
(...) «Le polemiche ormai me le aspetto su qualsiasi cosa. Dopodiché, perché ho scelto di dire così? Banalmente perché sono il premier e penso che sia giusto dare un segnale di rispetto nei confronti delle urne e dell’istituto referendario. Con sfumature diverse non condivido i contenuti dei referendum. E, come sempre in questa nazione, quando non si condividono i contenuti di un referendum c’è l’opzione dell’astensione. Perché, come ci insegna un partito serio in Italia...». (Mostra un vecchio volantino del Pds). «“Non votare al referendum è un diritto di tutti. Dei lavoratori e dei non lavoratori”. Allora non ho capito: è un diritto dei lavoratori e dei non lavoratori solo di sinistra o anche di quelli che non lo sono? Penso che su queste cose bisogna essere seri. Nella storia della Repubblica tutti i partiti, a fasi alterne, hanno fatto campagne per l’astensione. E penso che i diritti valgano per tutti. Aggiungo un tema di metodo, perché molti di quelli che mi redarguiscono sono stati al governo negli ultimi dieci anni. Ora qui parliamo di referendum che tendenzialmente aboliscono delle leggi fatte dalla sinistra. Che adesso la sinistra, che sta all’opposizione, chiede di abolire. Se la cantano e se la suonano, come si dice a Roma. Ma io penso che se le materie che si pongono oggi all’attenzione degli italiani fossero state così dirimenti, la sinistra quando governava avrebbe potuto tranquillamente modificarle in Parlamento. Invece di chiedere di spendere altri 400 milioni di euro per interrogare gli italiani. Dopodiché, non metto bocca perché rispetto l’istituto referendario. È una questione che mi pare più interna alle varie correnti della sinistra. Segnalo sommessamente che la cosa che ho dichiarato io l’hanno dichiarata anche diversi esponenti, di massimo spicco, del Pd. I quali hanno annunciato che su alcuni referendum si recheranno alle urne, ma non ritireranno la scheda. Mi pare Lorenzo Guerini, Pina Picierno e altri…».
Lia Quartapelle...
«Torno alla domanda iniziale. Abbiamo gli stessi diritti o più ristretti? Io non penso che abbiamo dei diritti diversi dalla sinistra e quindi rivendico questa decisione».
Ma lei pensa che sia un referendum dentro la sinistra, cioè per decidere quale delle due fazioni è favorevole oppure no a queste misure?
«Io penso che sia tutta una questione interna alla sinistra. Poi ovviamente, per non dire che c’è un avversario interno si cerca un nemico esterno. E si sta montando questa campagna contro chi sostiene l’opzione dell’astensione, come hanno fatto fior fior di presidenti della Repubblica, come hanno previsto i Padri costituenti quando hanno messo un quorum per i referendum abrogativi».
Lei ha parlato prima di sfumature diverse, ma sul tema della cittadinanza che opinione ha?
«Sono contrarissima a dimezzare i tempi della cittadinanza. Continuo a ritenere che la legge sulla cittadinanza in Italia sia ottima. Tra l’altro molto aperta, nel senso che siamo da svariato tempo tra le nazioni europee che ogni anno concedono il maggior numero di cittadinanze. Cosa diversa è accelerare l’iter burocratico una volta che si ha il diritto di accedervi ed è una materia sulla quale lavoriamo».
Presidente, prima le ho fatto la battuta sulla legislatura e forse su una legislatura futura. Innanzitutto non è mai accaduto che un governo la concludesse. L’unico caso che io ricordi è quello del governo Berlusconi ma si fece un rimpasto, si nominarono altri ministri. Un governo che è stato incaricato all’inizio della legislatura e che arriva alla fine, nella storia della Repubblica non c’è. Quindi, siccome ogni tanto leggo di contrasti tra i vari gruppi che compongono la maggioranza, le chiedo: ma secondo lei c’è una manovra per provare a mandare a casa questo governo? E magari costituire una nuova maggioranza, soprattutto in vista della prossima legislatura che, fra l’altro, dovrà persino designare il futuro presidente della Repubblica?
