2022-08-06
Il vero pericolo per l’Italia è che vinca l’accozzaglia Letta-Calenda-Fratoianni
Enrico Letta e Carlo Calenda (Ansa)
Il segretario dem cerca di incollare il peggio di sinistra e trasformisti. Però per fortuna c’è lo sfollavoti dei Parioli...Avete presente la frase con cui Enrico Letta ha accolto Carlo Calenda nel polo progressista? Il giorno in cui strinse l’accordo elettorale con l’ex ministro, il segretario del Pd disse in conferenza stampa che il leader di Azione era un magnete che avrebbe consentito di attrarre i voti di centrodestra: per questo gli aveva concesso il 30 per cento dei seggi facendo imbestialire mezzo partito. Beh, sono bastati pochi giorni per scoprire che il Churchill dei Parioli - così lo ha definito Dagospia - in realtà è una calamita con il potere di respingere ciò che è uguale, ovvero chiunque sia di sinistra. Sì, Calenda è uno scaccia voti, uno che piace molto alla gente che piace, ma non alla gente che vota. E soprattutto è un signore che dall’alto del suo due per cento è abituato a dettare legge e a stabilire le regole a chi ha il venti. Risultato, il primo effetto dell’alleanza fra lui e Letta è la probabile rottura con i Verdi di Angelo Bonelli e la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni. Mica male come risultato per Sottiletta, invisibile capo del Partito democratico. Aver ceduto al ricatto di un signore che fino al giorno prima insultava il Pd promettendo di andare da solo, ha ottenuto l’effetto di lasciare solo il Pd. Infatti, oltre a Verdi e sinistrati, anche gli scappati da casa Grillo minacciano di fare da soli. Insomma, se dovessimo dirla senza peli sulla lingua, Calenda andrebbe incriminato per circonvenzione di incapace, perché alzando i toni e minacciando sfracelli ha talmente spaventato il povero Letta da indurlo alla resa.Intendiamoci, Calamita Carlo, fondatore di Azione e guastatore di alleanze, al centrodestra sta facendo un favore, perché con lui in servizio dietro le linee nemiche, le possibilità di vittoria aumentano. Il «magnete dei Parioli» infatti è in grado di respingere tutti gli altri possibili alleati di centrosinistra, facendo il vuoto intorno a Letta, condannando il polo progressista a sicura sconfitta. Del resto, solo la disperazione del pallido leader del Pd poteva pensare di tenere insieme gli opposti. Unire Calenda e Fratoianni, cioè un tizio che ogni giorno si riempie la bocca con l’Agenda Draghi e un altro che l’Agenda Draghi vorrebbe bruciarla, a chiunque parrebbe un’impresa impossibile. Così come accogliere uno che vuole trivelle e rigassificatori nel programma e un altro come Bonelli che estrazione e stoccaggi vorrebbe escluderli con apposito comma in Costituzione. Solo Letta poteva pensare che pezzi di una sinistra dogmatica potessero combaciare pur con incastri diversi. L’arroganza di Calenda è il contrario del dialogo. E lo stesso si può dire di chi guida i Verdi e la sinistra estrema. Il settarismo, seppur con venature diverse, è identico.Oltre a essere un favore al centrodestra, nel caso molto probabile che l’alleanza andasse in frantumi è anche un piacere al Paese. Lungi infatti dallo spostare l’asse verso il centro, la somma di Pd, Calenda e gruppi di sinistra vari produrrebbe una maionese impazzita. Non so se ricordate gli effetti di quel cartello elettorale che la sinistra mise in piedi a metà degli anni Novanta per fermare Silvio Berlusconi. Dopo la sconfitta della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto, pur di vincere Massimo D’Alema arruolò un’armata Brancaleone fatta di ex comunisti, ex democristiani e rifondatori (del comunismo) veri. Lo chiamarono Ulivo, ma in realtà si trattava di un’insalata russa che s’inacidì subito. Appena il tempo di vincere e Romano Prodi, che era a capo del cartello elettorale, si ritrovò a fare i conti con le contraddizioni dell’alleanza e un anno dopo fu disarcionato da Fausto Bertinotti.Letta, cattolico di sinistra come Mortadella, vorrebbe ripercorrere la strada battuta dallo stesso Prodi, mettendo insieme un’accozzaglia di sigle pur di sbarrare la strada al centrodestra. Da Calenda a Fratoianni, da Bonelli a Di Maio, ovvero il peggio della sinistra con il peggio del trasformismo. A prescindere dalle difficoltà oggettive di accasare sotto lo stesso tetto tutta questa gente, l’esperienza dell’Ulivo dimostra che in caso di vittoria a essere sconfitta è la governabilità. Un Consiglio dei ministri con Calenda, la sinistra estrema, Di Maio e Letta (ma fino all’ultimo c’è chi prova a includere i 5 stelle) sarebbe uno spasso per i cronisti, ma un disastro per il Paese. Altro che stabilità, il risultato sarebbe la paralisi totale, perché vincere non significa governare. Insomma, se Letta riuscisse a spuntarla, il campo largo si trasformerebbe presto in un campo minato per l’Italia. Dunque, tocca fare il tifo per calamita Calenda, l’unico in grado di respingere i compagni e di condannare il Pd a sconfitta certa. Altro che Delenda Calenda, il Churchill dei Parioli se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)