
Silenzio del «bel mondo» intellettuale e culturale, che invece scende in piazza per abolire i decreti sicurezza e riaprire i porti.Dice di essere «pieno di rimorsi e sovrastato dalla dimensione presa dall'evento». Sostiene che la confessione sia stata «una liberazione». Adesso ovviamente cercheranno in qualche modo di giustificarlo. Già ieri la notizia dell'ammissione di colpa è stata accompagnata da commoventi notazioni: pare che il povero immigrato ruandese con una vaga propensione alla piromania fosse molto contrariato, perché aveva problemi a rinnovare il permesso di soggiorno. Emmanuel, 39 anni, rifugiato da alcuni anni in terra francese, era volontario alla cattedrale di Nantes. Aiutava a servire messa, chiudeva i portoni la sera. Lo ha fatto anche il 18 luglio, giorno in cui lo storico edificio ha preso fuoco. Il migrante è stato da subito in cima alla lista dei sospettati. E infatti, dopo una decina di giorni, ha ammesso davanti al giudice istruttore - come ha confermato il procuratore di Nantes, Pierre Sennès - «di aver acceso i tre inneschi nella cattedrale, vicino al grande organo, al piccolo organo e a un contatore dell'elettricità». Meraviglie dell'immigrazione: lo straniero che è stato accolto e aiutato si irrita perché non gli rinnovano alla veloce i documenti, così decide di dare alle fiamme una cattedrale che ha richiesto quasi mezzo millennio di lavoro per essere costruita, un capolavoro del gotico riconosciuto come monumento storico già negli anni Sessanta dell'Ottocento.Non c'è nemmeno bisogno di spiegare quanto (e perché) sia emblematica l'immagine dell'immigrato incendiario: è un quadro che perfettamente ritrae lo stato attuale della cultura europea in via di disfacimento. Pensate forse che qualche (sedicente) intellettuale dei nostri paraggi esprimerà indignazione per questa orrenda vicenda francese? Macché: i vippetti della cultura di casa nostra mica si preoccupano della storia e dell'anima occidentale. Al contrario, si preoccupano dei poveri migranti. I monumenti, al massimo, amerebbero distruggerli per sentirsi un po' americani, ridicoli imitatori di Black lives matter.Oggi, ad esempio - come fa sapere Repubblica - la scrittrice Valeria Parrella sarà in piazza San Silvestro a Roma, alle 18, per una manifestazione chiamata «I sommersi e i salvati» (#isommersieisalvati). «Con lei tra i firmatari uomini e donne di cultura, attori, come Ascanio Celestini e Fabrizio Gifuni, intellettuali e politici tra cui Luigi Manconi, Sandro Veronesi, Emma Bonino, Matteo Orfini, Riccardo Magi, Roberto Saviano e Michela Murgia. Associazioni come A buon diritto, Sea watch, Medici senza frontiere». Chiaro, no? I nostri fini pensatori tornano di nuovo in piazza per chiedere di togliere finanziamenti alla Guardia costiera libica, di cancellare i decreti sicurezza, di ripristinare gli Sprar e di promuovere i corridoi umanitari. Posto che i corridoi esistono già e lo Sprar ha semplicemente cambiato nome, il succo è che agli acculturati nostrani non sta bene nemmeno la gestione di marca Pd del caos migratorio. Vorrebbero frontiere ancora più spalancate, ingressi ancora più facili. Chiaramente si disinteressano completamente del fatto che i centri di accoglienza di Lampedusa, della Sicilia e di altre regioni siano al collasso. Se ne fregano del rischio Covid alimentato dagli stranieri che fuggono dalle strutture in cui dovrebbero fare la quarantena. Se ne sbattono pure dei costi mostruosi che ha per una nazione già provata l'aumento della spesa per l'ospitalità dei nuovi clandestini. Loro vanno in piazza per far vedere di esser buoni, per fingere di fare la fronda al governo attuale su questioni di grande rilevanza morale. Nel frattempo, gli sbarchi proseguono imperterriti, le Ong continuano a segnalare barconi alla deriva e il bel circo dell'invasione funziona a pieno ritmo. Questa, in fondo, è la bella Europa che bramano gli stimati uomini e donne di pensiero: quella in cui una cattedrale può bruciare per un permesso di soggiorno negato. Quella in cui, giusto per rimanere nell'ambito della citazione di Primo Levi, l'importante è illudersi di salvare vite in mare mentre tutto il resto può essere tranquillamente sommerso.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






