2021-10-29
Emergenza finita ma solo per il fisco
(Illustration by Lorenzo Di Cola/NurPhoto via Getty Images)
Termina martedì la moratoria per i pagamenti concessa in seguito alla pandemia. Che quindi, quando si tratta di incassare, lo Stato considera superata. Per i cittadini-sudditi resta invece il green pass più duro del mondo e anzi si vuole prolungarlo oltre la scadenza.L'emergenza Covid è finita. Almeno per l'Agenzia delle entrate, che ieri si è presa la briga di diffondere un comunicato per informare i contribuenti che la moratoria del pagamento delle tasse è finita. In pratica, è ora di aprire il portafogli. Entro il 2 novembre vanno «regolarizzati i pagamenti delle rateizzazioni già in essere» quando scattò la sospensione dei versamenti a causa della pandemia. Per le rateizzazioni concesse dopo l'8 marzo dello scorso anno, quando cioè il governo Conte rinchiuse gli italiani in casa, disponendo la serrata di molte attività commerciali, non è prevista alcuna proroga e, anzi, se si ritarda il saldo delle rate previste si incorre nella decadenza dei benefici del dilazionamento. Per la rottamazione e il saldo e stralcio delle cartelle esattoriali invece, c'è tempo e il fisco ricorda che i contribuenti possono prendersela comoda fino alla fine del mese. Non di quello attuale, intendiamoci, ma di quello prossimo. Altrimenti, se si supera il 30 novembre, anche in questo caso si perdono i vantaggi così faticosamente conquistati durante l'emergenza. Vi state chiedendo perché l'Agenzia delle entrate abbia dichiarato finita la fase più difficile dell'epidemia? La risposta non c'è, almeno a sentire gli esperti del governo, i quali ogni giorno insistono invece a sostenere che con il Covid non si deve abbassare la guardia e per questo giustificano l'introduzione del green pass, ossia di uno strumento che non è sanitario, ma senza il quale non si può lavorare e fare vita sociale. Per l'esecutivo di Mario Draghi, l'emergenza c'è eccome e infatti, nonostante dopo due anni i poteri straordinari introdotti da Giuseppe Conte dovrebbero essere revocati, perché dopo 24 mesi non c'è modo di prorogarli, Palazzo Chigi sta escogitando un modo per aggirare la decadenza e prolungare l'emergenza. Già si parla di un allungamento fino alla primavera, perché il pericolo dei contagi non sarebbe del tutto scongiurato. In effetti, se si confrontano i dati rispetto a un anno fa, la situazione potrebbe far pensare di non essere ancora fuori dall'incubo. Il 10 ottobre del 2020, prima che cominciasse di fatto la seconda ondata, i nuovi casi di malati Covid erano 5.724, con 29 morti. Il 10 ottobre del 2021 i contagiati sono stati 2.278 e i morti 27. Ma oggi, come ci spiegano ogni giorno i virologi da salotto tv, l'80% degli italiani ha ricevuto la prima e la seconda dose di vaccino e nelle fasce di età ritenute critiche, cioè dai 60 anni in su, si arriva addirittura quasi al 90% (per gli ottantenni la soglia ritenuta di sicurezza è addirittura abbondantemente superata). Dunque, visto che la mortalità è quasi nulla fra le persone che hanno un'età compresa fra i 12 e i 39 anni (si contano dieci vittime nel periodo fra luglio e settembre), ossia tra coloro che non risultano aver raggiunto ancora la quota della cosiddetta immunità di gregge, perché insistere con l'emergenza? Altrove, in Germania ad esempio, il ministro della Salute ha già annunciato l'intenzione di revocare le misure straordinarie imposte dal Covid, ma da noi no. Anzi, da noi si pensa a un ulteriore giro di vite. Con la scusa che i contagi non si abbassano (anche se l'indice da tenere d'occhio è comunque al di sotto della soglia di attenzione), nonostante le terapie intensive non siano intasate e pure l'occupazione dei posti letto in ospedale non desti preoccupazione, c'è chi al ministero della Salute sta pensando a come costringere a vaccinarsi i tre milioni di italiani che, nonostante il green pass, non si sono ancora rassegnati a offrire il braccio alla patria. Andrea Crisanti, il virologo più critico nei confronti delle misure di riapertura delle attività, invita a lasciar perdere, perché in tutti i Paesi c'è una certa quota di scettici e anzi suggerisce di non regalare i no pass ai no vax, magari imponendo a chi non vuole esibire il certificato verde di indossare una mascherina Ffp2. Ma ai pasdaran del lasciapassare vaccinale, sistema altamente affidabile tanto da essere bucato fino a rilasciare passaporti verdi a tizi con il nome di Adolf Hitler, tutto ciò non basta, perché l'emergenza non è finita. Può essere che i talebani del green pass abbiano ragione, ma allora forse dovrebbero informare l'Agenzia delle entrate. Se dobbiamo aspettarci i colpi di coda del Covid, vale anche per le tasse. Altrimenti, più che cittadini e contribuenti significa che per lo Stato siamo sudditi, che devono obbedire e pagare senza accampare diritti. E allora cambiamo la Costituzione e stabiliamo che la sovranità non appartiene al popolo, ma al burocrate e al virologo, così quando le cose andranno male sapremo con chi prendercela.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)