«Guardi, che si tenti di osteggiare il governo mi sembra la cosa più naturale del mondo. Che ci si riesca mi pare oggi la cosa più difficile. Nel senso che la maggioranza è compatta e lavora bene. E, come ho detto tante volte, la compattezza di una maggioranza si vede dalla quantità di risposte che è in grado di produrre. E mi pare che questo governo di risposte ne abbia date molte. Approfitto per offrire un’informazione perché anche stamattina, e ogni volta che convoco una riunione con i ministri, particolarmente se è una riunione con i vicepremier, c’è qualcuno che scrive che io ho bacchettato qualcuno. Questo non è accaduto! Io sono fiera del lavoro dei miei ministri e particolarmente dei miei vicepremier. Sono fiera del lavoro di Matteo Salvini in un ministero oggettivamente molto complesso e sono fiera dell’impegno di Antonio Tajani in una situazione internazionale…».
Lo ha detto qui, si è definito il ministro più sfigato.
«E io con lui» (ride). «Tajani sta lavorando in un quadro particolarmente complesso. E quindi, al di là delle speranze che in molti possono covare e al di là di alcune ricostruzioni che a volte mi sembrano fatte per determinare dei fatti, piuttosto che per raccontarli, io lavoro perché questa legislatura arrivi al termine, con questo governo. È per me la sfida più grande. Credo che la riforma più grande che abbiamo dato finora a questa nazione sia quella della stabilità. Lei non ha idea, direttore, di quante volte, quando parlo con un mio omologo all’estero mi si dice: “Con l’Italia era molto difficile lavorare prima, perché ogni volta che incontravi il tuo omologo l’interlocutore era cambiato”. Io so che dare stabilità a questa nazione significa cambiare tante cose. Significa fare una politica di bilancio per la quale non devi spendere più dei soldi che hai per cercare consenso facile, perché hai tempo per vedere i risultati di riforme strutturali. Significa cambiare tutto e guardi che sta cambiando perché noi negli ultimi giorni abbiamo fatto un’emissione di Btp e abbiamo messo sul mercato 17 miliardi di euro e sono arrivate richieste per 210 miliardi. Sa cosa significa? Che siamo considerati solidi, sicuri. E fa la differenza, direttore, quando vuoi portare investimenti esteri, quando vuoi chiedere anche agli italiani di investire. Perché la prevedibilità, la certezza che non cambierà tutto in poco tempo fa la differenza. E io farò tutto quello che posso per arrivare alla fine di questa legislatura con questo governo. Poi ovviamente non dipende solamente da me. Ma sono ragionevolmente ottimista che le cose andranno così».
Anche se ci fosse un risultato diciamo non positivo alle prossime regionali?
«Guardi, si vota per cinque regioni la prossima volta. Se dovessimo calcolare questo come un metro oggettivo di dov’è la maggioranza degli italiani, mi corre l’obbligo di ricordare che da quando è iniziata questa legislatura attualmente siamo 11 regioni a 3. Diciamo che il gap non sarebbe già recuperabile, direttore» (ride). «Poi faremo del nostro meglio per presentare la candidatura di persone che possano essere credibili, autorevoli e vincenti. Ma non è un elemento dirimente per la tenuta della legislatura».
Lei prima raccontava che quando incontra gli altri premier viene lodata la nostra stabilità attuale, ma, in realtà, leggendo alcune ricostruzioni, ma soprattutto le dichiarazioni di alcuni esponenti dell’opposizione, l’Italia - e quindi anche lei che la rappresenta - sarebbe isolata. Lei viene anche da un incontro con il presidente francese, Emmanuel Macron: l’abbiamo rotto questo isolamento?
«Tutto si può dire fuorché che l’Italia sia isolata. Piuttosto credo che l’Italia abbia ritrovato un suo protagonismo, che lo abbia fatto con l’autorevolezza e con la franchezza che secondo me le devono essere proprie. Dopo la caduta dell’ultimo governo di centrodestra si è tentato di far passare il messaggio che l’unico ruolo possibile per l’Italia in politica estera fosse quello dello junior partner di Francia e Germania. Io sono oggettivamente un tantino più ambiziosa. Penso che l’Italia debba ricordarsi che è una grande nazione, una potenza economica che ha fondato l’Ue e la Nato. Quindi è evidente che bisogna andare d’accordo, è importante avere cooperazione e collaborazione con la Francia e con la Germania. Io, ad esempio, ho un ottimo rapporto con il nuovo cancelliere tedesco, Merz. Con Emmanuel Macron si è discusso molto perché abbiamo avuto un bilaterale di tre ore, ma le materie su cui Francia e Italia lavorano insieme sono un’infinità. Dopodiché però penso anche che l’Italia debba rivendicare una cooperazione tra pari. E debba rivendicare una sua autonomia, esattamente come fanno tutti gli altri. Non penso che il ruolo dell’Italia debba essere quello di ruota di scorta di Parigi e Berlino. Possiamo giocare un’altra partita e penso che oggi tutti abbiano fatto i conti con questa nuova linea di politica estera italiana e che questa dimostri che noi possiamo avere e giocare un altro ruolo. E quindi intendo andare avanti».
