2025-10-07
Si tratta su ostaggi, ritiro dell’Idf e disarmo
Sono iniziati ieri i negoziati indiretti tra le parti a Sharm el-Sheikh, con la mediazione di Cairo, Doha e Washington. Per Bibi è imprescindibile la consegna dei rapiti. Discussioni tra l’ala militare e quella politica di Hamas se cedere i fucili d’assalto.La diplomazia per Gaza ha ripreso a muoversi. Ieri, Sharm El-Sheikh ha ospitato i colloqui indiretti tra Israele e Hamas dedicati al piano di pace, presentato da Donald Trump. In particolare, la delegazione dello Stato ebraico è guidata dal ministro per gli Affari strategici di Gerusalemme, Ron Dermer. Il team negoziale del gruppo terrorista è invece capitanato da Khalil Al-Hayya. «I mediatori egiziani e qatarioti stanno lavorando con entrambe le parti per stabilire un meccanismo per lo scambio dei prigionieri», riferiva, sempre ieri, la testata egiziana Al-Qahera News.La Casa Bianca ha inoltre dichiarato che erano presenti anche l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e il genero di Trump, Jared Kushner. Tutto questo, sebbene un diplomatico arabo abbia fatto sapere al Times of Israel che i due, pur trovandosi in Egitto, «si uniranno personalmente ai negoziati solo quando saranno pronti per essere conclusi». D’altronde, l’attenzione da parte della Casa Bianca è massima. «Mi è stato detto che la prima fase dovrebbe essere completata questa settimana e chiedo a tutti di agire velocemente», ha dichiarato, domenica, il presidente americano su Truth, riferendosi all’attuazione del suo piano. «Un funzionario statunitense afferma che l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff e Jared Kushner non lasceranno l’Egitto senza un accordo», ha riportato, ieri sera, il Times of Israel, per poi precisare che Washington si attende un’intesa entro questa settimana. Come che sia, nel momento in cui La Verità andava in stampa, l’incontro di Sharm El-Sheikh non era ancora terminato.Da quanto si poteva apprendere, nei colloqui si è discusso di vari dossier relativi al progetto di pace elaborato dalla Casa Bianca. Benjamin Netanyahu - che ieri ha avuto una telefonata con Vladimir Putin su Gaza, Siria e Iran - ha chiarito domenica che, per Israele, è impellente che venga innanzitutto risolta la questione degli ostaggi: ostaggi che, stando a quanto stabilito dal piano di Trump, Hamas dovrebbe restituire nell’arco di 72 ore. «Finché non verrà rispettata la prima clausola, ovvero il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti, non passeremo ad altre clausole», ha dichiarato il premier israeliano. «Vogliamo procedere molto rapidamente e il presidente vuole che gli ostaggi vengano rilasciati il prima possibile», ha aggiunto, nella serata italiana di ieri, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt: «I team tecnici ne stanno discutendo proprio in questo momento, per garantire che le condizioni siano perfette per il rilascio degli ostaggi».Dall’altra parte, Hamas, che pure ha aperto venerdì al rilascio degli ostaggi, considera prioritaria la questione del proprio disarmo: una delle condizioni, cioè, che Trump, con il suo piano, ha imposto all’organizzazione terroristica palestinese. Secondo il Wall Street Journal, su questo punto il gruppo islamista risulterebbe spaccato al suo interno: l’ala militare vorrebbe infatti mantenere il possesso dei fucili d’assalto. Non solo. Un altro punto su cui non è ancora chiara la posizione di Hamas è quello del suo futuro politico: accetterà o no di abbandonare il potere a Gaza, come auspicato da Trump e da Netanyahu? Non è del resto un caso che, domenica, il presidente americano abbia detto che il gruppo islamista incorrerà in una «distruzione totale» qualora rifiutasse di rinunciare al proprio ruolo politico nella Striscia. Tra l’altro, ieri pomeriggio, mentre i colloqui erano in corso, il Times of Israel riferiva che, secondo fonti egiziane, Hamas esigeva rassicurazioni sul ritiro delle truppe israeliane a seguito dell’eventuale liberazione degli ostaggi.Più in generale, Trump punta molto sul piano di pace per Gaza, perché vuole evitare un deragliamento dei rapporti tra Israele e il mondo arabo. Si tratta di una linea funzionale a rilanciare e, possibilmente, a estendere gli Accordi di Abramo. È anche in questo quadro che la Casa Bianca sta cercando di inserire il tema della ricostruzione della Striscia. Non a caso, nel suo piano Trump ha attribuito un ruolo significativo ai Paesi arabi.Nel frattempo, Bruxelles teme di venir tagliata fuori dal processo di pace in Medio Oriente. Ieri, l’Alto rappresentante europea per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha infatti auspicato che l’Ue faccia parte del Board of Peace: il consiglio che, istituito dal piano di pace della Casa Bianca, dovrà supervisionare il post Hamas nella Striscia. «Riteniamo che l’Europa abbia un ruolo importante e dovremmo essere coinvolti», ha dichiarato la Kallas, per poi aggiungere: «Penso che l’Europa non debba limitarsi a pagare, ma debba anche essere protagonista». «Abbiamo ora la prima fase di questo piano statunitense, e questa prima fase mira a un cessate il fuoco, al rilascio degli ostaggi e anche a quello dei prigionieri palestinesi, alla moderazione del conflitto militare e, soprattutto, a far sì che cibo, acqua, medicine e i beni di prima necessità vengano finalmente consegnati alla popolazione della Striscia di Gaza. Dobbiamo ora realizzare questa prima fase questa settimana, o al più tardi entro l’inizio della prossima», ha affermato, dal canto suo, il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, che ieri ha annunciato di avere in programma di recarsi anche lui in Egitto.
Andrej Babis (Getty Images)
La Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 di Andries Van Eertvelt, dipinto del 1640 (Getty Images)
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'eurodeputato di Fratelli d'Italia in un intervento durante la sessione plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo.