2022-11-12
Dirigente contesta le politiche sul virus e la Regione la silura
Licia Petropulacos (Ansa)
Licia Petropulacos, ex direttrice della Sanità dell’Emilia, denunciò irregolarità su un appalto e sospese i continui tamponi ai medici. Sembra che in Emilia Romagna abbiano qualche problema con le sospensioni legate al Covid. Come noto, la Regione guidata da Stefano Bonaccini non ha accolto di buon grado la riammissione al lavoro dei sanitari sospesi. L’assessore alla Sanità, Raffaele Donini, si è preoccupato di invitare le aziende sanitarie a non collocare i reintegrati in reparti dove siano presenti pazienti immunodepressi, ribadendo così la falsità secondo cui i renitenti all’iniezione sarebbero in qualche modo pericolosi. Questa però non è l’unica vicenda problematica. C’è anche un’altra storia piuttosto singolare che non ha del tutto a che fare con la vaccinazione, ma che riguarda la giunta emiliana e la sospensione di un sanitario.Tutto inizia alla metà di febbraio del 2022, quando l’assessore Donini si scontra pubblicamente, e in modo piuttosto ruvido, con la direttrice generale del dipartimento salute della Regione, Licia Petropulacos. Al centro della discussione ci sono i tamponi per il personale sanitario: sono previsti ogni quindici giorni, ma la dirigente ha deciso di sospenderli. Un approccio seguito negli stessi giorni da altri responsabili di strutture mediche, tutti pronti a schierarsi contro i test a tappeto che immancabilmente scoprono casi di positività causando perdita di personale.La Petropulacos prende una decisione condivisibile, ma l’assessore Donini non è d’accordo e blocca il provvedimento, esasperando la dirigente che è già contestata dai sindacati. Risultato: la Petropulacos si sfoga a mezzo stampa. Parla di «umiliazione», ribadisce che «non sono i sindacati né la politica a dire che scelte si fanno in sanità». Poi attacca frontalmente l’assessore: «Tra noi c’è un divario culturale incolmabile», dice. «Sono stanca di questo schifo, questo è solo l’ultimo episodio di una catena inaccettabile. Non ce la faccio più. Io lavoro per i cittadini, non faccio schifezze. Questa è una gestione della cosa pubblica che non condivido».Non è una semplice arrabbiatura. Le critiche della dirigente sono strutturali, e riguardano anche alcune scelte della Regione in materia di appalti, in particolare una vicenda di cui, di lì a pochi mesi, si occuperà anche l’Autorità anticorruzione. A ricostruire i fatti in questione è proprio l’Anac: «Nel corso del 2021 la Ausl di Bologna ha voluto applicare un modello di accreditamento all’eccellenza a valenza internazionale», scrive l’Anticorruzione sul suo sito. «L’accreditamento all’eccellenza è un processo volontario di valutazione rivolto al miglioramento continuo della qualità. Su richiesta dell’Azienda, Accreditation Canada ha effettuato uno studio preliminare della realtà bolognese ed ha avanzato una proposta di contratto triennale. L’Ausl ha accettato affidando l’incarico all’ente no profit. La spesa prevista è stata definita, per tre anni, in 398.373 euro più l’Iva».Quasi 400.000 euro per pagare un ente di accreditamento internazionale: una cifra enorme, che secondo la Petropulacos non è stata gestita adeguatamente. È proprio lei a presentare un esposto all’Anac, che dopo qualche tempo le dà ragione: «L’Azienda sanitaria locale (Ausl) di Bologna ha affidato i servizi di consulenza e valutazione della qualità ad “Accreditation Canada”, ente no profit con sede ad Ottawa, in totale violazione delle norme del Codice appalti», scrive Anac. E aggiunge: «L’Ausl bolognese avrebbe dovuto indire una gara pubblica o quantomeno una procedura negoziata».Insomma, tra l’assessore alla Sanità e la direttrice del dipartimento salute corre pessimo sangue. E infatti il 16 febbraio del 2022 la Petropulacos viene sospesa dall’incarico. È ritenuta colpevole di avere rilasciato dichiarazioni che «minano la reputazione e credibilità istituzionale della Regione Emilia-Romagna e determinano un significativo