2024-03-17
Sinistra anticensura solo quando tocca a lei
Il direttore di «Repubblica» Maurizio Molinari (Ansa)
Il direttore di «Repubblica» è stato zittito dai collettivi pro Palestina all’Università di Napoli: media d’area giustamente indignati e Sergio Mattarella in soccorso. Però per portuali, medici non allineati o ProVita nessuno da quelle parti aveva mosso un dito.Esistono valori non negoziabili che nessuna causa - per quanto buona o condivisibile possa essere - dovrebbe mettere in discussione. Fra questi ci sono la libertà di pensiero e la libertà di parola, veri fondamenti dell’Occidente oggi troppo spesso minacciati. Condividiamo dunque l’irritazione di quanti hanno deprecato l’azione di alcuni gruppi di studenti pro Palestina che hanno impedito al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, di intervenire a una conferenza programmata all’Università Federico II di Napoli. Chiunque deve poter dire ciò che pensa, e su questo non ci può essere tentennamento. Chiunque deve essere libero di esprimere le proprie idee, sempre, e non c’è obiezione che tenga o motivazione politica che osti.Bene ha fatto il presidente Sergio Mattarella a dichiarare che «con l’università è incompatibile chi pretende di imporre le proprie idee impedendo che possa manifestarle chi la pensa diversamente». Ha ragione pure Riccardo Zucchi, rettore dell’Università di Pisa quando afferma che «impedire a qualcuno di esprimere il proprio pensiero è la negazione dei valori dell’università, anzi della stessa comunità umana» e che «il valore principale è ascoltare l’altro. L’università è una comunità fondata sulla fiducia nella ragione e nello chi spirito critico e sui valori dell’ascolto, della non violenza, della comunicazione razionale» (curiosamente, gli studenti manganellati a Pisa condividevano la causa di coloro che hanno impedito a Molinari di aprire bocca, guarda i ricorsi storici). Dice bene, infine, il direttore di Repubblica quando sostiene che «la migliore risposta a ogni forma di intolleranza è il rispetto per il prossimo».Proprio perché condividiamo quest’ultima affermazione, ci auguriamo di cuore che a Repubblica e più in generale nell’universo culturale della sinistra italiana ne facciano tesoro. Perché a noi risulta che, fino ad oggi, non sia stato esattamente così. Non ci pare, per esser chiari, che i democratici oggi indignatissimi abbiano esercitato la medesima tolleranza che adesso richiedono (giustamente) per sé.Quando ad esempio Benedetto XVI fu bandito dalla Sapienza non risulta che i cari liberal si siano stracciati le vesti per difendere i «valori dell’ascolto». Non ci risulta che lo abbiano fatto quando Daniele Capezzone, all’epoca firma del nostro giornale, fu aggredito in un contesto analogo.Forse ci sbagliamo, ma non ci sembra nemmeno che rettori e illustri accademici si siano fatti avanti sui giornali quando il professor Marco Bassani fu punito dall’Università di Milano per una battuta su Kamala Harris. Non abbiamo letto editoriali sui quotidiani di sinistra per gli attacchi subiti dal professor Spartaco Pupo dopo la pubblicazione di un post social giudicato (stupidamente) sessista. Non ottenne grande solidarietà da parigrado e superiori il professor Francesco Benozzo, fiero avversario a Bologna dei deliri sanitari e criminalmente sospeso dal servizio. Potremmo continuare a lungo con l’elenco di filosofi e accademici (o studenti come i tre della Bocconi sospesi per un paio di battute sui bagni gender neutral) censurati, maltrattati o vilipesi in questi anni per i quali non è stata versata mezza lacrima, forse perché non stavano dal lato «giusto» della Storia.Purtroppo non abbiamo memoria nemmeno di celeri interventi di Mattarella a difesa della libertà di espressione (e non solo di quella, visto che rischiavano il posto e lo stipendio, e alcuni come Stefano Puzzer li hanno persi entrambi) dei portuali di Trieste. Non ci sovvengono sue dichiarazioni di sostegno a ProVita e famiglia quando, durante una manifestazione «contro il patriarcato», qualcuno o qualcuna lanciò un ordigno dentro la sede di Roma. In quel caso, pure in presenza di un atto ben più grave, fu solo silenzio. Ed è silenzio ogni volta che a trovare ostacoli è qualcuno che non rientra nel novero dei presentabili. Quando Eugenia Roccella non riuscì a svolgere serenamente la presentazione del suo libro al Salone di Torino - tanto per citare un altro caso recente - la più parte degli intellettuali progressisti si industriò a spiegare le ragioni della contestazione, e di certo non profuse solidarietà in eccesso.A dirla tutta, talvolta il silenzio da sinistra è addirittura un bel segnale. Perché il più delle volte i sinceri liberali e democratici illuminati sono parte attiva nell’imposizione della mordacchia: invocano cancellazioni, censure e reprimende. Bastonano i pensatori sgraditi, insultano chi non pensa correttamente, deridono gli autori non allineati. Non più tardi di una settimana fa i bravi tolleranti di Repubblica sbattevano in prima pagina in radioso elenco di mostri putiniani, e sorvoliamo per decenza sull’immondizia razzista che hanno pubblicato per anni riguardo ai presunti no vax.A nessuno dovrebbe essere tolta la parola, a prescindere dalle sue convinzioni e dai suoi orientamenti. Anche a Repubblica ora hanno scoperto quanto sia doloroso il bavaglio.
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