscito da un libro di Hans Christian Andersen sono infatti i personaggi delle fiabe più conosciute: Alice nel Paese delle Meraviglie, I Tre Porcellini e Il Mago di Oz sono solo alcune delle storie che hanno preso vita (e continuano a farlo) tra le case e le botteghe più fotografate d'Italia.L'idea è nata nel 2016 grazie a Gianluca Chiovelli, fondatore dell'Associazione Culturale Arte e Spettacolo (ACAS), che riunisce cittadini e artisti locali, ma anche persone originarie del posto, ma ormai lontane.Camminare per le vie del paese delle fiabe è un'esperienza adatta a tutte le età: i dipinti sono vere e proprie opere d'arte, capaci di far sognare anche gli adulti.Non solo: da Sant'Angelo parte il sentiero CAI n. 166, chiamato anche "sentiero dei castelli e delle fiabe", che porta a Celleno, bellissimo borgo fantasma della Tuscia. Un percorso panoramico di 11 chilometri che è anche un breve viaggio nel tempo, tra boschi, borghi e castelli (come il Costaguti di Roccalvecce).Ma perché rendere Sant'Angelo un luogo deputato alla fiaba? È un modo per combattere il progressivo spopolamento dei nostri borghi. Così racconta Tina Loiodice, una delle street artist del progetto viterbese. «I bambini scoprono la fiaba di Alice» è proprio il murale con cui l'artista romana ha inaugurato il progetto, arricchendolo poi con altre opere, come La Piccola Fiammiferaia e Don Chisciotte.Splendidi anche Hansel e Gretel – di Cecilia Tacconi e Isabella Modanese – e la Biancaneve di Layla Xing (nome d'arte di Lena Ortmann), ma anche Cappuccetto Rosso, della bresciana Vera Bugatti.C'è poi La Scala dei Sogni, una scalinata domestica semplice ma dal significato profondo: «Vieni con me, dove nascono i sogni e dove il tempo non è programmato. Pensa solo cose felici e il tuo cuore volerà sulle tue ali». Proprio accanto, un murale rappresenta la storia di Peter Pan: dentro la luna, il viso di Laura, sorella di Gianluca Chiovelli, che l'ha voluta ricordare così. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/street-art-come-i-murales-cambiano-il-volto-alle-citta-2655472896.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-volto-street-di-napoli-da-maradona-a-san-gennaro" data-post-id="2655472896" data-published-at="1635780381" data-use-pagination="False"> Il volto street di Napoli, da Maradona a San Gennaro Napoli è un crogiuolo di street artist e muri che vivono di vita propria. Alcune sono manifestazioni spontanee, altre vere e proprie opere create a tavolino.Tra queste ultime spicca Maradona, simbolo della città partenopea in quanto uomo del popolo che ha scalato le vette del successo con le proprie gambe (è il caso di dirlo), regalando lustro al capoluogo campano, da sempre oggetto di pregiudizi.È stato Jorit a creare questo enorme e realistico volto nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. Proprio sulla facciata di un palazzo attiguo, l'artista italo-olandese ha realizzato anche "Essere Umani", che rappresenta un ragazzino, classico scugnizzo a cui rende l'artista omaggio donandogli uno sguardo penetrante e, appunto, umano.Sempre di Jorit è San Gennaro, altro simbolo sempreverde della città. Questa volta siamo a Forcella, in una parte del centro storico un tempo famosa per il suo legame con la camorra: il boss Luigi Giuliano era proprio di qui. Ecco allora che un santo (che ha il volto di un operaio conosciuto dall'autore) contribuisce a regalare un'altra immagine a questa zona di Napoli.Famosissima "La Pudicizia", dell'argentino Francisco Bosoletti, che rappresenta l'incredibile scultura di Antonio Corradini, da ammirare nella Cappella Sansevero. Il murale si trova in Via Emanuele De Deo, nei Quartieri Spagnoli. Di fianco si trova un altro Maradona, di Mario Filardi, la cui testa corrisponde alla finestra dell'abitazione.Altro luogo dove ammirare i murales più belli di Napoli è il Rione Sanità. Si pensi a "Luce", opera realizzata dall'artista spagnolo Tono Cruz, che rappresenta i bambini del quartiere, simbolo di rinascita. Due ragazzi che si abbracciano campeggiano invece all'esterno dell'ascensore che conduce a Corso Amedeo di Savoia. Una bellissima immagine realizzata dai ragazzi del centro La Tenda.Del resto, è a Napoli che è stato fondato Inopinatum, centro studi dell'Università Suor Orsola Benincasa dedicato alle quelle manifestazioni della creatività urbana, come la street art e lo urban design. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/street-art-come-i-murales-cambiano-il-volto-alle-citta-2655472896.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="la-capitale-dell-arte-di-strada-bologna" data-post-id="2655472896" data-published-at="1635780381" data-use-pagination="False"> La capitale dell'arte di strada: Bologna Bologna è una delle città più votate alla street art. Ma si può dire la stessa cosa dell'intera regione: l'Emilia Romagna.Nel capoluogo, si può partire dal rione del Pratello: saracinesche dipinte e murales di ogni tipo, tra cui un'opera di Ericailcane e Bastardillo dedicata al Coronavirus. Il grande graffito si trova su due muri di Via Calari e rappresentano una figura femminile che usa la mascherina a mo' di fionda per lanciare dei palloncini viola e dei topi che si nascondono dietro a cotton fioc e monete.In Largo Caduti del Lavoro protagoniste sono le frecce, le fiamme e le linee cosmiche di Lokiss & Rae Martini: si trovano sulle due casette Hera, che fungono da ingresso alla Manifattura delle Arti.Altro museo a cielo aperto è il quartiere Navile-Gorki (numeri civici 6-16). Una struttura polifunzionale intitolata al partigiano William Michelini, è stata completamente rinnovata da 15 artisti, coinvolti all'interno del progetto R.U.S.Co. Sul piazzale esterno spicca il Pinocchio di Andrea Casciu, sotto il quale scorrono – in orizzontale – i bambini pixelati di Krayon.Il volto di Michelini è stato invece realizzato da LAH (Luca Hernandez), scomparso a soli 24 anni. Infine, per citare un altro dei tanti esempi della zona, i pilastri di Hoppn (Iury Romagnoli), animati da uomini, donne, bambini ed elementi naturali, tutti in bianco e rosso.Su Via Zamboni – la via universitaria per eccellenza – non potevano mancare degli esempi di street art caratterizzati da un forte spirito critico. Tra questa via e Piazza Scaravilli si trova "500 anni dalla scoperta dell'America", del colombiano Luis Gutierrez. Un murale che ricorda la mano di Diego Rivera e che mescola i simboli delle civiltà precolombiane con personaggi quali Fidel Castro e Che Guevara.Uscendo dal capoluogo di regione, ci si può imbattere in altri pregevoli esempi: Dozza è un borgo che dista circa 30 km dalla città. Qui, tra muri, porte e finestre si sono insinuati, nel tempo, affreschi ricchi di temi e figure, dall'omaggio a Corto Maltese all'Angelo di Dozza.Infine, San Giovanni in Persiceto, in provincia di Cesena. Un paese in cui raramente ci si fermerebbe, divenuto famoso negli ultimi tempi grazie alla Piazzetta degli Inganni, dove si trovano animali, ortaggi e frutti giganti realizzati dall'artista vicentino Gino Pellegrini. Ma c'è anche Alice Pasquini: sul muro che affaccia sul piazzale della stazione ferroviaria si trova Mille Papaveri Rossi, che omaggia le donne della Resistenza. Un tema molto caro a tutta la regione. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/street-art-come-i-murales-cambiano-il-volto-alle-citta-2655472896.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="i-murales-di-taranto-ridanno-vita-ai-quartieri-meno-agiati-della-citta" data-post-id="2655472896" data-published-at="1635780381" data-use-pagination="False"> I murales di Taranto ridanno vita ai quartieri meno agiati della città Una città sorprendentemente legata alla street art è Taranto. Il capoluogo di provincia pugliese è solitamente associato al nome dell'Ilva e alle sue conseguenze nefaste. Un peccato, se si considera che Taranto è il capoluogo della Magna Grecia e i motivi per visitarla sono innumerevoli, senza dimenticare gli effetti della povertà e dell'industria ricaduti sui suoi abitanti.Anzi, è proprio a partire da questa consapevolezza che a Taranto si è strutturato un movimento legato all'arte di strada. Lo scorso settembre, infatti, è stata presentata la seconda edizione di "T.R.U.St. – Taranto Regeneration Urban and Street", progetto voluto dall'amministrazione