Ci saranno altri incontri con Macron?
«Ci sono solo questo mese altri tre vertici…».
No, intendo bilaterali?
«Guardi che ormai vedo più Macron di mia figlia» (ride). «Siamo sempre impegnati: c’è il vertice Nato, c’è il G7, c’è il Consiglio europeo… Passerò praticamente dieci giorni con tutti gli altri leader tra una cosa e l’altra. Quindi sì, ci saranno molti altri incontri, particolarmente nel mese di giugno».
Anche con Donald Trump ce ne sono stati alcuni?
«Anche con il presidente americano ce ne sono stati diversi e ce ne saranno ancora, tra vertice Nato e G7».
Ma in queste riunioni con Trump e con Ursula von der Leyen si arriva al dunque sui dazi secondo lei?
«Ci sto lavorando molto. Penso che il lavoro diplomatico che l’Italia ha fatto per favorire un avvicinamento sia stato molto utile. Dopodiché il dossier non è nelle nostre mani, è nelle mani della Commissione. Non sono gli Stati membri che trattano. Io ho dato i miei consigli alle persone coinvolte. Penso che ci sia a volte un problema di comunicazione: da una parte un approccio molto di dettaglio, che è quello della Commissione europea, e dall’altro un approccio più politico. Bisogna riuscire a trovarsi. Però io sono sufficientemente positiva sul fatto che continuare a favorire momenti di incontro che riguardano più in generale anche il rapporto transatlantico e il ruolo dell’Occidente nell’attuale dimensione sia utile. Siamo stati abituati a un mondo nel quale quando ci occupavamo di noi stessi ci occupavamo anche di tutto il resto. Oggi non è più così. Dobbiamo ripensare il nostro ruolo e ci dobbiamo guadagnare il nostro ruolo nel mondo. E penso che lo possiamo fare solamente insieme. Il famoso Make the West Great Again. Se invece ci allontaniamo non faremo altro che indebolirci l’un l’altro. L’Italia ha tenuto questa linea anche per i buoni rapporti che può vantare da una parte e dall’altra e continueremo a fare del nostro meglio. Sono ragionevolmente positiva sul fatto che alla fine si arriverà a una composizione».
Pensa che si arriverà invece a una pace in Ucraina o pensa che Putin stia solo prendendo tempo per riorganizzare le proprie file.
«I segnali non sono incoraggianti. C’è stato per lungo tempo il dibattito su quali fossero le cause della guerra in Ucraina, se fosse una certa assertività americana durante l’amministrazione Biden. E quella che la Russia percepiva come minaccia riguardo all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. O piuttosto, come io ritengo, il fatto che Putin covasse un sogno di recupero delle vecchie arie di influenza russa. Purtroppo quello che accade in queste settimane racconta molto. Se la realtà fosse stata quella che hanno sostenuto alcuni, allora di fronte a un presidente americano che oggi dice che quell’opzione non è sul tavolo e la Russia deve essere reinserita nella Comunità internazionale, ci si aspetterebbe da parte di Mosca di fare chiari, repentini passi in avanti nella direzione di una pace. E invece questo non sta accadendo. E quindi temo che si torni alla vera ragione dell’invasione: le sfere di influenza. Quello che Putin racconta come il ritorno agli storici confini della Russia. Quali siano questi confini è difficile dirlo, ma quei confini potrebbero coinvolgere la Moldavia, la Polonia…».
Lettonia…
«I Baltici. Quando io ho deciso di sostenere l’Ucraina, e continuo a farlo, al di là del fatto che credo che un popolo sovrano debba potersi difendere da un’invasione, l’ho fatto anche per un’altra ragione. Se l’Ucraina fosse capitolata immediatamente noi avremmo rischiato di ritrovarci una guerra più vicina a casa nostra. E poiché la pace è deterrenza, l’unica cosa che potevamo fare era rendere la guerra in Ucraina difficile, non conveniente. E se oggi si comincia a parlare di un tavolo negoziale è perché è stata costruita quella deterrenza. Dopodiché noi oggi dobbiamo continuare a sostenendo tutti gli sforzi che vengono fatti. Sicuramente quelli degli Stati Uniti, poi la mediazione del presidente turco Erdogan, fino alle disponibilità del pontefice a ospitare i negoziati in Vaticano per costringere la Russia a sedere al tavolo in modo serio. L’Ucraina ha detto di sì a un cessate il fuoco, ha fatto tutto quello che doveva fare. Dall’altra parte, segnali non sono ancora arrivati».
