2022-02-26
Prime missioni dei caccia italiani in Romania
Gli Eurofighter 2000 scortano aerei da ricognizione e droni decollati dalla base Nato di Costanza, la più vicina all’Ucraina. L’Alleanza atlantica si prepara all’allargamento del conflitto. Voci sullo stop all’estrazione di gas e petrolio nel Mar Nero.La guerra in questo momento si sta combattendo in Ucraina. Al confine gli Alleati si stanno preparando a un eventuale allargamento del conflitto e lo fanno nella base Nato più ad Oriente, quella di Costanza in Romania, la più vicina all’Ucraina. In questa base si trova l’aeroporto internazionale Mihail Kogălniceanu. Adesso è interdetto al traffico civile ed è in mano ai militari. Dalla lunghissima pista decollano aerei in ogni momento: dai ricognitori ai caccia, dai droni ai cargo. Tutto è off-limits. Controlli su controlli. Vietato fotografare, filmare e soprattutto sostare nei pressi dell’area diventata ormai operativa al 100%.La tensione è palpabile. Si annusa insieme al kerosene e alla benzina che fuoriescono bruciate dai potenti motori degli aerei ed elicotteri che ormai sono padroni della zona. Costanza è una città meravigliosa. Si affaccia sul Mar Nero e il delta del Danubio segna il confine con l’Ucraina. La gente è preoccupata, ma non ancora spaventata. A poco più di 300 chilometri di distanza cadono le bombe e fischiano i missili. Il Mar Nero è un luogo strategico per navi e sommergibili. In missione in Romania ci sono anche i nostri Eurofighter 2000 della task force Air black storm. Si occupano di monitorare e proteggere gli aerei che escono in ricognizione e i droni che sorvolano i confini. Hanno già portato a termine uno scramble nello spazio aereo romeno. Lo scramble è il termine tecnico usato per indicare la richiesta di un decollo rapido. Due caccia intercettori italiani sono entrati in azione dopo che dalla base era stato dato l’allarme per un potenziale rischio di ingresso non autorizzato di traffico aereo nella regione di competenza degli enti del controllo rumeno Fir (Flight information region). Ai velivoli italiani è stato assegnato il compito di effettuare una «cap» (Combat air patrol) all’interno dello spazio aereo romeno per monitorare il traffico prima di rientrare. La task force Air black storm è rischierata presso l’aeroporto Kogălniceanu insieme con quelle tedesca, inglese, francese e statunitense. Costanza e la Romania sono strategici dal punto di vista militare. Come detto sono l’ultima porta ad Oriente della Nato. Non solo. A circa sessanta chilometri dalla base c’è un obiettivo non militare, ma delicatissimo. Parliamo della centrale elettronucleare di Cernavodă, situata presso l’omonima città, nel distretto di Costanza. Un obiettivo sensibile segnato su tutte le mappe. Dal 9 al 16 febbraio scorso, con un picco il giorno 10, Usa, Nato e partner come Ucraina e Svezia avevano effettuato decine di missioni di intelligence, anche con l’utilizzo di un jet di origine civile, un Bombardier challenger 650 soprannominato Artemis, dotato di particolari sensori e appartenente a Leidos, un operatore aeronautico appaltatore della Difesa Usa. Artemis è l’acronimo di Airborne reconnaissance and target exploitation multi-mission system e ha condotto operazioni nell’Europa orientale facendo registrare 14 sortite nei cieli di confine tra il primo e il 21 febbraio. Altro fattore importante le comunicazioni. Tutto viene monitorato, intercettato, bloccato o deviato. È in corso un’operazione di intelligence senza precedenti dalla fine della guerra fredda. In alcune zone vicini ai luoghi ritenuti sensibili non c’è apparecchiatura elettronica in grado di funzionare. Dall’aeroporto ci siamo spostati al porto. Pescherecci e barche ormeggiate. Sul mare, tanto ambito dai russi e punto strategico della Via della seta potrebbe iniziare un conflitto in qualsiasi momento.Al largo delle coste ucraine e romene sono decine le piattaforme petrolifere che estraggono gas e petrolio. Sembrerebbe che, notizia non confermata, che anche le estrazioni dei prodotti petroliferi siano state interrotte per motivi di sicurezza. La guerra di Kiev è tutt’altro che lontana da noi. Ieri mattina abbiamo percorso l’autostrada che collega Bucarest con Costanza. Poco traffico, qualche colonna militare composta per lo più da autobus civili con soldati dentro.Quello che ci ha colpito era vedere i tubi del gasdotto. Quegli immensi tubi che partono dall’Ucraina e dal Mar Nero e che percorrono centinaia di chilometri per raggiungere anche l’Italia.Prima del 2014, la Nato non aveva una presenza armata sul fronte orientale lato Mar Nero, dove la Russia ha deciso con la forza di ottenere uno sbocco. A cambiare il quadro, quell’anno, fu l’annessione russa della Crimea. La svolta arrivò con il summit di Varsavia nel luglio 2016, quando fu decisa la costituzione di quattro gruppi tattici in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Sono queste formazioni, divenute pienamente operative nel 2017, i contingenti Nato già pronti al combattimento in caso di un’aggressione che vada oltre l’Ucraina. Sostenuti da forze aree e unità di intelligence e sorveglianza, i quattro gruppi sono costituiti da oltre 4.600 uomini di più di 20 Paesi e operano in stretto coordinamento con gli eserciti delle nazioni che li ospitano. Al quadro va aggiunta la divisione multinazionale Sud est in Romania, sotto la guida operativa dell’Allied joint force command di Lago Patria in provincia di Napoli.
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