2022-04-15
Il Pd laziale silura il polo dei vaccini. L’azienda scappa e addio a 100 assunti
La multinazionale Usa Catalent aveva in progetto di installare otto bioreattori ad Anagni. Ma burocrazia verde e rimpalli politici l’hanno fatta desistere: andrà in Uk. E pure l’italiana Reithera vede sempre più nero.Ve lo ricordate il «giallo di Anagni»? Ad accendere la miccia, la mattina del 24 marzo 2021, era stato un articolo della Stampa: nello stabilimento della multinazionale americana Catalent di Anagni «ci sono 29 milioni di dosi di vaccino Astrazeneca pronte per essere spedite nel Regno Unito e scoperte dalle autorità italiane in seguito ad un’indagine scattata su segnalazione della Commissione Europea». La notizia era stata rilanciata dall’agenzia Bloomberg finendo sui terminali di mezzo mondo, il sito del Financial Times l’aveva messa in apertura. Si era pure mosso il vescovo della cittadina in provincia di Frosinone. Lo schiaffo di Anagni avrebbe dovuto «suonare» Az e quei ragazzacci degli inglesi che secondo la Commissione Ue ne pensavano una più del diavolo per toglierci le dosi da sotto al naso. La bolla, gonfiata e fatta volare in fretta in mezza Europa, dopo qualche ora però si era già sgonfiata. Le dosi non erano nascoste, né erano destinate al Regno Unito ma in parte ai Paesi poveri e in parte ai Paesi dell’Unione europea, e soprattutto erano ad Anagni solo per la procedura di infialamento dopo essere state prodotte fuori dalla Ue. E lì, dove dovevano essere, sono state trovate dai Nas dopo l’ispezione inviata dal governo su richiesta di Bruxelles. Ebbene, a poco più di un anno di distanza il giallo è diventato rosso. Nel senso che Catalent ha annunciato l’addio ad Anagni per fare rotta sull’Inghilterra. Colpa della perfida Albione? Macché. Della burocrazia italiana. La multinazionale aveva deciso nel luglio 2021 di investire 100 milioni di dollari per realizzare due bioreattori per farmaci biologici. Altri sei (da 2.000 litri) sarebbero stati realizzati subito dopo. L’attività doveva partire nella primavera del 2023 creando anche altri 100 nuovi posti di lavoro ma a oggi non è stato installato nemmeno un bioreattore per i tempi eccessivamente dilatati per ottenere le autorizzazioni. L’area industriale di Anagni rientra infatti nei 720 ettari del Sin (sito di interesse nazionale) della Valle del Sacco, l’area avvelenata dalle industrie attorno a Colleferro mezzo secolo fa e che deve essere bonificata. Le procedure, partendo da quelle di analisi dei terreni, sono lunghe. La pratica è partita nel 2019 e negli ultimi mesi si è arenata al ministero della Transizione ecologica che ha richiesto un ulteriore parere del Comune (tramite un’apposita Conferenza dei Servizi). Di fatto è passato un anno, invano. Troppo per il cda di Catalent che ha quindi deciso di dirottare nel Regno Unito tutto il piano di produzione.Un colpo pesante per i dipendenti ma anche per la Regione Lazio che perde un pezzo dell’hub anti Covid creato sull’asse Pomezia-Ferentino e ostentato con orgoglio dall’assessore alla Sanità dem, Alessio D’Amato, che, tra l’altro, punta sulla gestione della pandemia come biglietto da visita per la sua corsa personale come futuro candidato Pd alla presidenza dopo Nicola Zingaretti. La perdita dell’investimento della Catalent ha inoltre innescato uno scambio di accuse tra centrodestra e Pd e un rimpallo di responsabilità tra ministero per la Transizione ecologica, Regione Lazio e Comune. Le polemiche sono alzate dai sindacati e da Unindustria Lazio: «Chiediamo con forza al residente del Consiglio Mario Draghi e al ministro Cingolani di intervenire immediatamente per evitare altre Catalent sul nostro territorio nazionale. Un intervento sullo sblocco delle autorizzazioni ambientali sarebbe certamente un messaggio positivo per l’Italia», ha detto ieri il presidente degli industriali, Angelo Camilli. L’epilogo del caso Anagni arriva a poche settimane dal riaccendersi dei riflettori su Spallanzani-Sputnik. «Una spy story alla vaccinara», l’ha definita, minimizzando, in un post su Facebook Francesco Vaia, da poco ri-nominato direttore generale dell’ospedale. Che può vantare molti successi ma anche qualche scelta poco comprensibile dal punto di vista scientifico. Come quella sul vaccino «italiano» sviluppato da Reithera, di cui i ricercatori dello Spallanzani avrebbero dovuto coordinare la sperimentazione. Vaia, con il placet di D’Amato, non ha mai dato il via libera al reclutamento dei volontari preferendo scommettere sul vaccino russo Sputnik, per altro mai autorizzato dall’Ema, proponendone anche la produzione nelle aziende del territorio. Eppure Reithera aveva fatto proprio con l’istituto la prima fase della sperimentazione ed era quasi scontato che il rapporto continuasse anche per la Fase 2 con l’istituto che doveva essere uno dei centri per arruolare i volontari. Invece il percorso non è andato avanti interrompendosi attorno a metà marzo del 2021, dunque ben prima dello stop della Corte dei Conti al finanziamento per lo sviluppo di Reithera avvenuto a maggio ma nelle stesse settimane in cui è iniziata la collaborazione tra il tandem Vaia-D’Amato con i russi di Gamaleya. Se l’addio di Catalent ad Anagni vede sfumare 100 posti di lavoro, a rischio sono anche le risorse di Reithera che aveva addirittura ampliato la sede per un progetto di certo saltato non per colpa della burocrazia o degli inglesi.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)