Ma secondo lei ci sono dei piani di attacco nei confronti dell’Europa da parte della Russia?
«Non ho gli elementi per dirlo. È una preoccupazione che viene manifestata legittimamente da molti Paesi che sono vicini al confine russo e che probabilmente hanno le loro evidenze. Non ho gli elementi, ma se il disegno è quello di un’espansione non c’è niente che si possa escludere.
Mentre per quanto riguarda Gaza cosa si può fare per costringere le parti a cessare il fuoco? L’accusano anche di non aver preso posizioni decise. Cosa risponde?
«Rispondo che tutti gli attori della regione del Medio Oriente riconoscono l’Italia come uno degli interlocutori più seri e credibili. E questo mi basta, al di là delle polemiche. Siamo stati chiari nel ricordare che questa guerra è stata iniziata da Hamas. Dopodiché il governo ha anche detto che la legittima reazione di Israele agli attacchi terroristici ha assunto dei contorni inaccettabili. Israele deve fermarsi immediatamente tutelando la popolazione civile. Ma noi abbiamo agito, non abbiamo parlato. Siamo uno dei Paesi al mondo che ha aiutato di più la popolazione di Gaza. Cosa bisogna fare ora? Gli attori fondamentali sono i Paesi del Golfo e i Paesi arabi, che si sono dimostrati molto responsabili. E penso che siano l’elemento che può fare la differenza nel trovare una ricomposizione. Dopodiché sappiamo che c’è anche l’Iran. E qui la questione si complica, ma è la ragione per la quale stiamo anche sostenendo i colloqui negoziali tra Iran e Stati Uniti».
Torniamo in Italia. Vi accusano di voler instaurare una sorta di regime e di limitare le libertà costituzionali di manifestare e di voler impedire il dissenso.
«Allora, ci accusano di autoritarismo per il decreto Sicurezza. Ma vale la pena ricordare qualche titolo: prevede un inasprimento delle pene per chi insulta e aggredisce le forze dell’ordine. Prevede una stretta contro i borseggi, contro la possibilità che si mandino i minori a fare accattonaggio. Prevede una stretta contro le truffe agli anziani, norme di estrema celerità per sgomberare le case occupate. E prevede delle norme che inaspriscono le pene contro chi per manifestare blocca le strade e le ferrovie. Tu puoi tranquillamente manifestare senza ledere i diritti degli altri. L’autoritarismo è una contrazione delle libertà. Quali sarebbero le libertà che noi staremo in un complimento?».
Occupare le case?
«Truffare gli anziani? Se la sinistra considera che queste sono libertà io sono fiera di stare dall’altra parte».
Rimanendo alle contestazioni dell’opposizione. La Verità ha raccontato nel dettaglio quali siano i finanziamenti al cinema che sono stati dati in questi anni, quasi sempre a film politicamente orientati e spesso neppure visti. Però vi dicono che volete tappare la bocca agli artisti.
«Abbiamo fatto delle norme di buon senso per impedire gli sprechi. Io penso che non fosse serio consentire che ci fossero delle produzioni che prendevano contributi pubblici milionari e poi al botteghino contavano pochi spettatori. Questa cosa ci è costata circa 7 miliardi di euro negli anni. Lei capisce che non possiamo continuare a permetterlo. Dopodiché non è che mi stupisce che chi ha beneficiato di questi lauti contributi contesti il governo. Qualcuno ha detto che ci comportiamo come un clan. Ma lei conosce qualche attore dichiaratamente di destra?».
Qualcuno.
«Ma non lo dicono. Non abbiamo notizia di esponenti del mondo del cinema di rilievo che non si dichiarino di sinistra, ma questo è statisticamente impossibile. Quindi la risposta è che gli altri non dichiarano le loro preferenze politiche perché altrimenti non lavorano. E allora, a chi dice che noi ci comportiamo come un clan devo rispondere che per me quando uno è bravo lavora, e non me ne frega niente di che cosa vota. Quelli che non fanno lavorare chi non vota come dicono loro hanno un comportamento da clan. Io credo nella libertà d’espressione delle proprie idee. E non butterò i soldi dei cittadini per pagare cose che non lo meritano».
Grazie presidente, allora l’aspetto l’anno prossimo.
«Grazie a lei, in bocca al lupo e complimenti».