2022-06-16
Il banchiere di sistema va alla guerra dello spread
Carlo Messina (Imagoeconomica)
Bce in campo sui titoli, Carlo Messina «autarchico»: «Qualcosa non va nei mercati, l’Italia faccia da sola».«Noi come Paese non abbiamo un problema di sostenibilità del debito, questo deve essere un messaggio chiaro, l’Italia ha la forza di fare le cose in autonomia senza essere attaccata al bocchettone di Francoforte, soprattutto quando hai 10 trilioni di risparmi. È necessario attuare dei piani per accelerare la crescita ma che riducano la dipendenza dalla Bce». L’appello è stato lanciato ieri dall’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, con un piglio quasi più da premier che da banchiere. E con sfumature che sono parse quasi sovraniste ad alcuni osservatori, sebbene quello invocato dall’ad sia più che altro un modo per mantenere margini di libertà strategici. Di certo, quando parla il timoniere della principale banca italiana - nonché l’unica oggi in grado di poter mettere sul tavolo oltre 400 miliardi di nuovo credito nel periodo dal 2021 al 2026 - a Palazzo Chigi non possono abbassare il volume e le parole lasciano un solco assai più profondo rispetto alle solite esternazioni di esperti o di politici. Il gruppo Intesa Sanpaolo di fatto è il secondo creditore dello Stato e può essere considerato un importante stakeholder del governo Draghi, il quale è considerato anche una sorta di scudo anti spread per la banca di sistema guidata da Messina. Che ieri, intervenendo all’evento Young Factor, ha sviluppato il suo ragionamento sottolineando che «lo spread può essere a 100-150 punti base, non quello che vediamo oggi». Secondo l’ad, «è importante concentrarsi, in mezzo alle attuali turbolenze del mercato, sui fondamentali e non seguire gli speculatori. Quando si fa un’analisi bisogna partire dai fondamentali, non da quello che può succedere tra due o tre giorni o un mese. Sono i fondamentali quelli che ti consentono di capire lo spread nei prossimi mesi nei diversi Paesi e l’impatto che questo può avere a livello di aumento dei tassi». E ancora: «Posso confermare che l’Italia ha delle fondamenta solidissime. Abbiamo chiaramente qualche elemento di sensibilità legato al debito pubblico e alla crescita. Se guardiamo i fondamentali dei Paesi in Europa si vede chiaramente un impatto a livello di rallentamento della crescita, che è influenzata sicuramente dall’inflazione e poi anche dall’impatto della guerra chiaramente. Ma i fondamentali dei Paesi europei sono solidi». Quindi, «non bisogna andare nel panico». È chiaro - ha osservato poi - «che c’è qualcosa che non funziona sui mercati. Che ci sia una speculazione è certo, ma che lo spread dell’Italia non possa essere come quello della Grecia è altrettanto evidente».Quanto al timore di una stagflazione, «perché parlarne? Non c’è. La crescita industriale in Italia è la migliore d’Europa. Cerchiamo di avere sempre un approccio realista, non dico ottimista, ma realista», ha aggiunto. Precisando poi che sulla stagflazione «c’è un’ipotesi teorica che possa accadere. È un punto sul quale da un lato le politiche monetarie possono arrivare fino a un determinato livello, poi è responsabilità dei governi accelerare sulla crescita, dove serve con grande attenzione alle disuguaglianze, perché dobbiamo sempre ricordarci che prima di tutto bisogna avere la tenuta sociale del Paese. La prima cosa è prendersi cura delle fasce che hanno bisogno e poi lavorare sui motori della crescita».Sullo sfondo, però, resta il problema del debito pubblico che ad aprile - sono i dati aggiornati sempre ieri da Bankitalia - è salito a 2.758,9 miliardi di euro, in crescita di 3,49 miliardi di euro rispetto al mese precedente. Il dato risulta in crescita di 78,7 miliardi di euro rispetto ad aprile 2021. E se c’è stata una reazione, ieri, della Bce con la riunione straordinaria del Consiglio è anche tesa a fermare proprio una spirale del debito nostrano (o quantomeno a rassicurare gli investitori che l’Italia non verrà abbandonata). Le considerazioni fatte ieri da Messina sono comunque in linea con quelle fatte a più riprese dal banchiere nelle ultime settimane, fornendo anche una ricetta: «Da un lato bisogna far crescere il Pil, ma poi bisogna iniziare a ridurre lo stock del debito. Lo Stato ha una serie di proprietà immobiliari, degli asset che potrebbero confluire in fondi immobiliari», che «sarebbero in grado di generare rendimenti per i risparmiatori», aveva detto Messina lo scorso 31 maggio al termine delle considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale aveva sottolineato l’importanza di mantenere alta la guardia sul debito pubblico. Insomma, i debiti vanno pagati e per questo la priorità è mettere in campo tutte le iniziative possibili, per esempio valorizzando il patrimonio di Stato e Regioni e sbloccando gli investimenti pubblici. Il 20 aprile, lo stesso banchiere, aveva sottolineato anche che «non possiamo pretendere che i Paesi europei continuino a finanziare il nostro debito pubblico. A un certo punto il nostro Paese dovrà affrontare il tema con le proprie forze. C’è il rischio di diventare marginali se non saremo in grado di rafforzarci da soli». Concetto ribadito anche ieri.