2021-03-05
Stop di Draghi all’export in Australia. Fermate 250.000 dosi di Astrazeneca
Mario Draghi (F.Origlia/Getty Images)
Linea dura dell'Italia che blocca le spedizioni del colosso anglosvedese in accordo con la Commissione. Possibili ritorsioni del gruppo, che infiala nel Lazio. Giancarlo Giorgetti: «400-500 milioni pronti per il polo nazionale».Mario Draghi sceglie la linea dura. L'Italia è infatti il primo Paese dell'Ue a bloccare l'export di vaccini Astrazeneca da quando Bruxelles ha annunciato il sistema per controllare la vendita dei vaccini a Stati esterni al perimetro comunitario. A essere stato stoppato è un carico di oltre 250.000 dosi destinate all'Australia. In che modo? Il «meccanismo temporaneo di trasparenza e autorizzazione» previsto dall'Ue è in vigore dal 31 gennaio al 31 marzo (con possibilità di rinnovo) e obbliga le società farmaceutiche a chiedere il permesso per le vendite a Paesi terzi, compilando una richiesta che impone di precisare il totale delle dosi già esportate dal 31 ottobre 2020 e di quelle distribuite in Europa da dicembre 2020 (nell'ultimo aggiornamento, la Commissione ha informato che da inizio febbraio sono state approvate 174 richieste di esportazione verso 30 Paesi extra Ue). Le singole società devono dunque notificare e aspettare l'ok delle autorità nazionali prima di procedere con il trasporto dei vaccini oltre i confini Ue. Il gruppo anglosvedese aveva chiesto il permesso per una partita di vaccini infialati nello stabilimento Catalent di Anagni, nel Lazio, ma il governo Draghi ha acceso il semaforo rosso, comunicando la sua decisione a Bruxelles. Che non ha avanzato rilievi.Dalla Farnesina viene precisato che l'Italia si è mossa d'intesa con la Commissione Ue e in una nota vengono ricostruiti i passaggi che hanno portato a tale decisione. Il ministero degli Esteri ha ricevuto lo scorso 24 febbraio una richiesta di autorizzazione all'esportazione di vaccini da parte di Astrazeneca, ai sensi del Regolamento Ue 2021/111 della Commissione Ue, approvato il 30 gennaio, «che subordina l'esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione». In precedenti casi di richieste di autorizzazione ricevuti da Astrazeneca, l'Italia - d'intesa con la Commissione - ha concesso il proprio nulla osta, trattandosi di modiche quantità di campioni destinati ad attività di ricerca scientifica. Nel caso di quest'ultima richiesta, tuttavia, si trattava di ben 250.700 dosi di vaccino. Per questa ragione il ministero, dopo aver consultato le altre amministrazioni italiane competenti - che hanno tutte espresso parere negativo - il 26 febbraio ha inviato la proposta di non autorizzazione a Bruxelles che, ai sensi del regolamento, ha l'ultima parola in quanto lo Stato membro è tenuto a decidere «conformemente al parere della Commissione». Quali sono le motivazioni alla base della proposta italiana? La nota evidenzia tre punti: il fatto che l'Australia è considerato un Paese «non vulnerabile» ai sensi del Regolamento; il permanere della penuria di vaccini nell'Ue e in Italia e i ritardi nelle forniture dei vaccini da parte di Astrazeneca nei confronti dell'Ue e dell'Italia; l'elevato numero di dosi di vaccino oggetto della richiesta di autorizzazione all'esportazione rispetto alla quantità di dosi finora fornite all'Italia e, più in generale, ai Paesi dell'Ue. La proposta di bloccare le dosi è stata quindi approvata dalla Commissione Ue e il ministero degli Esteri ha provveduto, nello stesso giorno, «a emanare formalmente il provvedimento di diniego all'esportazione, notificato alla controparte il 2 marzo 2021».Ieri, intanto, dal vertice tra il commissario per l'emergenza, Francesco Figliuolo, il ministro della Salute, Roberto Speranza, il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, e i rappresentanti di Iss, Aifa e Agenas è arrivata la spinta sulle somministrazioni. Basta scorte, insomma, anche alla luce della circolare diramata ieri dal ministero della Salute che prevede una dose unica per i soggetti guariti dal virus. Ulteriori modalità riguardo alla somministrazione di una sola dose o dell'estensione di Astrazeneca agli over 65, saranno invece prese in considerazione solo dopo eventuali pronunciamenti dell'Alfa.La mossa del governo, con lo stop all'export del vaccino destinato all'Australia, è muscolare. Ma anche rischiosa: perché Astrazeneca in Italia ha un contratto per l'infialamento con la Catalent di Anagni e anche per questo è stato possibile stoppare la spedizione. Se l'accordo salta, come rappresaglia, il gruppo anglosvedese potrebbe infialare in Belgio o in Olanda. E rischia di diventare più complicato anche avviare nuove collaborazioni tra le nostre aziende e le multinazionali che non vogliono rischiare di vedersi bloccare le esportazioni. Bisogna quindi essere pronti alle reazioni.Proprio ieri, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato che nel dl Sostegno verranno stanziati tra 400 e 500 milioni di euro per lo sviluppo del futuro polo nazionale dei vaccini e del biotech. «Abbiamo intenzione di aiutare la nascita di un polo nazionale, non solo sui vaccini ma biotech, con una partnership pubblico-privata e un contributo economico dello Stato nella fase iniziale determinante, come pure è determinante la partecipazione dei maggiori soggetti dell'industria farmaceutica italiana», ha chiarito il titolare del Mise in una conferenza stampa assieme al commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton. La nascita del polo nazionale avrà bisogno però di tempo e servirà dunque per quando il coronavirus sarà diventato endemico.