2021-06-26
Miliardi a Erdogan ma i clandestini dai Balcani sono quasi raddoppiati
Ankara avrà altri 3 miliardi per fermare i profughi, ma nei primi quattro mesi del 2021 gli arrivi da Est sono aumentati del 93%Quando la Guardia di finanza di Venezia lo ha fermato, l'uomo era piuttosto nervoso, e in effetti aveva ottimi motivi per esserlo. Trasportava la bellezza di 22 chili di cocaina, al solito occultati nei vani dell'auto. Una quantità robusta, del valore di circa 8 milioni di euro, suddivisa in venti panetti incellofanati. La droga, però, le forze dell'ordine l'hanno trovata soltanto dopo aver portato il viaggiatore negli uffici della compagnia Pronto impiego di Venezia e aver perquisito approfonditamente il veicolo. Il primo motivo per cui l'uomo è stato fermato riguarda la sua probabile continuità agli ambienti del terrorismo islamico: il suo nome risultava segnalato nei database internazionali dei sospetti jihadisti. Insomma, c'era un estremista islamico che si aggirava per il Nordest con un'auto carica di droga, da cui forse ricavare denaro da utilizzare per le attività terroristiche.Certo, il soggetto in questione aveva nazionalità francese, dunque era cittadino europeo. Questa vicenda, tuttavia, ci ricorda che lo scontro di civiltà polverizzato con cui da anni dobbiamo confrontarci non riguarda soltanto i confini a Sud dell'Italia, ma anche - e in maniera crescente - quelli a Nord. E il rischio terrorismo non è esattamente prossimo allo zero, anzi. Proprio agli inizi di marzo, a Trieste, la Digos e il Servizio per il contrasto all'estremismo e terrorismo esterno della Dcpp-Ucigos hanno fermato un iracheno di 30 anni legato ad Ahmed Hassan, anche conosciuto come Aziz Aljaf. Quest'ultimo è indicato come responsabile dell'attentato del settembre 2017 nella metropolitana di Londra, dove un ordigno rudimentale provocò 29 feriti. L'attacco fu rivendicato dallo Stato islamico. L'iracheno fermato a Trieste, oltre a tenere i contatti con il jihadista di cui sopra, gestiva un imponente traffico di clandestini, persone per lo più provenienti dal Kurdistan che venivano distribuite in vari Stati europei grazie a documenti falsi. Sono esattamente i traffici come questi che andrebbero immediatamente fermati, ma dalle buone intenzioni ai risultati concreti la strada è lunghissima.Nei giorni scorsi, Angela Merkel e Mario Draghi hanno annunciato il rinnovo degli accordi con la Turchia per il blocco dei migranti diretti in Europa. Parliamo, dunque, di quanti percorrono - proprio come facevano i clandestini gestiti dall'iracheno di Trieste - la cosiddetta rotta balcanica, che assieme a quella Mediterranea è la grande porta d'accesso al Vecchio Continente. In una recente intervista, Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà, ha fornito numeri interessanti: «Se esaminiamo i dati pubblicati da Eurostat sulle domande di asilo presentate nella Ue nel 2018 e nel 2019, vediamo che tra le prime dieci nazionalità il 32,72% dei richiedenti asilo proviene dall'Afghanistan, il 25,91% dal Pakistan, l'8,03% dalla Siria, il 6,56% dall'Iraq e infine il 4,61% dall'Iran. Si tratta delle stesse nazionalità che troviamo in assoluta prevalenza lungo appunto la rotta balcanica che si conferma dunque una delle principali vie di fuga dei rifugiati a livello internazionale».Vero, il rinnovo degli accordi con i turchi potrebbe contribuire a ridurre questi flussi, ma non è del tutto una buona notizia, come spiega Marco Dreosto, europarlamentare e coordinatore della Lega Fvg. «Sento parlare di questo nuovo accordo che forse ci costerà tre miliardi di euro», dice, «ma bisogna capire che gran parte dei migranti sono già adesso lungo la rotta. Solo in Bosnia al confine con la Croazia ce ne sono tra i 6.000 e gli 8.000. Erdogan non potrà certo fermare queste persone».Da un anno a questa parte, lungo la rotta balcanica il traffico si è intensificato, e di parecchio. Secondo i dati raccolti da Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere, da gennaio ad