2019-05-03
Rivolta della Caritas contro Salvini per riavere 35 euro a immigrato
Da Vittorio Veneto a Gaeta i responsabili dell'associazione disertano i bandi delle prefetture e attaccano il decreto sicurezza. Dietro le belle parole, però, c'è la vera motivazione: la riduzione dei fondi pubblici. Alla Caritas di Teggiano-Policastro, provincia di Salerno, sono furibondi: «Se la scelta del ministro Matteo Salvini è di abbassare la cifra e di tagliare i servizi di integrazione, la nostra decisione è di non partecipare», tuona il direttore don Martino De Pasquale. Anche a Lecce sono arrabbiatissimi: «Non ci ridurremo a fare gli albergatori», dice don Attilio Mesagne. Don Carmine Schiavone, responsabile di Aversa, mette il muso: «Già dall'anno scorso abbiamo chiuso e non abbiamo più aderito. Ora ci occupiamo solo dei corridoi umanitari e dei senza fissa dimora». Carlo Mazzotta, a nome dell'associazione Vento nuovo della Caritas di Lecce, si sfoga con Avvenire: «Non abbiamo partecipato al nuovo bando perché non ci sembrava che le condizioni potessero permettere i minimi requisiti di umanità». Don Fabio Fornera, vicario episcopale per la pastorale di Como, grida che «proseguire come prima nell'accoglienza, alle nuove condizioni, è impraticabile». Possiamo fare il giro d'Italia, ma i comunicati sono tutti uguali. Da Treviso e Vittorio Veneto fino a Gaeta, le varie realtà territoriali da alcuni giorni si danno molto da fare per contestare pubblicamente il decreto sicurezza. I sacerdoti responsabili delle sedi sparse per l'Italia si rifiutano di partecipare ai bandi per l'accoglienza presentati dalle prefetture, e lanciano tuoni e fulmini all'indirizzo di Matteo Salvini. La versione ufficiale è che, con la nuova norma, vengono a mancare risorse e non si possono più garantire ai migranti le migliori condizioni di accoglienza. Tocca tagliare, dicono dalla Caritas, sui corsi d'italiano o sull'assistenza psicologica, tutti elementi fondamentali al fine di garantire l'integrazione degli stranieri. Solo che l'integrazione non c'è mai stata, e i corsi e le attività nei centri - quando sono stati gestiti seriamente - sono serviti davvero a poco, se non ad alimentare il business. Monsignor Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto e presidente della Caritas italiana, ha spiegato al Corriere della Sera le ragioni della mancata partecipazione alle gare. «È una scelta che coinvolge le Caritas di tutta Italia», ha detto, «ed è indotta dalla nuova normativa, che ha avuto due effetti: ha ridotto all'osso le risorse per l'accoglienza e ne ha ristretto le maglie, imponendo criteri più stringenti. Il decreto sicurezza ha creato difficoltà a tutti gli enti impegnati in questo servizio, non solo alla Caritas». L'effetto a cui fare attenzione è soprattutto il primo: le risorse ridotte. Dai famosi 35 euro al giorno, infatti, si è passati a 19/ 23 euro a migrante. Significa che lo Stato italiano spende meno, ma pure che, per i professionisti dell'accoglienza, diminuiscono gli introiti. E questo alla Caritas proprio non va giù. Nei giorni scorsi, Salvini ha preso di punta i sacerdoti protestatari: «La mangiatoia è finita, chi speculava con margini altissimi per fare “integrazione", spesso con scarsi risultati, dovrà cambiare mestiere», ha detto. E ieri, dalle colonne del Corriere della Sera, monsignor Pizziolo ha risposto piccato: «Non vale la pena di raccogliere le provocazioni», ha sbuffato. E poi l'affondo: «Ricordo che la Caritas ha svolto un ruolo di supplenza nella gestione di un problema dello Stato. Per anni i prefetti ci hanno supplicato di aiutarli, accogliendo migliaia di profughi. Ora questa supplenza non la facciamo più, perché non vogliamo essere strumentalizzati da chi poi agisce e parla nei modi citati».Vero: la Caritas ha operato laddove lo Stato non c'era. Ma lo stesso si può dire delle Ong che hanno fatto da taxi del mare. E proprio questo è stato il problema: lo Stato si è limitato a sborsare soldi, e le varie associazioni hanno incassato, trasformando l'accoglienza in una bella mangiatoia, anche quando tutto si è svolto nella legalità. Questo giornale, del resto, ha raccontato nel dettaglio - nei mesi scorsi - come e quanto la Caritas abbia beneficiato di Profugopoli. Ora dovranno ridurre i servizi e basarsi di più sul volontariato? Non c'è nulla di male, anzi. Dopo tutto, la carità è questa. Come recita il testo sacro, la carità «non cerca il suo interesse», né tantomeno quello delle cooperative. Finché il giro d'affari sull'invasione resterà in piedi, sarà molto difficile ascoltare i sermoni sull'accoglienza senza pensar male. Giusto ieri, papa Francesco, all'Accademia delle Scienze sociali, è tornato a esprimersi sull'argomento: «La Chiesa osserva con preoccupazione il riemergere, ovunque nel mondo, di correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati, come pure quel crescente nazionalismo che tralascia il bene comune», ha detto. «Tutte le nazioni sono frutto dell'integrazione di ondate successive di persone o di gruppi di migranti e tendono ad essere immagini della diversità dell'umanità pur unite da valori comuni». Poi ha aggiunto: «Il modo in cui una nazione accoglie i migranti rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l'umanità». Ecco: se una nazione accoglie per soldi, significa che della dignità umana non ha molto considerazione. Se poi ad accogliere per interesse è la Chiesa, beh, il quadro è ancora peggiore.