
In arrivo a stretto giro la revisione del prezzario per la ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma del 2016. L’aumento dovrebbe attestarsi al 20 per cento. Ma non è escluso che la percentuale possa anche essere più elevata. Tutto dipende dall’intesa finale fra tutti i soggetti in gioco per arrivare all’ordinanza del commissario straordinario d’intesa con i governatori di Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche.
Proprio di questo su è discusso ieri nella Cabina di coordinamento costituita dal commissario straordinario, Giovanni Legnini, dai governatori delle regioni interessate, nonché dai rappresentanti dei sindaci e dell’Anci. L’argomento non è del resto di poco conto se si pensa che il valore stimato della ricostruzione, pubblica e privata, è attorno ai 27 miliardi. Una parte del patrimonio edilizio è stato naturalmente già ricostruito.
Ma ancora resta molto da fare. E, con la fiammata inflazionistica e la penuria di materie prime, la macchina si è inceppata. Molti cantieri sono fermi perché non riescono a procurarsi le materie prime e perché il costo dei lavori è improvvisamente lievitato rispetto alle stime iniziali. Di qui la necessità di revisione del prezzario. Sul quantum, Lazio, Umbria e Abruzzo hanno già espresso parere positivo per un ritocco al rialzo del prezzario del 20 per cento.
La Regione Marche starebbe invece ancora facendo le sue verifiche perché teme la quota potrebbe non essere sufficiente a coprire il rincaro dei prezzi. In generale, «l’ordinanza punta a rispondere ai problemi innescati nella ricostruzione pubblica e privata dell’aumento dei prezzi di molti materiali edili con un incremento del contributo per le nuove domande, e consentendo un recupero dei maggiori costi a chi ha redatto i progetti sulla base dei vecchi prezzi e ha già avviato i lavori» si legge in una nota del Commissario straordinario Ricostruzione Sisma 2016.
CANTIERI 2021
La ricostruzione intanto ha fatto passi in avanti. Il 2021 è stato un anno record per la ricostruzione privata con l’approvazione di 5.200 decreti di contributo ed altrettanti cantieri, tanti quanti nei quattro anni precedenti. Secondo quanto riferisce un report del commissario straordinario, la tendenza è confermata nei primi dati del 2022: a gennaio, grazie alla definizione delle domande per i danni lievi presentate in forma semplificata, sono stati approvate altre 900 richieste di contributo, portando il numero totale delle richieste approvate a 13 mila, per un importo di 3,8 miliardi.
«La ricostruzione del centro Italia avanza, grazie alle semplificazioni e a un lavoro corale degli uffici regionali e comunali , che hanno migliorato la loro produttività e grazie all’apporto di professionisti e imprese - ha detto il commissario Legnini -Ma c’è ancora molto da fare».
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.
L’aspettavano tutti al varco Giorgia Meloni, con quella sua prima legge finanziaria da premier. E le pensioni, come sempre, erano uno dei terreni più scivolosi. Il 29 dicembre di quel 2022, quando fu approvata la Manovra per il 2023 e fu evitato quell’esercizio provvisorio che molti commentatori davano per certo, fu deciso di evitare in ogni modo un ritorno alla legge Fornero e fra le varie misure di risparmio si decise un meccanismo di raffreddamento della perequazione automatica degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps. La norma fu impugnata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna e da una ventina di ex appartenenti alle forze dell’ordine per una presunta violazione della Costituzione. Ma ora una sentenza della Consulta, confermando per altro una giurisprudenza che era già abbastanza costante, ha dato ragione al governo e all’Inps, che si era costituita in giudizio insieme all’Avvocatura generale dello Stato, proprio contro le doglianze del giudice contabile. Già, perché in base alle norme vigenti, non è stato necessaria la deliberazione di un collegio giudicante, ma è bastata la decisione del giudice monocratico della Corte dei Conti emiliana, Marco Catalano, esperto in questioni pensionistiche.