aprile del 2021 per questo canale sono transitati 11.606 migranti, con un aumento spaventoso rispetto al 2020: ben il 93% in più. In Friuli Venezia Giulia, dal primo gennaio agli inizi di giugno (ultimi dati disponibili), sono arrivati circa 2.500 aspiranti profughi, di cui 1.300 nella sola provincia di Udine. L'anno precedente ne erano arrivati 1.837, dunque parliamo di un aumento che si aggira attorno al 20%. E il trend non accenna a diminuire, visto che di ingressi se ne registrano a decine ogni giorno: 160 irregolari fermati in sei giorni, 74 cinque giorni fa a Trieste, oltre 300 a Udine nelle ultime due settimane. Dal sistema di accoglienza friulano sono ospitate 2.600 persone circa, le altre vengono spostate in altre Regioni. Ma i problemi di gestione, come ha segnalato la settimana scorsa il governatore, Massimiliano Fedriga, sono all'ordine del giorno, specialmente quelli riguardanti il rischio Covid. Un esempio? Su 3.490 tamponi molecolari effettuati giovedì su tutto il territorio regionale, sono emersi 24 nuovi positivi. Di questi, 17 sono migranti.Tra gli ingressi, come sempre accade, ci sono anche quelli di minori. Nel 2021 ne sono giunti in terra friulana 282 contro i 212 del 2020. E ovviamente qualcuno ci ha guadagnato. Qualche tempo fa Valerio Valenti, commissario di governo e prefetto di Trieste, ha parlato senza mezzi termini di «speculazione». E il motivo è presto spiegato. Nell'intera Regione ci sono 48 strutture di accoglienza gestite da 26 enti. Nel primo trimestre del 2020 il conto che queste strutture hanno presentato per l'accoglienza dei minori migranti è stato salatissimo: 2 milioni circa. Nel secondo e nel terzo trimestre dell'anno passato la spesa è addirittura salita: 2,3 milioni e poi 3 milioni. Costi che ricadono per lo più sulle casse regionali. Lo Stato, infatti, rimborsa circa 45 euro a testa al giorno per migrante, ma il soggiorno nei centri per i minori può arrivare a costare anche 350 euro. Secondo Valenti, «ci sono strutture che se ne approfittano». Già: durante il Covid qualcuno ha incassato grazie agli ingressi, una storia che purtroppo abbiamo sentito parecchie volte.Come se ne esce? Non è affatto semplice. Da pochi giorni Italia e Slovenia hanno firmato un accordo che prevede pattugliamenti congiunti lungo il confine per individuare i clandestini, e si stanno riattivando le procedure di riammissione. In pratica, gli irregolari fermati sul territorio italiano entro 10 chilometri dal confine sloveno potranno essere rimandati in Slovenia. Il punto è che individuare i clandestini non è facile, e anche quando li si trova non è detto che siano entro il perimetro stabilito dagli accordi.«Le organizzazioni criminali hanno capito che la via balcanica è un'alternativa a quella mediterranea, e la sfruttano», spiega Marco Dreosto. «Affidarsi soltanto alla Turchia non risolve il problema. Intanto c'è una questione umanitaria: come vengono fermati i migranti e in che condizioni vengono tenuti dai turchi? Credo che del problema dovrebbe occuparsi l'Europa, creando delle strutture di accoglienza in Bosnia, interamente a carico dell'Unione Europea, ma fuori dai confini Ue. Lì i migranti potrebbero essere accolti con standard umanitari adeguati, e chi non ha diritto all'accoglienza dovrebbe essere rimpatriato».Chiaro: la soluzione potrebbe (o dovrebbe) essere europea. Solo che l'Europa, fino ad oggi, si è limitata a rinsaldare - proprio due giorni fa - il patto con Erdogan, a cui spettano 3 dei 5,7 miliardi stanziati per la gestione dei profughi a Oriente. Quanto alle iniziative di «concreto e tangibile sostegno» agli Stati di approdo e transito, in primis l'Italia, ancora non se ne vede traccia (e infatti non ha tutti i torti Giorgia Meloni quando parla di «clamoroso fallimento») Sì, verranno avviate partnership con i Paesi africani per fermare i flussi, ma se tutto andrà bene i risultati si vedranno fra mesi o anni . E intanto, lungo la rotta mediterranea e quella balcanica, il viavai non accenna a fermarsi.