2024-01-11
Quadro rubato, Sgarbi si difende (e non ha intenzione di dimettersi)
Il critico spiega alla «Verità» perché la sua tela non può essere quella trafugata.Davanti all’immagine è un libro pubblicato nel 1989 da Vittorio Sgarbi, rovesciando il titolo di un saggio di due anni prima del suo ammirato «nemico» Federico Zeri, Dietro l’immagine. Ed è proprio a porsi davanti all’immagine che Sgarbi invita idealmente chi voglia districare la vicenda de La cattura di San Pietro, il dipinto da lui attribuito al caravaggista senese Rutilio Manetti del quale a Vittorio viene contestato di essersi dapprima appropriato illecitamente e di averlo poi fatto modificare al fine di farlo passare per una tela differente da quella rubata da ignoti nel febbraio del 2013 in un castello di Buriasco, nei pressi di Torino. L’immagine di fronte a cui ci si deve soffermare, però, non è una riproduzione fotografica come quelle che sono state mostrate nell’ultimo mese sui giornali e in tv, bensì il dipinto originale nella sua fisicità, ossia - stando a quanto Vittorio afferma - quello in possesso proprio di Sgarbi e che lui sostiene di avere rinvenuto, non ricorda più se nel 2004 o nel 2005, a Villa Maidalchina, nel Viterbese, frequentata tra l’altro da Giovanni Battista Pamphilj, papa Innocenzo X (1574-1655), che era cognato di Olimpia Maidalchini (nel testo della denuncia, la tela rubata nel 2013 viene in effetti descritta come «riproduzione dell’originale che si trova in Vaticano»). È precisamente questo ciò che Sgarbi intende consentire all’autorità giudiziaria: porsi dinnanzi alla sua tela, non idealmente ma concretamente, affinché vengano svolti gli esami e le verifiche del caso. Sgarbi, che nel frattempo ha anche affidato un’analisi del dipinto di Manetti alla più importante azienda italiana specializzata in diagnosi di opere d’arte (la fiorentina Editech di Maurizio Seracini), è persuaso che in tal modo si potrà appurare che la tela di sua proprietà - peraltro notevolmente più piccola (oltre 30 centimetri) di quella di Buriasco - non è la stessa che è stata rubata e che, al di là dei normali restauri, essa non ha subito alcuna alterazione. Questo è quanto ci ha riferito telefonicamente, ieri, dopo avere letto il nostro articolo apparso sulla Verità, aggiungendo informazioni e precisazioni di cui di seguito diamo conto.Innanzitutto, sostiene, vi sono opere di Manetti (il cui valore sul mercato - basta controllare sul web - è molto più basso di quello riferito a Report dallo storico Alessandro Bagnoli) di cui esistono più versioni: un caso è quello del Sansone e Dalila, un esemplare del quale si trova alla Walpole Gallery di Londra e un secondo, identico, al Museo Nacional de San Carlos di Città del Messico (Sgarbi è tuttavia propenso a credere che La cattura di San Pietro che lui vide a Buriasco, in un punto del castello e all’interno di una cornice diversi rispetto a quelli da cui la tela fu poi trafugata, sia una copia forse ottocentesca). In secondo luogo, a dispetto di quanto è stato da taluni affermato, la presenza di fiaccole e candele quali fonti di luce artificiali è una costante della produzione di Manetti: si vedano, tra gli altri, La decapitazione di San Giovanni Battista e Suonatori e giocatori di carte. E proprio a proposito della presenza della candela ne La cattura di San Pietro, Sgarbi afferma che essa è stata fatta riemergere da un secondo restauratore, artefice di un intervento migliore e più approfondito di quello realizzato a Brescia da Gianfranco Mingardi, limitatosi (lo riporta una sua nota spese che Sgarbi ci ha mostrato) a «prima pulitura, inserti tela e velinatura». Quanto, infine, al sospetto che nella mostra lucchese del 2021 I pittori della Luce Sgarbi abbia esposto una copia (prodotta dal laboratorio G-Lab di Correggio) de La cattura di San Pietro, il sottosegretario obietta sia che nessun visitatore, compresi eminenti esperti, ha avuto dubbi sull’originalità del dipinto, sia che l’operazione non avrebbe avuto di per sé senso alcuno.Alla luce - è il caso di dirlo - di tutto ciò, questa storia piena di punti interrogativi regala almeno una certezza: di dimettersi da sottosegretario Vittorio Sgarbi non ha per il momento nessuna intenzione.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)