2022-08-14
L’alfiere illuminista della «Scienza» in politica
Piero Angela (Imagoeconomica)
Piero Angela morto a 93 anni: fu il volto di una scienza illuminista ma non fanatica. Ha evitato fino all’ultimo il confronto con Dio.«Addio cari amici, anche la natura ha i suoi ritmi». Piero Angela ha spiegato così la sua fine, come quella di un’iguana o di una farfalla. Con una lucida lettera scritta mentre Voltaire lo osservava, ha motivato il dissolversi del corpo e l’eredità culturale della mente, non lasciando a nessun altro che a se stesso il compito di raccontarsi. «Mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Penso di aver fatto la mia parte, cercate di fare anche voi la vostra». Illuminista fino all’ultimo. Senza alcuna concessione al sacro o all’emotivo se n’è andato a 93 anni, sazio di giorni, il principale sacerdote laico della divulgazione scientifica italiana. Un uomo speciale con un record a suo modo speciale: nei suoi programmi ha parlato di tutto (dalle cascate Iguazu alle teorie quantiche, dai calzari dei legionari romani alla materia ai confini del Cosmo) senza mai parlare di Dio.Giornalista, divulgatore, scientista, guru mediatico. È stato una galassia di cose, soprattutto ha avuto due meriti decisivi: tenere il video per quasi 70 anni con elegante cortesia e feroce perseveranza (è riuscito a lasciarlo in eredità al figlio Alberto); accompagnare generazioni di italiani attraverso le vie impervie della scienza, rendendo facile il percorso dei telespettatori verso la conoscenza con metafore e semplificazioni quasi sempre documentate e corrette. Facile dirlo, quasi impossibile farlo senza lasciarsi prendere la mano, senza pretendere di salire in cattedra e guardare dall’alto il popolo fra i banchi. Una qualità che gli derivava da una frustrazione giovanile: «A scuola mi annoiavo mortalmente e sono stato un pessimo studente. Tutti coloro che si occupano di insegnamento dovrebbero ricordare l’antico motto latino: ludendo docere, cioè insegnare divertendo». A chi gli rimproverava un approccio e un linguaggio poco accademici rispondeva: «Penso che la serietà debba essere nei contenuti, non nella forma». Ha fatto centro con la semplicità, Piero Angela. Nato a Torino nel 1928, ha praticamente percorso il secolo breve con la lucina della telecamera accesa davanti a sé. Prima su schermo in bianco e nero, poi a colori Pal, infine digitale. Figlio di un medico insignito della medaglia di Giusto delle nazioni, diventò qualcuno prima come jazzista e poi come giornalista. Suonava il pianoforte alla Capannina di Viareggio con Franco Cerri, Nini Rosso e Rex Stewart (cornettista di Duke Ellington), improvvisava, rielaborava, sintetizzava note. Se non sai cos’è, allora è jazz. Una capacità di sintesi e di empatia col pubblico che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, fino alle stupende lezioni impressioniste di Quark e Superquark. Passato al giornalismo negli anni Sessanta, entrò in Rai e fu inviato nella guerra dei Sei giorni, poi in Vietnam. Ma soprattutto fu protagonista un decennio dopo della modernizzazione del telegiornale; con Andrea Barbato diventò il pilastro dell’informazione del Tg2. Memorabile un giorno d’agosto quando, dopo un servizio sulle scalate alle grandi vette himalaiane, il pubblico vide il conduttore alzarsi in piedi e prendendo una valigia da sotto la scrivania dire: «Vado in ferie, ma senza sherpa». Il mezzobustismo non ha mai intaccato i terribili ragazzi Bbc. E Piero ne era il simbolo.Inutile ricordare la prolifica stagione da divulgatore, non c’è italiano che non ne sappia di più rispetto a chi scrive. Anglosassone nello stile e nel metodo, era refrattario alle ideologie e col tempo diventò acerrimo nemico della pseudoscienza e del paranormale. Così contrario all’aleatorietà da fondare il Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze) e da dedicarsi alla verifica dei dati senza cedere al fanatismo di molti fact checkers di oggi, che da lui prendono spunto ma applicano il modello con cupa, talvolta pericolosa inclinazione ideologica. Nel giorno del tributo (da Sergio Mattarella a Mario Draghi) è interessante indagare sull’assenza del sacro, della religione in tutto il suo percorso di conoscenza. Si definiva agnostico e teneva lontano il mistero più grande - l’unico universale e inarrivabile - come se ne avesse paura. Spicca il commento di Salvino Leone, teologo, bioeticista, docente di Filosofia morale siciliano: «Lo ammiro come uomo di scienza, ma aveva una visione da positivismo ottocentesco. In un certo senso ciò che non era scientificamente dimostrabile non era esistente. Ma esistono materie a un altro livello di comprensione». Come molti grandi, da vecchio era più fragile, quindi vittima delle strumentalizzazioni. Era capitato a Indro Montanelli portato come una madonna pellegrina alle feste dell’Unita da chi lo odiava, accade oggi a Lilliana Segre. Piero Angela sdoganò con una certa superficialità la lobby Lgbtq e nella stagione del Covid diventò testimonial politico delle restrizioni sanitarie. La sua uscita «i ristoranti non mi chiedono il green pass, ho dovuto urlare al gestore per farlo verificare» suona ancora stonata, miracolistica rispetto a qualcosa che con la scienza non ha niente a che fare. E ci rivela che nessuno, neppure un uomo di scienza con il jazz nel sangue, è infallibile.
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