2022-08-04
Parisi tesserato dal partito dei competenti
Se uno scienziato si schiera dalla parte giusta, automaticamente riceve una patente di credibilità assoluta. La riprova è il premio Nobel per la fisica, che passa dagli appelli ministeriali per il vaccino degli over 60 alle tirate sul voto «a chi si batte per l’ambiente».La retorica sulla competenza che da qualche tempo domina la scena presenta alcuni aspetti molto curiosi. In teoria, è cosa buona e giusta che a fare la parte del leone nel dibattito su un determinato argomento sia chi, in effetti, di quell’argomento si intende. Purtroppo, però, nella pratica il sistema non funziona così. Il meccanismo reale contempla l’esistenza di una sorta di Partito dei competenti a cui si può aderire se si ripetono alcune parole d’ordine. Per esempio bisogna dire che l’ultima parola spetta agli esperti, che bisogna avere fiducia nella scienza, che non si può cedere al populismo e cose di questo genere che tutti abbiamo imparato a conoscere. Ebbene, una volta ribaditi e condivisi gli slogan si ottiene la tessera del Pdc (Partito dei competenti) e a quel punto si può sdottoreggiare su ogni questione. Comprese quelle di cui non si è affatto esperti. Se ne deduce che oggi la parola competenza ha assunto un significato tutto politico: la competenza è uno status che si raggiunge non attraverso lo studio bensì tramite la partecipazione a una ideologia. Pagato il tributo ideologico-politico, il singolo può esprimersi senza essere svillaneggiato o invitato a tacere in quanto ignorante. In tempi di Covid abbiamo assistito alla istituzionalizzazione di tale modello. Chiunque iniziasse un discorso con la professione di fede («Credo la scienza, una santa, incontestabile, infallibile») godeva automaticamente del diritto a proferire qualsiasi bestialità. Tutti gli altri, invece, venivano messi a tacere. A quanto pare, l’eredità di quei giorni bui continuiamo a portarcela appresso, e la Voce della Scienzah continua a coincidere con quella del padrone. Un piccolo ma non secondario esempio lo fornisce l’accademico Giorgio Parisi, 73 anni, premio Nobel per la fisica. Non c’è dubbio che si tratti di uno scienziato italiano stimato in tutto il mondo, una figura di intellettuale di cui siamo tutti orgogliosi. Parisi ha ottenuto l’ambitissimo riconoscimento «per i contributi innovativi alla comprensione dei sistemi fisici complessi», e non ci possono essere dubbi sul fatto che, nel suo campo, sia una autorità indiscussa oltre che, con tutta probabilità, una delle più grandi menti della Storia. Quando però egli si occupa di politica, o di argomenti che esulano dal suo specifico campo di competenza, beh, in quel caso la sua opinione vale più o meno come quella di tutti gli altri italiani intelligenti. Almeno, questa dovrebbe essere la regola generale. E invece no. Poiché è estremamente competente nell’ambito della fisica, Parisi ha ottenuto lo status di competente tout court. In quanto rappresentante illustre della Scienza, poi, è ovviamente in odore di santità. Insomma, Parisi è ontologicamente competente, è inevitabilmente un sostenitore della Scienza, quindi risulta sostanzialmente infallibile in ogni contesto. Non solo: è il testimonial perfetto per le campagne di chiunque voglia ribadire la propria superiorità morale e intellettuale.Non a caso, di recente è stato scelto dal dipartimento Informazione ed editoria della presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero della Salute come protagonista dello spot «che invita gli over 60 e la popolazione fragile alla vaccinazione anti-Covid con la seconda dose di richiamo». Tutto benissimo, per carità. Ma non ci risulta che Parisi sia un virologo, un epidemiologo, un primario di rianimazione eccetera. Ergo ci si domanda: in virtù di cosa, esattamente, egli può celebrare senza dubbi le virtù della quarta dose? La risposta è semplice quanto disarmante: Parisi è uno scienziato, quindi può essere utilizzato quale portavoce della Cattedrale Sanitaria. E se la Cattedrale sentenzia che occorre la quarta puntura, non ci sono santi che tengano: iniezione sia. Del resto, vorrete mica voi comuni mortali mettervi a discutere con un premio Nobel, no?Capito come funziona? Se Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina, parla di medicina, è un vecchio rincitrullito in quanto contesta la versione ufficiale della Scienza. Se un premio Nobel per la fisica parla di medicina, ma si fa portavoce della suddetta Scienza, allora tutto torna (del resto La Scienza non è la scienza, e non prevede l’utilizzo del metodo scientifico). Di più: Parisi può essere utilizzato come testimonial per le campagne più disparate, comprese quelle elettorali. Ieri, ad esempio, ha rilasciato un’intervista sulla «emergenza climatica». Ha aderito a un appello nato fra gli esperti della Sisc, la Società italiana per le scienze del clima di cui lesto si è appropriato Green&Blue, cioè «il content hub Gedi dedicato all’ambiente». Repubblica, facendo parte del gruppo, ha colto la palla al balzo per rilanciare l’iniziativa e per trasformarla in pubblicità elettorale. Parisi, infatti, ha invitato gli elettori a «dare il voto a chi si batte per l’ambiente». Come noto, esiste un solo modo «giusto» per battersi per l’ambiente, che consiste nell’approvare le politiche liberal sulla riduzione delle emissioni e sulla cosiddetta svolta green. In buona sostanza, le dichiarazioni del Nobel tornano buone alla sinistra e in particolare al Pd, quello che già in tempi non sospetti si presentava come «partito della scienza». Certo, i toni di Parisi sono molto più intelligenti e moderati di quelli dei suoi interessati laudatores. Egli si premura di spiegare che gli scienziati possono arrivare fino a un certo punto, precisa che ai politici spettano le decisioni finali. Ma i suoi distinguo passano in secondo piano. Per carità: il celebre fisico ha tutto il diritto di dire e fare ciò che più gli aggrada. A inquietare, in fondo, non è tanto lui, quanto l’atteggiamento che i progressisti italiani insistono a esibire. Per costoro, l’intellettuale e lo scienziato sono figurine esattamente come l’immigrato o l’omosessuale: finché rientrano nel recinto degli amici buoni e obbedienti, tutto fila liscio. Ma se escono appena dal seminato sono guai.Notiamo, inoltre, che le belve hanno perso molto pelo ma hanno peggiorato il vizio. In queste settimane, a sinistra sono appena più cauti riguardo al Covid, ne parlano meno per non rischiare di perdere voti. Ma la prosopopea è sempre la stessa, l’arroganza è la medesima. A ben vedere, il Pd ha un solo slogan, ogni volta identico: «Dovete votarci perché siamo migliori di voi».
(Ansa)
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