2021-09-18
Le Regioni fanno saltare il Recovery. Silurate le rinnovabili di Cingolani
Il Lazio blocca per otto mesi i nuovi impianti eolici e fotovoltaici. La Calabria ha messo paletti da tempo e altri seguiranno. L'obiettivo di 70 gigawatt in nove anni diventa irraggiungibile. E i fondi esteri scappano.«Cambieranno i trasporti, l'industria manifatturiera, la produzione energetica, il modo di fare turismo. Sarà una rivoluzione». Lo scorso 21 luglio il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, spiegava così a Famiglia Cristiana la «trasformazione epocale che attende il nostro Paese, grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)». In tutto 235 miliardi di euro di investimenti, di cui 70 dedicati al «verde». Il problema è che la realtà sta già prendendo il sopravvento sulla rivoluzione annunciata. Con il risultato che non solo si allontanano gli obiettivi prefissati dal piano e dalla road map sulla transizione ecologica, ma anche gli investimenti italiani e stranieri sul territorio. Vediamo perché. Nel Lazio lo scorso 13 agosto è stata pubblicata una legge regionale (la lr 14/2021) che ha bloccato il rilascio delle autorizzazioni e delle costruzioni di impianti eolici e fotovoltaici per otto mesi. Perché? La motivazione formale è quella di cercare il miglior bilanciamento delle fonti rinnovabili sul territorio. Di fatto, viene bloccato in modo indiscriminato il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti eolici; se ci sono procedure in corso sono quindi stoppate fino al 13 aprile 2022, e viene bloccata anche la possibilità di costruire impianti fotovoltaici superiori a 20 kw (ovvero poco più di un impianto domestico). Per l'eolico quindi le autorizzazioni sono congelate per otto mesi. Per il fotovoltaico sembra che ancora possano essere rilasciate ma viene bloccata la costruzione. «Nella norma manca un regime transitorio, non si capisce cosa succede a chi ha costruzioni in corso. Né è chiaro se per il fotovoltaico si applica anche alle autorizzazioni che verranno rilasciate a breve o solo a quelle già rilasciate. Parliamo di investimenti di centinaia di milioni di euro», spiega alla Verità l'avvocato Domenico Segreti, socio di RaffaelliSegreti studio legale, specializzato nell'energy. Lo studio assiste diversi clienti, tra cui molti fondi stranieri, che investono nell'eolico e nel solare. C'è infatti una grande richiesta di costruire nuovi impianti di energia da parte di multiutilities italiane, da gruppi industriali che diversificano scommettendo sul green e appunto da operatori stranieri che guardano con interesse a un Paese come il nostro, baciato dal sole e con zone molte ventilate. «La gestione degli iter autorizzativi, che durano diversi anni a fronte di una durata legislativa che è al massimo di 180 giorni, sta diventando un ostacolo da superare per fare investimenti. Il recente decreto Semplificazione bis in attuazione del Pnrr non è inoltre stato di portata tale da dare una concreta accelerazione al mercato», aggiunge Segreti. La legge del Lazio si pone in aperto contrasto con il Pnrr che si prefigge, tra gli altri, l'obiettivo di agevolare il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Presenta anche profili di incostituzionalità e di contrasto con i principi europei per il blocco indiscriminato degli impianti e può recare anche gravi pregiudizi economici agli operatori che hanno già ottenuto le autorizzazioni e si vedono oggi bloccata la costruzione delle strutture. La mossa del Lazio potrebbe inoltre essere seguita da altre Regioni rendendo poi necessario l'intervento della Corte costituzionale. Con il rischio di mandare all'aria gli obiettivi del Pnrr. Dobbiamo installare 70 gigawatt di rinnovabili in nove anni, entro il 2030. Finora ne installavamo 0,9 all'anno, dobbiamo arrivare a 8. Il primo anno siamo arrivati a 800 megawatt, quasi un gigawatt, con questo ritmo dovremo farcela per il 2090. «Nell'ottica di un investitore estero quello che preoccupa è la contrapposizione tra gli impegni assunti dal governo in termini di Green deal e l'atteggiamento dei soggetti delegati poi a realizzarlo e a dare le autorizzazioni. È vero che con il decreto Semplificazioni hanno coinvolto il ministero della Transizione ecologica ma così si rischia di creare comunque un collo di bottiglia al Mite», commenta Alessandro Migliorini, country manager per l'Italia di European energy, azienda danese impegnata nella produzione di energia pulita a sostegno dell'azione contro il cambiamento climatico, che ha collegato alla rete il più grande parco fotovoltaico italiano in Puglia. In Italia la materia dell'energia è normata secondo la cosiddetta «competenza concorrente», ovvero lo Stato detta le linee guida e le Regioni quelle attuative e di dettaglio. Il problema è che in ogni regione ci sono regole diverse, ci sono le pressioni dei piccoli «feudi» provinciali, e una singola amministrazione può introdurre limitazioni che rischiano di creare conflitti e di essere impugnate dallo Stato. Il Molise, ad esempio, ha già ricevuto una pronuncia di incostituzionalità del piano regionale perché limitava il numero di megawatt sul proprio territorio. La Calabria ha una moratoria da molto tempo, se si vogliono fare progetti si può usare solo il 10% delle aree agricole. Fortunatamente ci sono anche delle Regioni che si muovono in controtendenza rispetto al Lazio: «Siamo in fase autorizzativa per la realizzazione di altri impianti di rilevanti dimensioni in altre regioni italiane che sono virtuose, tra cui la Sicilia», aggiunge Migliorini. Il problema però resta. I pagamenti del Pnrr sono frazionati e sottoposti a verifiche periodiche, la prima sul Green deal sarà a settembre 2023. Se teniamo questo ritmo rischiamo di beccarci una sanzione per infrazione, e la multa chi la paga? Le Regioni si assumeranno questa responsabilità o alla fine pagherà lo Stato facendo poi ricadere i costi in bolletta e dunque sulle tasche del contribuente? Vedremo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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