2023-04-26
Palù parla ma schiva la verità su vaccini e Agenzia del farmaco
Giorgio Palù (Imagoeconomica)
Nell’intervista al «Corriere», il presidente Aifa tace sui tentativi di insabbiare gli effetti avversi dei sieri. E ne dimentica le vittime.Roberto Speranza non è più ministro della Salute, ma il metodo Speranza sembra essere ancora molto in voga, tanto che pure Giorgio Palù - autorevole presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) - ieri ne ha fatto largo e disinvolto uso. Come funzioni tale metodo è presto detto. Per prima cosa, bisogna ignorare ostinatamente la realtà e la cronaca: se ci sono vicende che ti coinvolgono, devi evitare accuratamente di entrare nel merito e di rispondere alle domande dei giornalisti sul tema. Poi, una volta individuato un cronista amico, gli rilasci una bella intervista per parlare di tutt’altro, in modo da buttare la palla in tribuna e spostare l’attenzione. Infine, ti richiudi nuovamente nel silenzio.Roberto Speranza si è comportato così per anni: da ministro non ha mai rilasciato una vera intervista, non ha mai risposto alle richieste della stampa, nemmeno quando si trattava di fondamentali questioni di civiltà. Si è invece concesso ripetutamente a Fabio Fazio e ai quotidiani compiacenti, quelli che si limitavano a rilanciare le sue esternazioni e a sostenere la sua propaganda.Purtroppo, anche Palù pare essersi incamminato sulla medesima strada senza uscita. Ieri ha concesso una lunga intervista a Margherita De Bac del Corriere della Sera e - come il più tonico degli sciatori - ha evitato con perizia ogni ostacolo, ogni dichiarazione vagamente sensata e interessante. Soprattutto, è riuscito a non nominare mai, nemmeno mezza volta, il caso giornalistico più clamoroso che da mesi sta travolgendo l’Aifa grazie alle inchieste di Fuori dal Coro e agli articoli di questo giornale. Certo, il noto luminare ha avuto vita facile, perché chi lo ha intervistato si è premurato di evitare tutte le piaghe in cui invece avrebbe potuto e dovuto affondare il dito. L’ottimo Palù ha parlato delle più strabilianti curiosità: ad esempio si è misurato con il temibile virus Arturo, su cui il mondo era in attesa di conoscere la sua opinione: «Appartiene a uno sciame di sotto-varianti derivate tutte da Omicron, in circolazione da oltre un anno, le più recenti Cerberus, Grifon e Kraken. È un mutante innocuo, contagia ma non è mortale. Il rischio, come per altri virus respiratori, è per i più gracili», ha detto. Poi ha ribadito ciò che tutti sanno, e che lui stesso ha più volte ripetuto nell’ultimo anno, e cioè che il Covid è finito e che ci vorrebbe una dichiarazione ufficiale in proposito: «L’Oms ha ribadito che la pandemia, dichiarata tale a fine marzo 2020, è ancora un’emergenza di sanità pubblica di preoccupazione internazionale (Pheic), ma lo era anche a inizio gennaio 2020 quando tutto cominciò. Sono state denominate tali tante altre infezioni virali mai diventate pandemiche. Noi aspettiamo il segnale ufficiale di fine. Certo stiamo vivendo in un contesto che dal punto di vista virologico è senza dubbio post-pandemico. Lo dicono anche i dati di mortalità, incidenza, ricoveri italiani e internazionali, in continua discesa».Niente di male, per carità: il presidente dell’Aifa può certo discutere dei malanni di stagione e di tutto ciò che gli aggrada. Il punto è: possibile che non gli sia venuto in mente di commentare ciò che le inchieste di Mario Giordano hanno svelato? Gli articoli di Marianna Canè usciti sulla Verità erano piuttosto dettagliati, e riportavano documenti, prove, virgolettati: nulla da dire nemmeno su quelli? Giusto per rinfrescare la memoria, stiamo parlando degli scambi di mail interni all’Agenzia che la trasmissione di Rete 4 ha reso noti al grande pubblico. Citiamo solo qualche elemento fra i tanti emersi: all’Aifa sapevano bene, già a gennaio del 2021, che «i pazienti fragili rientrano nelle popolazioni non studiate», eppure si dava serenamente il via libera alla vaccinazione, appunto, dei fragili. Quando cominciarono, nello stesso anno, ad arrivare le segnalazioni sulle reazioni avverse, regioni come l’Emilia Romagna inviarono rapporti in cui era si faceva cenno a un «alto tasso di segnalazioni», e l’Aifa reagì scrivendo che «tali rapporti devono essere utilizzati esclusivamente per uso interno, raccomandiamo che non vengano divulgati». Un tentativo di insabbiamento che corrispondeva a una logica precisa: non bisognava «uccidere il vaccino», cioè occorreva evitare in ogni modo di danneggiare la campagna di inoculazione, a costo di nascondere le evidenze. Ad esempio, quando gli veniva fatto notare che «la probabilità di osservare un decesso in un anziano vaccinato da poco è elevata», l’allora direttore della agenzia, Nicola Magrini, rispondeva preoccupato: «A me ancora genera un po’ di ansia e nervosismo leggerlo… quindi suggerirei di renderlo impeccabile nell’arco delle prossime 48-72 ore».Come è possibile che, di fronte a fatti come questi, Palù eviti di commentare? Non stiamo dicendo che la responsabilità di questo atteggiamento sia sua, però lui presiede una istituzione pubblica che avrebbe dovuto occuparsi della farmacovigilanza, e invece si è occupata di mistificare e occultare per non fare emergere la verità. Sarebbe compito del presidente andare a fondo alla questione, ma tutto ciò che egli riesce a dire nell’intervista è una serie di frasi piuttosto ridicole sugli errori che si possono commettere durante una emergenza: «Si trattava di una malattia del tutto nuova e di un coronavirus sconosciuto che per la prima volta colpiva un’umanità completamente esposta e indifesa. La scienza, per quanto mai così rapida nell’approntare studi, presidi diagnostici, terapeutici e preventivi, avanza per passi e conferme successive ed è stata inevitabilmente più lenta del virus». Ecco, questo è quanto. In compenso, Palù annuncia un nuovo giro di iniezioni: «Stiamo programmando una campagna di vaccinazione anti-influenzale e anti-Covid autunnale con un vaccino costruito sulla variante più diffusa». Complimenti.Certo, tocca notare che tutto questo non sarebbe possibile se la stampa italiana non fosse del tutto prona - ancora oggi - alla Cattedrale sanitaria. Se politici, presunti esperti e sedicenti tecnici hanno potuto fare il bello e il cattivo tempo e prendere in giro la popolazione è anche perché hanno trovato media compiacenti. Gli scoop di Fuori dal coro sono stati ripresi soltanto dalla Verità, da testate online come La nuova Bussola quotidiana e da emittenti indipendenti come Byoblu o Radio Radio, per il resto silenzio totale. E quando il silenzio viene rotto, è solo per rifilare ulteriori stupidaggini e menzogne. Ecco perché siamo costretti a smentire Palù anche riguardo alla fine della pandemia. Poiché fin dall’inizio sono stati politici e tecnici sottomessi alla politica a stabilire i confini dell’emergenza, pretendiamo che anche in questo caso si tenga conto di una precisa posizione politica: la pandemia potrà finire soltanto quando ci saranno verità e giustizia per tutti coloro che hanno subito sulla propria carne le ferite inferte dalla psicosi sanitaria, cioè tutti i danneggiati di ogni ordine e grado. Se ciò non avviene, chiedere di scrivere la parola fine significa soltanto provare a nascondere lo schifo sotto al tappeto.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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