2022-06-05
Rai, partiti contro Fuortes per colpire Draghi
Al cda di mercoledì l’ad rischia grosso (ha due voti su sette) dopo la defenestrazione di Mario Orfeo, gradito ai dem.Venne per suonare e fu suonato. Il rischio di Carlo Fuortes, nome da hidalgo castigliano dall’indomito incedere e dal precario destino, è lo stesso dei famosi pifferi di montagna. Dopo la defenestrazione di Mario Orfeo, l’amministratore delegato della Rai percorre i corridoi di viale Mazzini deserti per il weekend lungo e si ritrova solo. Come avevamo annunciato, la rivolta dei partiti (soprattutto del Pd lettiano che ha considerato l’operazione una pugnalata) comincia a fare effetto e la gastrite politica contro lo scacco matto nei confronti dell’ex direttore degli Approfondimenti potrebbe risultare letale per lo stesso Fuortes.Il giorno del giudizio sarà mercoledì, quando i sette membri del consiglio d’amministrazione verranno chiamati a votare le tre proposte: Orfeo di ritorno al Tg3 (ruolo importante ma decisamente più defilato rispetto al controllo trasversale di tutti i talk), Antonio Di Bella al suo posto provenendo dalla direzione dell’Intrattenimento. E Simona Sala oggi sulla tolda di tele Kabul ma da giovedì traslocata alla supervisione di Mara Venier e Alberto Matano. Un domino che l’ad ha innescato con la benedizione di Palazzo Chigi (il capo di gabinetto Antonio Funiciello e il consigliere Francesco Giavazzi erano a conoscenza di tutto) ma che per vari motivi non piace a nessuno. La consigliera piddina Francesca Bria è allineata con il Nazareno, sponsor di Orfeo, quindi pronta a votare contro. Simona Agnes (Forza Italia) è sulla stessa linea; il siluro non è piaciuto ai berlusconiani, a tal punto che il presidente della Commissione di Vigilanza, Alberto Barachini, ha subito chiesto «l’audizione di Fuortes per comprendere modalità e motivi». Il consigliere Igor De Biasio (Lega) rappresenta un partito molto perplesso dal ruolo che andrà a ricoprire la Sala, giornalista orgogliosamente di sinistra in arrivo dal Tg3 al nevralgico settore dell’Intrattenimento, fondamentale per costruire il consenso popolare. Quindi niet. Riccardo Laganà, rappresentante dei dipendenti, risulta irritato perché il cda non è mai stato coinvolto nella decisione. Negli umori del corpaccione Rai conta molto il sindacato; sempre pronto a emettere comunicati su tutto, l’Usigrai finora non ha proferito verbo. Segnale negativo per Fuortes. Infine c’è Alessandro Di Majo (Movimento 5 stelle) in mezzo al guado: se da una parte Beppe Grillo ha sempre additato Orfeo come il diavolo, dall’altra è possibile che Giuseppe Conte non si faccia scappare l’occasione di sgambettare Draghi per procura.Quattro voti contro, un grillino astenuto e solo due voti a favore: quello del Fuortes medesimo e (per pura cortesia) quello della presidente Simonetta Soldi, chiusa in un mutismo impenetrabile ma pronta - come una riserva della Repubblica - a prendere il posto dell’ad per otto mesi, sino a fine legislatura, se quest’ultimo dovesse essere sfiduciato. Uno scenario balcanico che diventa metafora del Parlamento, un duello reale fra Palazzo Chigi e il Nazareno, che per presunta elezione divina ha la golden share sulle decisioni nel servizio pubblico. Se alle Camere nessuno ha il coraggio di sfiduciare Draghi nonostante i diffusi malumori, non è escluso che nel Metaverso televisivo i partiti si allenino al blitz con il suo proconsole a viale Mazzini.Nei giorni del caos tutti sparano sulla Rai. Anche un superconsulente esterno come Paolo Mieli (Rai3 e RaiStoria), che a Radio24 non ha mancato di seppellire sotto grasse risate i movimenti in atto, paragonando Orfeo al patriarca Kirill e il Pd a Viktor Orbán per il decisionismo sotterraneo con cui tende a sabotare ogni decisione non condivisa. «Sulle nomine il Pd non è mai distratto, quella è una partita che il Pd gioca meglio di Lenin». L’ex direttore del Corriere della Sera ha anche fatto notare lo strano destino delle donne, in questo caso utilizzate da tappabuchi. Sarà interessante sapere se scatteranno provvedimenti disciplinari e tuoni sindacali anche contro di lui.Le polemiche di questi giorni non hanno aiutato il fegato di Fuortes, che si è reso conto di rischiare la poltrona, quindi di passare da «Napoleone» (soprannome dopo i proclami di un anno fa) direttamente a un altro nomignolo: «Waterloo». Lui ha detto al Foglio: «Basta con i feudi, sul futuro mi sento saldissimo». All’ad non è piaciuta per niente la fotografia scattata ai giardinetti Rai e apparsa su Prima online dopo la nota rimozione, con Orfeo circondato da pseudo apostoli solidarizzanti come Marcello Ciannamea (direttore dei palinsesti), Stefano Coletta (direttore Prime Time), Felice Ventura (capo del personale) e Marco Brancadoro (direttore finanziario). Per Fuortes sarebbe la conferma dell’esistenza di un contropotere tutto da verificare, ma voci da dentro prefigurano scenari con altre teste rotolanti a breve. Una curiosità: Ciannamea stava uscendo dalla sede per faccende private e si sarebbe trovato lì per caso. Ma tutto questo è già passato, mentre incombono le forche caudine del cda più metaforico della storia recente, che dovrà dirci se - almeno dentro la Rai - Draghi comanda oppure fa ammuina.