Il dato arriva dal Piemonte, dove il comparto vale quasi 19 miliardi. Sulla stessa linea l’allarme lanciato dallo stabilimento di Cassino. L’azienda cerca di nuovo operai italiani disposti ad andare in Polonia.
Il dato arriva dal Piemonte, dove il comparto vale quasi 19 miliardi. Sulla stessa linea l’allarme lanciato dallo stabilimento di Cassino. L’azienda cerca di nuovo operai italiani disposti ad andare in Polonia.L’ennesimo allarme è stato lanciato ieri dall’inserto torinese del Corriere della Sera: la crisi dell’auto si sta abbattendo sul capoluogo piemontese, quindi non solo sulle vendite di Stellantis, ma sull’intera filiera locale dove la cassa integrazione è cresciuta del 72%. Secondo il centro studi mercato del lavoro della Cgil Piemonte, infatti ha superato 8 milioni di ore di Cig con un aumento vertiginoso (+72%) delle richieste solo nel mese di luglio. Sembra un bollettino di guerra: 13 settimane di cassa in Prima industrie di Collegno, altrettante all’ex Alcar (oggi Ovv) di Vaie; da lunedì e fino a fine anno Novares accompagna 200 lavoratori in Cig. E poi ancora ammortizzatori sociali alle Officine Vica, alla Proma, ferie più cassa al gruppo Cornaglia e in arrivo cassa anche alla Denso. In questi giorni i numerosi accordi firmati dai sindacati del territorio, scrive il Corriere, potrebbero concretizzarsi in chiusure e licenziamenti. E sarà anche peggio nel 2025, leggendo le dichiarazioni di Bruno Ieraci della Fiom Cgil di Torino, perché in questi due anni di crisi tante aziende hanno fatto un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali. E ora siamo agli sgoccioli. Colpa della disastrosa politica della Ue che ha imposto pesanti investimenti all’industria automobilistica dell’area sulla produzione di auto elettriche che i clienti non vogliono (il 3,4% in Italia delle immatricolazioni contro il 13% della Francia e il 12 % della Germania, mentre la fine degli incentivi in diversi Paesi ha fatto crollare il mercato), e a pesare è stata anche la recessione tedesca (principale partner industriale del Piemonte). I costruttori stanno correndo ai ripari con piani che prevedono chiusure e anche tagli del personale. E a rimetterci è un settore che per il Piemonte vale quasi 19 miliardi, 728 imprese e 57.000 addetti.Sulle stesse pagine locali ieri si riportava la proposta che sarebbe stata preparata dalle risorse umane di Stellantis per le Rsa di Mirafiori a pochi giorni dalla (parziale) riapertura dello storico stabilimento il prossimo lunedì 2 settembre, dopo una lunga sosta di sette settimane. Quale? Un volantino della Fiom Cgil denunciava l’ipotesi Polonia, ovvero fare lavorare, su base volontaria, una decina di operai e carrellisti nella fabbrica di Tychy. Il gruppo ieri, ha diffuso una nota: «Stellantis Italia evidenzia come siano strumentalizzate decisioni aziendali assunte nell’interesse delle persone in questa complessa fase di mercato e transizione», si legge. «È una vera e propria fake news, infatti, che i lavoratori di Stellantis siano “vittime” di un ipotetico, addirittura violento, ricatto al fine di trasferirli a lavorare in Polonia. Al contrario, si tratta di una proposta su base volontaria riservata a una decina di colleghi della logistica, per svolgere una trasferta temporanea di massimo due settimane, adeguatamente remunerata». E prosegue: «Si tratta peraltro, come noto, di una prassi consolidata per il gruppo in tutti gli stabilimenti a livello globale: in occasione di temporanei stop alla produzione, dovuti alla mancanza di ordini legati all’instabilità dei mercati internazionali, la proposta di trasferta volontaria è una possibilità di aiuto e tutela per i colleghi e le colleghe che ne sono coinvolti. Solo nell’ultimo anno e mezzo, il numero di operai italiani in trasferta volontaria presso altri stabilimenti è oscillato tra le 600 e le 2.600 unità circa. In questa proposta non c’è insomma, alcuna evidenza di un esodo dai confini nazionali: al contrario, una volontà di tutelare l’occupazione delle persone del gruppo Stellantis, che non risolve le difficoltà di questo momento storico di transizione, indicato dalla politica e accolto da Stellantis, e che Stellantis sta affrontando, in un processo industriale che merita rispetto, anche nella critica». Intanto, però, il tessuto industriale muore. L’azienda ieri ha annunciato ai sindacati e al comitato esecutivo lo stop alla produzione delle Maserati Grecale, delle Alfa Romeo Giulia e Stelvio nello stabilimento Stellantis Cassino plant. Il fermo produttivo andrà dal 9 al 13 settembre agganciandosi al precedente fermo collegato alle ferie. Si riprenderà a lavorare lunedì 16 settembre. «Siamo molto preoccupati per questo nuovo stop, dovuto alla carenza di ordini per i modelli prodotti a Cassino» spiega il segretario provinciale di Frosinone della Fiom Cgil, Donato Gatti. Che accende i riflettori anche su quanto sta accadendo nell’indotto Stellantis Cassinate: «La settimana prossima inizieremo il confronto con la Tiberina, azienda fornitrice di primo livello e con 113 lavoratori nel suo organico. Ha chiesto di accedere ai contratti di solidarietà ed è la prima volta che questo accade». Nei mesi scorsi l’ad di Stellantis Carlos Tavares ha confermato i piani per lo stabilimento di Piedimonte San Germano avviato nel 1972 con la produzione di Fiat 126. Lì dal 2025 verranno prodotti i modelli basati sulla moderna piattaforma elettrica Stla large.
Donald Trump (Ansa)
Trump, anche lui vittima di un attentato, sottolinea la matrice politica dell’attacco che ha ucciso l’attivista. «La violenza arriva da chi ogni giorno demonizza e ostracizza coloro che la pensano diversamente».
Charlie Kirk (Getty Images)
L’assassinio negli Usa del giovane attivista conservatore mostra che certa cultura progressista, mentre lancia allarmi sulla tenuta della democrazia, è la prima a minarla. E intona il coretto del «se l’è cercata».
Alan Friedman, Cathy Latorre e Stephen King (Ansa)
Per alcuni è colpa delle armi, per altri delle sue posizioni: nessuno menziona l’ideologia dietro il delitto. «Cambiare rotta» senza ipocrisie: foto a testa in giù e scritta «-1». Meloni replica: «Non ci facciamo intimidire». Metsola nega il minuto di silenzio a Strasburgo.