Sayonara non vuole guerre ma rispetto delle regole

In nome, per conto e nell'interesse di Vincenzo Di Giacomo, legale rappresentante di Sayonara srl, vi comunico quanto segue.

In data 21 agosto 2020 è stato pubblicato su La Verità l'articolo avente titolo «"Quei migranti sono miei": è guerra tra coop» di Patrizio Canestri. Nel detto articolo viene ampiamente richiamata la nota, inviata dalla Sayonara srl alla Prefettura di Isernia e finalizzata a ottenere chiarimenti circa le modalità di affidamento dei richiedenti asilo, giunti a Isernia nel mese di agosto e sistemati presso la coop. Il Geco

Il titolo dell'articolo, però, ha portata tale da ledere l'onorabilità della ditta da me rappresentata. Le ditte citate nell'articolo (la coop. Il Geco e la Sayonara srl) svolgono servizio di accoglienza richiedenti asilo nel pieno rispetto della normativa vigente e dopo aver partecipato a pubbliche gare, svolte in totale correttezza. In particolare la ditta Sayonara srl svolge tale servizio dal 2015 ed ha sempre improntato la propria attività al miglior trattamento degli ospiti della propria struttura, provvedendo a fornire loro ogni strumento di supporto e di integrazione, volto a consentire il pieno inserimento nel rispetto delle leggi vigenti. Di conseguenza il titolo dell'articolo, contenete il virgolettato «quei migranti sono miei... », tende a rendere l'idea di uno sfruttamento dell'attività di accoglienza, ridotto alle mere finalità economiche, che nulla ha a che vedere con l'attività della mia assistita.

Anche la parte iniziale dell'articolo, contenente la frase «anche in tempo di Covid-19 e di rischio contagio, l'arrivo di migranti continua ad essere argomento di business», pone la mia assistita in luce negativa.L'attività della mia assistita non può essere ridotta a finalità meramente economiche e, i richiedenti asilo, non possono essere considerati «proprietà» di una struttura, da sfruttare ai fini di lucro, come il titolo del detto articolo lascia purtroppo intendere. La Sayonara srl, in buona sostanza, si è limitata a chiedere il rispetto di una graduatoria derivante da una gara a evidenza pubblica e non ha partecipato ad alcuna «guerra» con altro gestore di Centri di accoglienza.

La discriminazione al contrario: «Qui si affitta solo a donne e gay»
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L’annuncio per un’abitazione a Roma. La padrona di casa: «Non dovete polemizzare».

La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».

Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.

«Sono troppo maschilisti»: via gli orinatoi
In Svizzera vengono tolti i «pissoir». L’obiettivo dei progressisti è quello di creare dei bagni gender free nelle scuole pubbliche. Nella provincia autonoma di Bolzano, pubblicato un vademecum inclusivo: non si potrà più dire cuoco, ma solamente chef.

La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.

Minorenni stranieri aggrediscono autista: «A Tunisi ti avremmo tagliato la testa»
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».

Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.

Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.

Con la vittoria dell’icona Mamdani la sinistra rimarrà una minoranza
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.

Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.

Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.

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