pregiudizio alla corretta ed efficiente funzionalità dei servizi sanitari regionali, in una persistente fase di emergenza sanitaria». La pena è di 30 giorni di lontananza forzata dall’ufficio, che possono diventare 60.Il caso, non è difficile da comprendere, è di estrema gravità. Una dirigente contesta l’operato di un assessore, presenta un esposto all’Anac, evoca «schifezze» nella gestione della cosa pubblica e si mostra in clamoroso disaccordo riguardo le politiche sul Covid. L’Anac, qualche mese dopo, conferma i sospetti della donna, che però nel frattempo si è beccata un mese di sospensione dall’incarico. Parlando con il Corriere di Bologna, la Petropulacos usa toni esplosivi: «Per dare l’idea dello squadrismo e della violenza assurda a cui vengo sottoposta…», racconta. «Sono andata a prendere le mie cose in ufficio, le foto di mio padre e alcuni documenti personali, e ho trovato il mio ufficio sgombrato di tutte le mie cose […] e l’addetto informatico stava portando via il computer. Hanno fatto le pulizie, e questo dimostra che non hanno minimamente intenzione di considerare questa sospensione come temporanea. Quello che faranno sarà raccogliere dossier nei miei confronti per sostanziare un licenziamento per giusta causa». Sembra arrivato l’epilogo di una triste storia di politica, ma non è ancora finita. Il 16 febbraio del 2022 la Petropulacos viene sospesa. Però il 31 marzo dello stesso anno torna (almeno sulla carta) operativa, e con un nuovo incarico di tutto rispetto: responsabile della nuova Area di monitoraggio dell’impatto della pandemia da Covid-19. Capito? La donna che aveva contestato l’assessore sulla gestione del Covid e per questo era stata sospesa viene scelta come responsabile della struttura che dovrebbe «valutare l’impatto della pandemia Covid-19 nell’ambito sanitario della Regione Emilia-Romagna in termini di organizzazione delle risorse, conseguenze sugli operatori sanitari, riprogrammazione delle attività ed impatto economico». Da un certo punto di vista, potrebbe sembrare perfino una scelta coraggiosa: alla grande accusatrice si affida il compito di valutare la gestione della pandemia. Nella realtà, però, le cose vanno in maniera un po’ diversa.Che qualcosa non torni lo nota, a ottobre, il consigliere regionale leghista Daniele Marchetti. Egli si accorge che la Petropulacos il nuovo incarico non lo ha «mai espletato perché la stessa usufruiva di un periodo di ferie per poi presentare documentazione di quiescenza».Già: la dirigente, dopo la sospensione di un mese, avrebbe dovuto assumere un ruolo rilevante in una struttura appena creata. Ma non appena rientrata in servizio ha prima preso le ferie, poi è andata in pensione. Curioso no? Di fatto, la Petropulacos non è più tornata all’opera dopo la feroce lite con l’assessore alla Sanità. Il leghista Marchetti ha deciso di vederci chiaro, e ha interrogato la giunta regionale per sapere se fosse «a conoscenza delle intenzioni di Petropulacos di presentare documentazione di quiescenza con posizione di ferie intermedia». Domanda non certo peregrina: che senso ha attribuire un incarico, per altro impegnativo, a una persona che si appresta a ritirarsi?L’assessore Donini afferma di non essere stato a conoscenza della volontà della dirigente di andare in pensione. Sarà pure. Ma la strana successione degli eventi fa sospettare che ci sia stata una manovra per liberarsi senza troppo clamore di una professionista non gradita ai vertici. «Preso atto dell’intera vicenda», dice Daniele Marchetti, «sorge il legittimo sospetto che il procedimento che ha portato prima alla sospensione, poi al reintegro a capo dell’Area monitoraggio Covid, e dunque alla richiesta di quiescenza di Petropulacos potrebbe essere stato messo a punto fra le parti in gioco. Forse nell’ottica di creare una via d’uscita ad una dirigente che all’assessorato ha creato più di qualche grattacapo…».Che volete, in Emilia Romagna sono fatti così: con le sospensioni in ambito sanitario hanno sempre problemi.