2024-11-13
Musk: «Giudici italiani da cacciare»
L’intervento del patron di Tesla e Starlink, grande elettore del futuro presidente Usa, fa infuriare l’Anm e impazzire i progressisti. Gli stessi che si lasciano foraggiare da Soros e plagiare da Gates e Zuckerberg ora gridano all’ingerenza del capitalista straniero.Cinque paroline per scatenare l’inferno. «These judges need to go», questi giudici se ne devono andare. Firmato Elon Musk. Non ha aggiunto il gesto della mano con il quale dovrebbero essere accompagnati - dita unite rivolte in basso e polso a pendolo - solo perché nessuno lo ha fotografato mentre esprimeva su X il sintetico pensiero contro le toghe italiane, colpevoli di bloccare gli espatrii degli immigrati irregolari in Albania. Il giudizio del miliardario satellitare, grande elettore di Donald Trump e amico di Giorgia Meloni (fu ospite ad Atreju), ha cambiato la temperatura nella stanza della politica all’amatriciana e rilanciato il teatrino tutto interno alla sinistra fricchettona e manettara, basato sul quotidiano «allarme democratico».La doverosa premessa è che Musk non è un ministro ma un privato cittadino americano, pur influente ai massimi livelli nell’epoca del turbo globalismo, quando i tycoon digitali valgono, in dollari, più del Pil di nazioni come l’Irlanda o il Portogallo. Quindi, sui social ha il diritto di esprimere il suo parere in canottiera come Alessandro Gassman, Vasco Rossi o Heather Parisi. Ciò che twitta può essere opinabile, criticabile quando tuona contro un pilastro istituzionale straniero con la leggiadria di un ippopotamo (infatti Maurizio Lupi di Noi moderati le ha definite «parole inopportune»). Ma chi grida al golpe rischia di oltrepassare le colonne d’Ercole del ridicolo.Non è la prima volta che Musk punta il dito contro la magistratura italiana anche perché quel mondo si interseca da almeno 30 anni (più o meno a senso unico) con la politica del nostro Paese, condizionandone spesso gli indirizzi. Il patron di Tesla e Starlink era già sceso in campo durante il processo Open Arms a difesa di Matteo Salvini: «È scandaloso che sia sotto processo per aver fatto rispettare la legge», aveva twittato. «Dovrebbe essere quel giudice pazzo ad andare in prigione per sei anni». E proprio il leader della Lega, oggi come allora, lo ringrazia a modo suo: «Ha ragione. Il 20 dicembre potrei ricevere una condanna a sei anni di galera per aver bloccato gli sbarchi di clandestini. Visto dall’estero, tutto questo sembra ancora più incredibile».La passeggiata spaziale dentro i provvedimenti giudiziari manda in corto circuito la sinistra giustizialista, per nulla rabbonita dal pensiero del capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti, che accarezza il buonsenso: «Musk non è un ministro di un Paese estero ma un cittadino, ancorché importate. La politica è una cosa, la società un’altra. Capisco che molti confondano le due realtà, ma questo è un problema di retaggio ideologico». Niente da fare. Angelo Bonelli (Avs) e Andrea Casu (Pd) chiedono alla premier Meloni «di venire in Aula o di valutare lei stessa se intenderà intervenire sulle parole pronunciate», scambiando Musk per Giovanni Donzelli o Francesco Lollobrigida. Simona Bonafè (Pd) verga una nota dal Nazareno: «È grave che Musk si senta politicamente autorizzato a delegittimare l’autorità giudiziaria italiana. Il governo italiano deve reagire con fermezza, ribadendo che le nostre istituzioni non si piegano né a pressioni straniere, né ai ricatti delle multinazionali».Ancora più furente è Laura Boldrini, che non ha ancora smaltito la gastrite elettorale a Washington e pone una domanda retorica a palazzo Chigi: «A che titolo Elon Musk pensa di poter dire cosa devono o non devono fare i giudici italiani? Cosa gli dà il diritto di interferire con un potere indipendente di uno Stato sovrano?». Risvegliatasi improvvisamente sovranista, ammonisce Meloni: «Tenga a bada il suo idolo e gli dica di astenersi dal mettere in atto queste invasioni di campo».Lo struggimento è generale. La frase indigesta rivolta da un pericoloso capitalista ai più preziosi alleati dell’opposizione, con l’implicito desiderio di mandarli a Ventotene, indigna le coscienze e scatena l’ipocrisia. È stupendo vedere sulle barricate, contro le cinque «parole pericolose per la democrazia» e a difesa dell’indipendenza italiana, la stessa categoria dello spirito che per anni si è commossa fino alle lacrime davanti alle ingerenze destabilizzanti di George Soros (finanziatore supremo di Ong taxi del mare), davanti al tifo turboprogressista di Bill Gates, davanti alle censure a senso unico ammesse da Mark Zuckerberg nell’audizione al Congresso, perfino davanti alle «interferenze artistiche» di Richard Gere nella politica migratoria del governo. Tutto ciò in nome di un principio filosofico davvero alto: il miliardario di turno è un cherubino se sta con noi, ma è un criminale se sta con gli altri. E questa è coerenza.La reazione del mondo giudiziario ha accenti surreali. Il segretario dell’Anm (il sindacato dei magistrati), Salvatore Casciaro, considera mister Tesla un interlocutore istituzionale e auspica «che ci sia maggior rispetto per la magistratura e per la giurisdizione». La Lega replica con una nota: «Ci chiediamo se il rispetto istituzionale evocato dall’Anm è quello del suo ex presidente Luca Palamara secondo il quale “Salvini ha ragione ma va attaccato”. Consigliamo all’Anm di dedicarsi meno a Musk e più al lavoro». Secondo Ernesto Carbone, membro laico del Csm ed ex parlamentare del Pd, «questi oligarchi che sfruttano mondi nuovi per controllare la politica mondiale sono un pericolo per la democrazia». È rassicurante notare come i campioni siliconvallici della democrazia digitale (quando erano dem) si trasformino in oligarchi dai canini affilati. Bisognerebbe arrestarli.