2024-01-05
Mes kaputt. Silenzio sulla politica industriale
Salvastati addio: «Obsoleto». Nessuna dichiarazione sul futuro dei settori strategici per rilanciare l’economia.In oltre tre ore di conferenza stampa Giorgia Meloni ha parlato poco di economia. Certo, ha toccato alcuni temi - dal Mes agli extraprofitti, dalle politiche fiscali alle pensioni passando per le privatizzazioni e per gli effetti del ddl Capitali - ma avremmo voluto approfondire la strategia del governo per rilanciare la politica industriale, per far crescere l’economia italiana e, di riflesso, quella di famiglie, lavoratori e imprese. Non abbiamo potuto porre le nostre domande (anticipate nel nostro articolo di ieri) durante la conferenza perché non siamo rientrati tra le testate sorteggiate. Quindi ci dobbiamo accontentare delle risposte sollecitate dai colleghi. Partiamo dalle tasse: «La crescita italiana è stimata superiore alla media europea. Non sono per aumentare le tasse. Punto al taglio della spesa pubblica». E dato che «quest’anno si può ragionevolmente immaginare una diminuzione dei tassi di interesse», secondo la Meloni si troveranno lì le nuove «risorse per pagare il debito pubblico». Sulle pensioni, si è limitata a sottolineare che il tema «va affrontato in maniera più organica di quanto fatto finora, anche con le parti sociali». Dell’accordo in Europa sul Patto di stabilità il presidente del Consiglio ha detto di essere «soddisfatta almeno in parte. Chiaramente non è il Patto che avrei voluto io». I nuovi parametri avranno delle ripercussioni sulla strategia di politica economica del governo? «Il Patto di stabilità parte dal 2025 e non dal 2024. Mi pare presto per parlare di manovra correttiva. Da Borsa, spread e occupazione arrivano segnali incoraggianti», ha aggiunto. Quanto alla mancata ratifica del Mes, ha ricordato che «è stato bocciato, perché non c’è mai stata una maggioranza in Parlamento per la ratifica, la decisione del governo Conte di accettarlo ha messo l’Italia in oggettiva difficoltà. Dal mio punto di vista, il Mes è obsoleto e penso che nella reazione dei mercati alla mancata ratifica si legga questo. La mancata ratifica può diventare un’occasione per far diventare questo strumento più efficace di come sia oggi». Poi ha di nuovo chiamato in causa le opposizioni rispondendo a una domanda sul tema della tassa sugli extraprofitti delle banche. «Mi fa sorridere che i primi a criticare il primo governo che ha avuto il coraggio di fare questa tassazione, siano quelli che alle banche hanno fatto regali miliardari», ha detto nominando il Pd e il «M5s, che è stato cintura nera degli aiuti», ha attaccato. Secondo il premier, la versione definitiva della tassazione sugli extraprofitti delle banche «per lo Stato è una operazione win win. Noi avevamo varato una tassa su quello che era un margine giusto, non aveva un intento punitivo. In sede di conversione c’è stata l’aggiunta della possibilità di accantonare un importo pari a due volte e mezzo l’importo della tassa in una riserva non distribuibile. Questo comporta che aumentando le riserve, aumenta il credito ai cittadini, in base a Basilea. Nel caso si optasse per questa seconda ipotesi, ciò comporterebbe un aumento del credito. E nel medio periodo alcune banche pagheranno più tasse», ha aggiunto. Nelle privatizzazioni il governo intende muoversi con una «riduzione delle quote in partecipate che non riduce il controllo pubblico, come Poste, oppure con l’entrata di privati con quote minoritarie, come in Ferrovie. Ovviamente sono passaggi complessi e la tempistica non dipende solo da me» ha detto il premier. «Abbiamo dato un segnale con Mps con la nostra iniziativa (di collocare sul mercato una quota del pacchetto ancora detenuto dal Mef, ndr) parte delle risorse sono rientrate, abbiamo dato un bel segnale. Lo Stato deve controllare ciò che è strategico ma ciò comporta aprirsi anche al mercato». Sulle privatizzazioni, l’idea della Meloni è dunque «ridurre la presenza dello Stato laddove non è necessaria e affermarla laddove è necessaria». Resta da capire se questo si tradurrà in una nazionalizzazione dell’Ilva. Ma di come rilanciare il settore dell’acciaio ieri in conferenza stampa non si è parlato. Né è stato chiesto alla Meloni perché dare incentivi per l’acquisto delle auto elettriche se le auto acquistate non sono prodotte in Italia, o se il ruolo ormai perduto dell’automotive, un tempo fiore all’occhiello dell’industria italiana, verrà sostituito da altri comparti. Né, in generale, su quali pilastri si fonderà la politica industriale di questo governo.Rispondendo a una domanda sulla norma sui cda contenuta nel ddl Capitali, la Meloni ha evidenziato che questa norma di fatto limita il meccanismo attraverso cui in alcuni casi si perpetuano all’infinito i cda, a prescindere dai soci. E chiaramente al mercato «una previsione che rafforza il peso degli azionisti piace». Infine, un passaggio sui rapporti con la Cina dopo l’uscita dalla Via della seta: quell’accordo «non ha riequilibrato esportazioni e importazioni, ma semmai ha fatto entrare in Italia molti più prodotti cinesi. Si possono fare altri accordi anche al di fuori della Via della seta per rafforzare le nostre relazioni».
La leggendaria bacchetta svela le ragioni che l’hanno portato a fondare una vera e propria Accademia per direttori d’orchestra, che dal 2015 gira il mondo per non disperdere quel patrimonio di conoscenze sul repertorio operistico che ha ereditato dai giganti della scuola italiana.
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola