2023-03-18
Se la soluzione di sistema fallisce Credit Suisse andrà a caccia di dollari
Banchieri elvetici freddi sull’ipotesi del salvataggio. La paura è che sotto al tappeto del Cs ci sia altra polvere non ancora emersa. Mentre l’Europa non sa che cosa fare, gli americani pompano liquidità agli istituti in crisi.Il governo svizzero tiene le carte coperte sul soccorso a Credit Suisse dopo la riunione straordinaria di giovedì. Ma il quadrato fatto attorno al colosso elvetico da parte della Banca nazionale svizzera (con il paracadute aperto fino 50 miliardi di franchi) e l’eventuale soluzione «di sistema» che Berna potrebbe invocare chiamando al capezzale le altre big del Paese (a cominciare da Ubs, che però ha già fatto intendere di non voler farsi tirare per la giacca) non basta a tranquillizzare il mercato. Dove anche ieri è andato avanti il riflesso pavloviano degli investitori: sicuramente l’Europa ha gli anticorpi per evitare il contagio sia dalla Svizzera sia dalla California ma nel dubbio, meglio liberarsi dei titoli bancari. Le azioni del Credit Suisse hanno così perso l’8,18% con una fiammata dei credit default swap (i derivati per assicurare i bond emessi sul rischio di fallimento) a oltre i mille punti base. Nel frattempo, i banchieri svizzeri sono assai freddi sull’ipotesi del salvataggio di sistema con Ubs che potrebbe farsi carico principalmente delle gestioni patrimoniali di Credit Suisse, coinvolgendo nello «spezzatino» gli istituti più piccoli come Raiffeisen o la Zurich Cantonal Bank oltre ad altre big europee come Deutsche Bank. Ma la paura è che sotto al tappeto del Credit Suisse ci sia altra polvere non ancora emersa. «Senza una profonda due diligence e garanzie chiare da parte dello Stato svizzero è difficile che una banca estera faccia un passo in avanti», spiega un banchiere sentito ieri dal sito di Milano Finanza. Di certo, a Berna la questione sta diventando anche geopolitica. La Federal Reserve, che mercoledì prossimo deciderà se e di quanto aumentare i tassi di interesse, ha già dichiarato di essere pronta ad affrontare ogni problema di liquidità che potrebbe emergere, mentre in Europa la Bce ha tirato dritto sull’aumento di 50 punti base e per il momento non è chiaro quali sarebbero i paracadute da aprire per evitare il contagio. Gli svizzeri hanno chiesto aiuto agli arabi - ai sauditi, che però non intendono superare l’attuale 9,8% mettendo sul piatto altro denaro, e ai qatarini - ma non sembra essere bastato per rilanciare il Credit Suisse. Se la soluzione di sistema non passerà, gli svizzeri busseranno alla porta degli Usa o dell’Europa? Di certo sarà difficile restare neutrali. Anche perché, secondo le indicazioni di Morningstar, il Credit Suisse ha registrato più di 450 milioni di dollari di deflussi netti da suoi fondi in gestione negli Usa e in Europa tra il 14 e il 15 marzo. Gli oltre 300 fondi europei gestiti dalla banca hanno accusato uscite nette per 205 milioni di dollari il 14 marzo e i deflussi sono saliti il 15 marzo a oltre 211 milioni. Gli oltre 20 fondi Usa hanno registrato a loro volta uscite nette per 20 milioni il 14 marzo e per 29 milioni il giorno successivo. Dagli Stati Uniti, tra l’altro, è rimbalzata la notizia - riportata dall’agenzia Reuters - secondo cui il Credit Suisse è stato citato in giudizio da azionisti statunitensi. L’accusa rivolta dai soci alla banca svizzera è di avere nascosto le difficoltà, sia in materia di deflussi, sia delle debolezze nei controlli interni sulla rendicontazione finanziaria. Intanto in Piazza Affari il Ftse Mib ha lasciato su terreno un altro 1,64% per cento. Performance che porta a -6,5% il bilancio di una settimana nera. Giù anche Parigi (-1,4%), Francoforte (-1,3%), Zurigo (-1%) e Londra (-1%). E giù, di nuovo, tutte i principali titoli del credito. Bisogna ricordare anche che le banche dell’Eurozona rimborseranno alla Bce altri 87,7 miliardi di euro di prestiti agevolati Tltro, portando a circa 900 miliardi l’ammontare complessivo restituito a partire dallo scorso novembre, quando le condizioni dei finanziamenti sono state rese meno convenienti allo scopo di allineare lo strumento alle politiche di contrasto all’inflazione. Il nuovo round di rimborsi verrà eseguito il 29 marzo.Le stesse reazioni pavloviane registrate nel Vecchio Continente si sono viste a Wall Street dove ieri è affondata la First Republic bank, altra banca californiana, che all’avvio degli scambi stava già cedendo il 20% nonostante gli aiuti per 30 miliardi di dollari concessi dalle 11 maggiore banche americane nel tentativo di disinnescare il panico sul mercato. La tensione nel settore interbancario resta palpabile, con un record di 165 miliardi di dollari di prestiti che le banche Usa hanno chiesto alla Fed negli ultimi giorni. Sempre ieri Svb financial group, la controllante di Silicon Valley bank, ha presentato istanza di protezione fallimentare ai sensi del Chapter 11, avviando la più grande dichiarazione di fallimento derivante dal collasso di una banca dal 2008. La richiesta è stata presentata al tribunale fallimentare di New York e non riguarda Silicon Valley bank, principale business di Svb Financial, che è stata infatti rilevata dalle autorità federali. La procedura fallimentare aiuterà la controllante a trovare nuovi proprietari per le altre linee di business che non sono appunto sotto il controllo delle autorità federali.
Jose Mourinho (Getty Images)