
Diverse rilevazioni, tra le quali quella della prestigiosa Rasmussen, segnalano come la forbice tra il dem e Donald Trump si sia assottigliata a 3-4 punti. E il presidente annuncia: «Accordo con Iran e Corea se vinco».Remuntada in salsa americana? Magari è ancora troppo presto per dirlo. Eppure, dopo mesi di sondaggi inclementi, pare che le cose stiano iniziando a cambiare per Donald Trump. Sono infatti svariate le rilevazioni che evidenziano progressi per il presidente americano. Se a inizio luglio la maggior parte dei sondaggi davano avanti Joe Biden a livello nazionale di 9, 10 e -addirittura- 15 punti, negli ultimi giorni la situazione sembra in via di mutamento. Due rilevazioni, condotte a fine luglio da Emerson e Rasmussen, danno avanti il candidato democratico rispettivamente di 4 e 3 punti. Soltanto 3 punti di vantaggio conferisce all'ex vicepresidente anche un sondaggio di The Hill, effettuato nei primissimi giorni di agosto. La stessa media sondaggistica di Real Clear Politics mostra che i trend si stanno invertendo: se il 26 luglio Biden sopravanzava Trump di quasi 10 punti, al 5 agosto il suo vantaggio si è ridotto a 6. Del resto, è bene fare attenzione soprattutto alle rilevazioni di Rasmussen che fu tra i pochissimi istituti di ricerca a prevedere quasi esattamente il risultato delle presidenziali del 2016. Anche a livello locale si cominciano inoltre a smuovere le acque, con Trump che sta lentamente guadagnando terreno in alcuni Stati chiave come Florida, Wisconsin e Pennsylvania. Un altro dato da sottolineare è poi la capacità che ciascun candidato ha di suscitare entusiasmo nella propria base elettorale: secondo YouGov, il 68% dei sostenitori di Trump si dice «entusiasta» nel votarlo, laddove appena il 40% dei sostenitori di Biden afferma altrettanto sull'ex vicepresidente. Si tratta di un fattore da non sottovalutare: nei giorni precedenti alle presidenziali del 2016, Hillary Clinton era avanti nelle intenzioni di voto, ma Trump era più forte sul fronte dell'entusiasmo. E abbiamo poi visto com'è andata a finire. Indubbiamente va sottolineato che i sondaggi lascino spesso il tempo che trovano e che la strada sia ancora lunga per parlare di un «comeback» (la «riscossa» del candidato dato per spacciato, nel gergo politico americano). Resta tuttavia il fatto che un vantaggio estivo - come quello di Biden - non implichi necessariamente una vittoria a novembre. Basti ricordare quanto accaduto quattro anni fa o nel 2004, durante la sfida tra George W. Bush e John Kerry: Kerry restò avanti nelle rilevazioni per quasi tutta l'estate, salvo poi soccombere a novembre contro Bush, che venne riconfermato.Ma quali potrebbero essere le ragioni di questo cambio di passo? In primis, non dimentichiamo che il mese scorso- Trump ha sostituito il responsabile della propria campagna elettorale, puntando su Bill Stepien, il quale ha optato per alcune mosse specifiche: ha reintrodotto le conferenze stampa dedicate alla pandemia, elaborando in secondo luogo spot elettorali mirati per gli Stati dove si tiene il voto anticipato. Ha inoltre spinto il presidente a fare marcia indietro sulla sua opposizione all'uso delle mascherine, non rinunciando comunque a una linea aggressiva verso i democratici. Dall'altra parte, è anche possibile che i nodi della campagna elettorale di Biden stiano venendo al pettine: il candidato dem ha finora evitato di prendere chiaramente posizione su svariate questioni dirimenti (come l'ordine pubblico) e fatica a tenere unito un partito sempre più spaccato (soprattutto in materia di sanità). Una situazione che difficilmente potrà essere risolta dall'annuncio - previsto a giorni - della candidata alla vicepresidenza. Biden, tra l'altro, continua ad apparire ambiguo e spento, catalizzando voti soprattutto nel nome dell'anti trumpismo. Senza poi trascurare le gaffe e i dubbi sulle condizioni di salute: mercoledì, in un'intervista alla Cbs, ha nervosamente negato di essersi sottoposto a un test cognitivo. E non è un caso che il comitato elettorale di Trump stia cercando di attaccare il candidato dem proprio su questo fronte. In una conferenza stampa tenuta venerdì, il presidente ha frattanto rivendicato i buoni risultati occupazionali di luglio, quando - nonostante i lockdown - sono stati creati 1,8 milioni di posti di lavoro e il tasso di disoccupazione è calato di un punto dal mese precedente. Oltre ad aver detto che la pandemia «sparirà» («it's going to disappear»), Trump ha affermato che, se non verrà trovato presto un accordo con i democratici sui nuovi aiuti economici per il contrasto agli effetti del Covid, sospenderà per decreto l'imposta sui salari. In politica estera, ha promesso un accordo con Iran e Corea del Nord in caso di rielezione. Si è parlato anche del recentissimo rapporto del controspionaggio americano, secondo cui - in questo 2020 - la Russia sarebbe pronta a interferire per danneggiare Biden, mentre Cina e Iran punterebbero su una sconfitta di Trump. «Penso che l'ultima persona che la Russia vuole vedere in carica sia Donald Trump, perché nessuno è stato più duro con la Russia di me», ha dichiarato il presidente, aggiungendo: «Se Joe Biden fosse presidente, la Cina diverrebbe proprietaria del nostro Paese». La partita resta aperta.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






