2019-11-19
La Trenta utilizzava la supercasa del ministero per incontri segreti
Cari lettori, se avete una vita di relazione e non disponete di una casa dove relazionarvi, datevi da fare: presentate una domanda al ministero della Difesa e verrete soddisfatti con un appartamento da 200 metri quadrati in centro a Roma. Salone doppio, quattro camere da letto e due bagni: questo è l'alloggio «di servizio» messo a disposizione dai generali per le comodità dell'ex ministro Elisabetta Trenta. (...)(...) La quale, quando venne incaricata dai 5 stelle di difendere l'Italia e di guidare con mano ferma le truppe, dovendo «relazionarsi» non poteva certo rimanere come tutti i comuni mortali a casa propria, nel quartiere romano del Pigneto, ma aveva assoluta necessità di disporre di metri quadrati più prestigiosi.Voi forse ritenevate che al ministero della Difesa fossero impegnati a elaborare strategie per tutelare il Paese dalle minacce di potenze straniere? Sbagliato: lo Stato maggiore era occupato a cercar casa al ministro delle relazioni, perché non sia mai detto che il capo di un dicastero così importante possa incontrare le persone in ufficio, cioè al ministero. Né che gli appuntamenti possano essere fissati in qualche foresteria di cui siamo certi la Difesa dispone a centinaia. No, gli incontri, essendo riservati, devono necessariamente avvenire a casa, fra il salotto e la cucina, e perciò sono indispensabili quattro camere da letto, due bagni eccetera eccetera.Già questo è da ritenersi abbastanza sorprendente, anche perché non ci risulta che l'incarico di ministro porti con sé, oltre al compenso, anche un alloggio di servizio, prova ne sia che la maggioranza dei componenti di governo continua a vivere a casa propria. Tuttavia, l'aspetto più incredibile della vicenda di cui è protagonista l'ex signora degli eserciti è che Elisabetta Trenta l'appartamento di servizio lo vuole tenere anche adesso che il servizio è terminato. Nonostante non faccia più parte del governo, intende infatti rimanere nei 200 metri quadrati che è riuscita a conquistare. Il suo naturalmente non è un capriccio, né un privilegio. L'ex ministro della Difesa difende solo il suo nuovo status sociale, raggiunto faticosamente dopo anni di gavetta in tuta mimetica (la Trenta è capitano della riserva per meriti speciali). In una spettacolare intervista concessa al Corriere della Sera, la donna con 5 stellette spiega che dopo l'esperienza governativa la sua vita è cambiata. Prima era una semplice insegnante di un corso della Link (quando si dice il caso: tra tutte le università italiane in cui si può salire in cattedra, lei è docente proprio di quella dei misteri, da cui è passato quel tal Joseph Mifsud, che è inseguito dai servizi segreti americani e italiani per il Russiagate), ora ha cose più interessanti di cui occuparsi. Il senso delle parole dell'ex ministro è chiaro: non posso tornare alla routine, tra tinello e cucina, nella casa del Pigneto. Anche perché lì è pieno di spacciatori e io non posso stare in mezzo ai pusher. Che diamine: i cittadini normali con la criminalità possono convivere, l'ex ministro di un movimento anti Casta no.Al di là della tragedia umana della signora Trenta, di cui siamo resi partecipi, il caso e le dichiarazioni richiedono alcune riflessioni. La prima riguarda il ruolo e gli obblighi di un ministro della Difesa. Chi guidi quel dicastero non si occupa di caramelle, ma di segreti e strategie militari. Dunque ha un dovere di riservatezza, sia per quanto attiene le decisioni, sia per quanto riguarda le persone che incontra. Non si tratta di vita di relazione, si tratta di affari di Stato, che non si discutono tra salotto e cucina, ma al ministero, dove gli ingressi dei visitatori sono registrati, il capo di gabinetto tiene l'agenda del ministro e i generali presenziano agli incontri. Quali attività doveva svolgere il ministro Trenta a casa sua, fuori dai canoni e dai controlli ufficiali? Comprendiamo che la professoressa si sia trovata suo malgrado al centro della scena, ma quella di cui è stata involontaria protagonista non era una sceneggiata: alla Difesa si parlava di segreti militari e di affari miliardari tipo gli appalti per gli F 35.Già questo è sufficiente per capire che la questione della casa, data in gentile concessione e che ora la cittadina con 5 stellette sulla divisa vuole mantenere quasi fosse un diritto, non sia secondaria. Ma nell'intervista Elisabetta Trenta dice anche altro e cioè che l'alloggio prima è stato messo a sua disposizione, poi è stato assegnato al marito capitano, nel frattempo diventato maggiore. Che la coppia abbia un'abitazione di proprietà a Roma non è considerato un intralcio, perché il marito mantiene la residenza altrove. In pratica, la signora ha ottenuto un appartamento (a 540 euro il mese, il prezzo di un monolocale), dopo di che lo ha fatto assegnare al marito, cosicché rimanesse in famiglia anche una volta finito l'incarico ministeriale. Che il coniuge lavori a Roma, viva nella capitale e la moglie abbia un appartamento in città, dove i due hanno sempre vissuto, evidentemente è stato ritenuto un dettaglio, anzi, una manovra perfettamente legale. Del resto, i militari sono esperti in grandi manovre. Peccato che in questo caso ci siano di mezzo solo piccole miserie e non ordini superiori.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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