locale, che ha chiamato in città 16 artisti del calibro di Jorit.I writers si sono dilettati a dipingere i muri nei quartieri periferici e meno agiati di Taranto. Paolo VI, Salinella, Tramontone, ma anche Isola Madre, il sottopasso di Via Ancona e il Borgo: è qui che si trovano i muri più belli e colorati.L'ultima opera, in ordine cronologico, è quella dell'artista spagnolo Kraser: Nettuno, padre di Taras – fondatore di Taranto – campeggia come murale più alto del mondo, tra Via Anfiteatro e il Lungomare Vittorio Emanuele III.Attorrep (nome d'arte di Antonino Perrotta) ha reso un muro della Salinella la base ideale per il suo bambino, che «guarda al futuro, con prospettive differenti, con la consapevolezza dell'estrema contagiosità del bello, dell'arte, della cultura».E come non citare il bambino di Jorit, a Paolo VI? È Giorgio di Ponzio, morto a soli 15 anni per colpa delle emissioni dell'Ilva, ma anche di tutte quelle fabbriche, come la raffineria dell'Eni, che inquinano incessantemente la città. Il murale guarda con occhio vivo il passante, affinché non finisca di interrogarsi e lottare per una giustizia che non sembra arrivare mai.Sempre a Paolo VI, Slim Safont ha dipinto un pescatore, ricordando uno dei mestieri più antichi e praticati nel luogo. Ma i contributi sono innumerevoli: Alice Pasquini & Uno, Belin, Lidia Cao e Nico Skolp sono solo alcuni degli altri artisti coinvolti in un progetto che non mira a una semplice riqualificazione urbana, ma a una presa di coscienza collettiva.L'associazione ha inserito tutti i murales su Google Maps. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/street-art-come-i-murales-cambiano-il-volto-alle-citta-2655472896.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="a-roma-tor-pignattara-diventa-il-regno-dei-murales" data-post-id="2655472896" data-published-at="1635780381" data-use-pagination="False"> A Roma Tor Pignattara diventa il regno dei murales È da tempo che Roma si è aperta alla street art. La capitale ha dei quartieri – per così dire – deputati, ma che non garantiscono necessariamente opere di pregio. Quello che non si dice della street art, infatti, è che con questa espressione si includono anche prodotti minori, che talvolta hanno il paradossale effetto di peggiorare l'aspetto di un quartiere o, perlomeno, di confonderlo ulteriormente.Fatta questa premessa, Roma val bene una visita anche solo per la sua street art.Un giro ideale dovrebbe comprendere sicuramente Tor Marancia, il primo museo condominiale al mondo. Si trova poco distante dal palazzo della Regione, ma il suo aspetto è tutt'altro che istituzionale. Venti artisti provenienti da tutto il mondo hanno dato vita, ormai nel 2015, a 22 murales distribuiti tra 11 anonimi condomini. L'effetto è a dir poco sorprendente: questo progetto – chiamato Big City Life – include bellissimi dipinti, quali il "Bambino Redentore", "Santa Maria di Shangai" (dell'autore romano Mr Klevra) e lo splendido "Io sarò". Altra zona popolare ultimamente segnata dalla street art è Tor Pignattara, tra i quartieri Tiburtino e Prenestino-Labicano. Su tutti i murales spicca "Coffé Break", di Etam Cru, che rappresenta un uomo che esce da un bidone dell'immondizia con in mano una tazza di caffè. È alto ben 32 metri e vuole rappresentare l'inclusione di coloro che vivono ai margini. Poco conosciuto per via della sua lontananza dai luoghi del potere e della bellezza classica di Roma è anche il Trullo, tra la Portuense e la Magliana. Alla street art, in questo caso, si unisce la poesia: i poeti der Trullo (che si definiscono metroromantici) hanno inserito i loro versi tra i mille volti di questo posto.Il Ritratto di Mario D'Amico, a opera di Gomez, è un omaggio a uno degli uomini del movimento. Altri mirabili esempi sono "Il campione" di Jorit e una Frida Kahlo più rosa che mai.Ultimo tra le tendenze è il murale mangia-smog. Un esempio si trova tra Via del Porto Fluviale e Via Ostiense: grazie alla tecnologia Airlite, quest'opera riesce a pulire l'aria come un bosco di trenta alberi.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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