2025-03-01
L’Inter tenta la fuga ma il Napoli la riacciuffa
Al Maradona finisce 1-1 grazie al gol a tre minuti dal novantesimo di Billing. Che annulla il capolavoro su punizione di Dimarco del primo tempo. I nerazzurri restano avanti di un punto sulla squadra di Conte mentre l’Atalanta non ne approfitta col Venezia.Non è successo niente. Com’è normale in un duello scudetto al primo di marzo, la narrazione lascia il posto alla realtà. E sotto il Vesuvio, fra prima e seconda, si sparano solo mortaretti. Finisce 1-1 fra Napoli e Inter, con gli azzurri in veemente rimonta all’ultimo respiro e con i nerazzurri costretti alla trincea per un’ora dopo il gol capolavoro di Federico Dimarco su punizione, un colpo da biliardo di sinistro all’incrocio stile Maradona, allo stadio Maradona, per la prima volta da quando è stato chiamato così. Sembrava un segno del destino, è solo una pennellata romantica perché la classifica rimane lì, pietrificata, con i milanesi un punto avanti ai napoletani, con l’Atalanta che si mangia le mani per aver buttato via un’occasione d’oro (0-0 in casa con il Venezia). E con una corazzata che si avvicina sbuffando e scricchiolando laggiù oltre Capri, la psycho Juventus del traballante Thiago Motta. Se domani batte il Verona va a -6 dalla vetta, e al gran ballo per lo scudetto s’iscrive anche lei.«Godiamoci il percorso», mentiva Antonio Conte alla vigilia per scaricare la tensione. Non ci credeva nessuno e infatti è il più tosto, feroce Napoli della stagione quello che mette paura ai campioni d’Italia, li costringe alle corde dopo lo svantaggio, e chiude ruggendo, fermato solo dalla partita sontuosa di Alessandro Bastoni (niente di nuovo) e del portiere di riserva Josep Martinez (sorpresona), che impediscono ai padroni di casa di incassare il dividendo pieno. Al Maradona va in scena una sfida strana, le due squadre più forti escono dall’inverno provate dopo un mese di «ciapa no». L’Inter per via degli infortuni e dei tre fronti di conquista (troppi per un organico anziano e sopravvalutato); il Napoli per la consueta accidia delle squadre di Conte a metà stagione, quando le batterie si stanno esaurendo e le colonnine di ricarica non si trovano. Morale: l’Inter guida il gruppo pur con 12 punti in meno rispetto allo scorso anno, il Napoli insegue a ridosso nonostante nelle ultime cinque partite abbia fatto 4 punti (marcia da retrocessione). Eppure sono prima e seconda. Più che spettacolo, questa è lotta laocoontica nel fango.Il Napoli pressa altissimo e raddoppia con ferocia, l’Inter non passa la propria metà campo. E quando lo fa con Marcus Thuram, Amir Rrahmani lo stende da dietro: solo gamba. Tutto regolare per l’arbitro Daniele Doveri. La partita è subito dura e bloccata: squadre a specchio con il loro amato 3-5-2. Non tira aria di fioretto, si usa la mazza ferrata. Il tempo di notare che Romelu Lukaku sta bene e ha voglia di rivincite assortite, e l’Inter passa. Lo fa dopo un intervento molto sospetto di Scott McTominay su Denzel Dumfries in area. Lo fa al 22’ su punizione dal limite che Dimarco trasforma in un capolavoro: palla nel sette alla Diego nel tempio di Diego. È uno sparo nel buio che potrebbe abbattere Polifemo. Invece ha l’effetto di un colpo di fucile in un accampamento addormentato all’alba: la reazione del Napoli è veemente. Gli azzurri prendono il comando del gioco e collezionano occasioni: al 31’ una legnata in mischia finisce su un braccio di Dumfries; Doveri a un metro decide che non è niente e non lo va a rivedere. Ormai c’è più Var nella Casa Bianca che negli stadi italiani. Al 33’ Lukaku al volo colpisce l’esterno della rete, al 34’ Raspadori pasticcia a tu per tu con il portiere nerazzurro, al 44’ ancora il gigante belga devia a filo d’erba su cross di Raspadori ma Bastoni salva il gol fatto. Ora il Napoli domina e l’Inter è in apnea, alle corde come Muhammad Alì a Kinshasa. Ma quando si toglie dall’angolo è micidiale e il tempo si chiude con una pallagol di Dimarco (ancora lui) cancellata da un miracolo di Alessandro Buongiorno. Dopo metà partita lo scenario è chiaro: i nerazzurri soffrono, sembrano una squadra normale perché Hakan Calhanoglu ed Henrikh Mkhitaryan faticano a tenere il ritmo indemoniato di Stani Lobotka, Billy Gilmour, McTominay e soprattutto Matteo Politano, immarcabile sulla fascia destra. Quanto a Lautaro Martinez e Thuram, non pervenuti.Si riparte con lo stesso copione: Inter in trincea. Ci rimane con ancora più apprensione quando escono per problemi muscolari Calhanoglu (dentro Piotr Zielinski) e Dimarco (dentro Benjamin Pavard). Non avendo più esterni, Simone Inzaghi passa a quattro dietro. Cambia poco, la differenza d’intensità è enorme. Lo specchio è l’atteggiamento degli allenatori: Inzaghi pare un filosofo presocratico, Conte è tarantolato. Quando un siluro di McTominay viene deviato dal portierino nerazzurro e Batman Bastoni tampona l’ennesimo forcing azzurro, sembra che la notte sia stregata.Il Napoli merita almeno il pareggio, che arriva all’86’ per merito del perticone Philip Billing: su percussione di Lobotka (sontuoso), il danese ha bisogno di tirare due volte per far impazzire lo stadio. Sul primo pallone la riserva di Sommer c’era arrivata. Finisce 1-1 con il Napoli più vivo che mai e l’Inter davanti a tutti. Anche se non vince uno scontro diretto da agosto (contro l’Atalanta). Nell’indecifrabile geroglifico di questo campionato, vorrà pur dire qualcosa.
Papa Leone XIV (Getty Images)
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