2023-04-16
Il Napoli ritrova il tifo per la sfida al Milan
Il gol di Nicola Sansone in Bologna-Milan (Ansa)
I rossoneri fanno turnover profondo col Bologna e non riescono ad andare oltre l’1-1, nonostante l’ingresso di Leao e Brahim. Anche i partenopei bloccati dal Verona sullo 0-0, ma in vista del ritorno di Champions De Laurentiis ha ricucito con gli ultrà. Due punti e un golletto in due partite, la prova generale è tutta qui. Milan e Napoli giocano a distanza, accompagnati dai fantasmi a tre giorni dalla sfida della vita. Lo fanno sapendo che il destino incrociato si materializzerà al Maradona martedì, quando tutto si deciderà in una notte. Quella della vita, quella di Champions. Finisce 1-1 a Bologna, 0-0 a Napoli con il Verona, dove gli sparring partner non regalano niente, anzi provano lo sgambetto. Sintesi estrema: il Milan ha la testa fredda, il Napoli ha ritrovato Victor Osimhen. Il resto sarà affidato ai nervi, alla classe dei singoli, alla magia dei campioni sudati. Nella marcia d’avvicinamento alla montagna incantata parte per primo il Milan con dieci sherpa al posto dei titolari. Non è un bene, non può esserlo, a Bologna contro una squadra acida, scorbutica, sempre messa in campo da Thiago Motta con gli equilibri per far male. E infatti i padroni di casa segnano dopo 30 secondi (Nicola Sansone), tengono testa ai rossoneri, incassano il pareggio con una sassata di Tommaso Pobega ma non danno mai l’impressione di subire. Alla fine Stefano Pioli si rammarica per due rigori non visti dall’arbitro Davide Massa (sul fallo di mano di Jhon Lucumì anche il Var tira dritto senza approfondire) ma la differenza fra vittoria e quasi niente sta nella rinuncia ai titolari. A tutti i titolari. Spiega il tecnico: «Ho un grande rimpianto, quello di avere preso gol subito, non dovevamo partire così. Sul turnover un allenatore deve valutare, quest’anno abbiamo quasi sempre pagato gli impegni di Champions, giocare tre partite in sei giorni è difficile. È sceso in campo chi aveva più energie fisiche e mentali per far riposare chi disputerà la partita della vita con il Napoli».Tutto calcolato, ma l’effetto non può essere che questo. Oggi nei ruoli chiave Charles De Ketelaere e Divock Origi non reggono mai il paragone con i titolari, come Aster Vranckx, Fodé Ballo-Touré e un Ante Rebic senza gamba. L’intensità scende, gli avversari dettano legge e se ne vanno altri due punti preziosi nella corsa al terzo posto. Discorso spinoso e complesso: a un passo dalle semifinali della Champions di oggi, il Milan sceglie di rischiare quella di domani e raccoglie il secondo pareggio sanguinoso (dopo l’Empoli a San Siro) nel momento di accelerare. Morale: l’ultima vittoria in campionato proprio contro il Napoli, poi tre pari e due sconfitte. Un passo da depressione.Con la Lazio che sta blindando il secondo posto e la Juventus che spera di farsi ridare i 15 punti, le milanesi in passerella europea rischiano di rimanere con un pugno di mosche in mano. Ma nella roulette di aprile non si può fare diversamente. E l’ingresso dei grossi calibri al 70’ al Dall’Ara (Rafael Leao, Brahim Diaz, Davide Calabria) non cambia l’inerzia di una gara che lo staff tecnico milanista potrebbe rimpiangere. L’idea di andare a Napoli a guadagnarsi la semifinale prosciuga le forze. Nessuna colpa da addebitare a Pioli, semmai a un club sorpreso dal cammino europeo e non ancora attrezzato per gestire il doppio fronte. Il grande Milan di Arrigo Sacchi, Fabio Capello, Carlo Ancelotti non rinunciava mai ai migliori. Altra pasta. Il pomeriggio dello slalom (quasi) parallelo continua proprio al Maradona, dove Aurelio De Laurentiis con un gesto saggio decide di azzerare i veleni in un colpo solo. Convoca i capi ultrà, stringe loro la mano all’Hotel Britannique, poi si fa fotografare con i 15 leader ribelli. È la pace, non si sa quanto armata, ma il tifo torna in curva con striscioni, bandiere e il tradizionale calore partenopeo. Il Vesuvio sportivo tuona accanto alla squadra e la realpolitik riporta tutti sulla strada giusta. Aveva detto Luciano Spalletti: «Se sento contestazioni prendo e me ne vado». Messaggio ricevuto, non è il momento di pazziare. Già la notizia della scorta al presidente per timore di brutti scherzi aveva fatto il giro d’Europa. Tutto rientra, tranne Osimhen.Il tecnico ne cambia sei contro il Verona, ma lui può. Ha già cucito lo scudetto sul petto, in Champions ci torna comunque. Il primo tempo è un minuetto lento, gli scaligeri sono come al solito coriacei e bisognosi di punti, un gol di Mathias Olivera viene annullato per fuorigioco ma per tre volte Kevin Lasagna fa venire la gastrite al golfo. Lo zero a zero non si schioda, 80% di possesso palla e nessun tiro in porta: le italiane grandi in Europa diventano piccole nella giungla vietnamita del solito campionato pieno di trappole.Nella ripresa la palla gira lenta esattamente come a Bologna, Giacomo Raspadori e Hirving Lozano sono altro rispetto ai titolari, prevedibili, ingabbiabili, sostanzialmente stanchi. Allora Spalletti fa scaldare i suoi leoni da battaglia, si allacciano gli scarpini Piotr Zielinski, Stani Lobotka e Kvara, il magico diminutivo, per chiudere la pratica. Poi a 20’ dalla fine il Maradona è percorso da un sussulto, da una scarica elettrica che precede il ritorno del fenomeno mascherato: riecco Osimhen. Il suo ingresso è un segnale per il Verona: basta sogni, tutti in trincea, anche se nel recupero Cyril Ngonge spreca la beffa in contropiede, solo davanti ad Alex Meret.Il finale è comunque una tonnara nell’area veneta. All’82’ il centravanti ritrovato spazza via ogni dubbio sulle sue condizioni e gira al volo un pallone feroce che si stampa sulla traversa a portiere battuto. È il messaggio a Pioli che sta guardando in tv, un grido di guerra per l’assalto alla semifinale della storia. Il punticino è insignificante, il Napoli in difesa resta abbordabile per le folate di Leao. Prendere appunti, il conto alla rovescia è cominciato.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.