2025-02-25
        «Mille colpi», la nuova serie Disney dal creatore di «Peaky Blinders»
    
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A thousand blows, disponibile su Disney+ da venerdì 21 febbraio, è ambientata nella stessa epoca di Peaky Blinders, a cavallo, sempre, fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Londra è grigia e piovosa, l'East End ben lontano dal fascino chic di cui è ammantata oggi.L'asticella è stata posta in alto. Non da uno spettatore fuori fase, troppo preso dal gioco narrativo di Peaky Blinders per poter discernere con lucidità tra ciò che è e ciò che potrebbe essere, ma da Steven Knight, colpevole (se così è lecito dire) di aver indovinato una produzione via l'altra.Steven Knight è un genio, le sue piccole opere d'arte. Peaky Blinders, su tutte, ha saputo definire un proprio immaginario collettivo, producendo - con la sua fine - una serie di orfanelli: bambini sperduti, rimasti senza più nulla cui guardare. Netflix ha promesso un film, che possa ringalluzzire chi su quella stagione ultima ha pianto lacrime amare. Knight, sceneggiatore della compianta serie tv, ha vagheggiato di possibili spin-off. Nel frattempo, però, ha deciso di risolvere gli animi (o provare a) con una serie tv che possa ricordare le atmosfere che furono.Mille colpi, disponibile su Disney+ da venerdì 21 febbraio, è ambientata nella stessa epoca di Peaky Blinders, a cavallo, sempre, fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Londra è grigia e piovosa, l'East End ben lontano dal fascino chic di cui è ammantata oggi. Per vivere, era un posto orribile. Le regole, però, erano certe, fisse: criminali codici, cui si rifaceva soprattutto la gang femminile delle Forthy Elephants. Le donne, abilissime nello sfuggire ai controlli della polizia, non sono frutto di una fantasia. Esistevano, in quella Londra lì, fra i due secoli di cui sopra. Esistevano e spadroneggiavano, gruppo criminale specializzato in ruberie. A mille colpi, nei suoi sei episodi, non racconta di loro, ma - come già fatto in Peaky Blinders - ne approfitta per articolare un mondo nuovo, non vero, ma verosimile. Un mondo, per giunta, che abbia qualche punto di contatto con quello odierno.Inutile, nella fattispecie, andare ad indagare metafore e rimandi. Quelli sono triti, ormai noti. A mille colpi, in parte, è il pretesto attraverso il quale criticare l'Inghilterra della Brexit, una società vagamente ipocrita e razzista, incapace di accogliere come dovrebbe il diverso. Ma, oltre la retorica, è qualcosa di più: il tentativo di ricostruire le fondamenta di un mondo ormai sommerso, mescolando - con intelligenza e furbizia - realtà e finzione. Londra, dunque, è quel che è stata. I Quaranta Elefanti puri. Hezekiah Mosca ed Alec Munroe, invece, non sono mai esistiti, non davvero. Nello spettacolo, sono due amici fraterni, appena sbarcati nella promettente Inghilterra. Hanno lasciato la Giamaica, in cerca di una fortuna che il colore della propria pelle non consente loro di avere.A Londra, scuri fra i bianchi, sono due fenomeni da baraccone, poco più che animali, sputati fuori dalle periferie e da chi le abita. Ma Ezechia la sua apparenza decide di sfruttarla, e di sfruttare insieme la sua fisicità. Sceglie, cioè, di darsi ai combattimenti clandestini e cercare il successo come pugile. Cosa che gli vale l'attenzione di Mary Carr (Erin Doherty , in un ruolo molto diverso dalla Principessa Anna di The Crown ), leader dei Quaranta Elefanti. La donna, sgamata e lungimirante, vede in Ezechia il tramite attraverso il quale imporsi tra i sindacati criminali. Poco le importa l'ascesa di Hezekiah possa minacciare lo status quo del campione in carica, Sugar Goodson (Stephen Graham), portandolo ad inseguire una forma cieca e sanguinosa di vendetta.
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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        Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)