2020-05-22
Michel Onfray, il principe degli atei contro il gender e l’utero in affitto
Michel Onfray, (Getty Images)
Il filosofo francese, sulle orme di George Orwell, descrive la nuova forma di totalitarismo che domina in Europa: «Postula la separazione dell'uomo dalla natura. E punta a creare un individuo neutro». «Viviamo nel 1984 almeno dal 1983». È difficile dare torto a Michel Onfray, il filosofo francese divenuto celebre per il Trattato di ateologia, quando sostiene che siamo ormai da tempo sottomessi a una nuova forma di totalitarismo. Un tipo di società totalitaria che Onfray chiama L'Impero di Maastricht, ovvero un Leviatano europeista che «ha una sua bandiera, una sua valuta, un suo inno, una sua Costituzione, una sua compagine di eletti, un suo Parlamento, un suo insieme di organi direttivi, un suo diritto, un suo complesso di leggi e una sua ideologia liberal-nichilista». In Teoria della dittatura, appena pubblicato da Ponte alle Grazie, il pensatore francese, partendo dall'analisi di 1984 e La fattoria degli animali di George Orwell, scandisce i 7 passaggi che hanno portato all'affermazione del totalitarismo oggi imperante: «Distruggere la libertà; impoverire la lingua; abolire la verità; sopprimere la storia; negare la natura, propagare l'odio; aspirare all'Impero».Il punto più interessante, tuttavia, è quello che riguarda la negazione della natura, soprattutto perché a discuterne è un autore che non potrebbe essere più distante dai valori del cattolicesimo e del tradizionalismo. Onfray, senza andarci troppo per il sottile, potrebbe essere addirittura considerato anticristiano: ma questo particolare rende ancora più potente la sua critica al pensiero dominante, cioè quello progressista. «Il progresso», dice Onfray, «consiste nel credersi progressisti perché vendiamo bambini comprati da donne povere che mettono il proprio utero in affitto; consiste nel pensare che la realtà della differenziazione sessuale e della differenziazione etnica sia tutta una favola e che raccontare la realtà voglia dire creare la cattiva interpretazione che se ne dà. Il progresso», prosegue, «consiste nel consumare prodotti realizzati da un complesso industriale che privilegia le coltivazioni idroponiche, gli introiti e le modificazioni genetiche; consiste nell'intossicarsi anche semplicemente respirando, bevendo acqua o curandosi; consiste nel trasformare la sessualità in una delle modalità del commercio e del consumismo; consiste nel rendere la relazione sessuale una relazione virtuale; consiste nell'organizzare la frustrazione libidica attraverso l'industria pornografica».Nella nuova dittatura si compie la separazione totale dell'uomo dalla terra. Anzi, si accentua il conflitto tra natura e cultura: «L'uomo è preso in considerazione al di fuori dei cicli naturali, al di là dei cicli delle stagioni, dei cicli solari o lunari e dei cicli cosmici. L'uomo è figlio del calcestruzzo e dell'asfalto, un rampollo delle città e del cemento, un prodotto delle biblioteche e, da qualche tempo, anche dei flussi digitali». La natura viene presa in considerazione soltanto quando si parla di «ecologia urbana» e «solo dal punto di vista antropico: secondo questa visione urbano-centrica del mondo, l'uomo resta al centro della natura, ne è il padrone e il proprietario». Di conseguenza, può piegarla come vuole, sfruttarla e modificarla a suo piacimento.Separare l'uomo dalla natura ha conseguenze catastrofiche. In questo modo si produce «un corpo artificiale che tende alla neutralità». E per giungere alla neutralità si devono giocoforza «abbandonare tutti i dati che alla natura appartengono. Solo a quel punto», spiega Onfray, «si potrà eliminare il maschile e il femminile e annunciare la fine dei sessi senza incorrere nella contraddizione di un sessismo che è discriminazione tra due concetti di sesso negati a parole».Il nuovo totalitarismo postula che «noi non nasciamo né di sesso maschile né di sesso femminile, ma neutri e che diventiamo ragazzi o ragazze solo per questioni di cultura, di civiltà, di società e d'indottrinamento, attraverso stereotipi che andrebbero decostruiti fin dalla scuola, che ne produce effettivamente in quantità». Chiunque osi sfidare il pensiero dominante - cioè alzare la testa e guardare al cielo - viene immediatamente criminalizzato affinché si sbrighi ad abbassare la cresta. Chi si oppone all'Impero viene trattato da «ignorante, da vecchio, da campagnolo, da sottoccupato, da poveraccio, da illetterato e, politicamente, da nazionalista, da guerrafondaio, da razzista, da xenofobo e, più tardi, da omofobo e da populista». Dare la caccia ai pericolosi individui che si ostinano a contestare, per altro, non è mai stato così facile: «Siamo una società sottoposta a controlli di ogni tipo», scrive Onfray, «una società in cui la parola, la presenza, l'espressione, il pensiero, le idee e gli spostamenti sono completamente tracciati e tracciabili. Le informazioni recuperate potranno essere tutte usate per istruire le pratiche destinate al tribunale del pensiero».Volete un esempio di «tribunale del pensiero»? Beh, è esattamente quello che si pensa di costruire tramite la legge contro l'omotransfobia che verrà discussa in Parlamento a partire da luglio. Della giuria, ovviamente, faranno parte le oltre 60 associazioni Lgbt che il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, ha chiamato a far parte del nuovo «tavolo Lgbt» istituito dal governo. Ne fu creato uno analogo, ai tempi del governo di Lega e 5 stelle, da Vincenzo Spadafora, ma si tramutò presto in una sorta di palchetto istituzionale da cui sparare a zero contro le destre colpevoli di aver reso l'Italia omofoba e razzista. Ora la Bonetti ci riprova, e questa volta non ci sono sovranisti al potere che possano rompere le uova nel paniere. Via libera, dunque, alla persecuzione del pensiero difforme e, ovviamente, all'indottrinamento. Magari nelle scuole, i luoghi ideali in cui impartire «l'apprendistato mentale» e creare individui che siano privi «della volontà e della capacità di avere pensieri troppo approfonditi su alcunché». Esattamente come diceva Orwell.