2023-12-14
Meloni pronta al veto sul Patto di stabilità. In Aula il fax sul Mes che ci ha incastrati
Il premier mostra al Senato il documento: «Il governo Conte prima di fare gli scatoloni ci ha lasciato questo pacco».Il veto sul Patto di stabilità? «Non escludo nessuna delle scelte. Credo si debba fare una valutazione su ciò che è meglio per l’Italia sapendo che se non si trova un accordo, noi torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso». Alla vigilia del Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles Giorgia Meloni è intervenuta in Senato e ha parlato anche della riforma del Patto di stabilità ribadendo chiaramente quanto sia complicato il negoziato in vista del prossimo vertice straordinario dell’Ecofin. A sollecitare il premier sul Patto è, per primo, uno dei suoi predecessori a Palazzo Chigi, Mario Monti, che le lancia anche un assist: «Questo Patto di stabilità non è accettabile. È un’Europa con lo specchietto retrovisore» quella che emerge, «era un’occasione per rilanciare gli investimenti pubblici. Sarei lieto se lei in caso di necessità usasse il veto», ha aggiunto rivolgendosi al presidente del Consiglio. Che nella replica ha sottolineato anche lo stato delle trattative. «Siamo ancora lontani, non siamo ancora a un accordo definitivo ma non posso non esprimere una punta di soddisfazione per qualche passo avanti nell’ultima bozza di accordo. È un punto di partenza», ha aggiunto, spiegando che bisogna tenere conto degli interessi maturati sul debito contratto sugli investimenti «non solo per questi tre anni». Quanto alle posizioni degli altri Stati, il premier ha detto che la nazione «più distante da noi non è l’Ungheria di Orbán ma la Germania di Scholz. Continuo a rivendicare che è molto più forte in politica estera chi riesce a dialogare con tutti. Se oggi c’è la possibilità di raggiungere degli obiettivi è anche grazie a una posizione italiana in grado di dialogare con tutti». Il dibattito ieri in Senato si è però scaldato quando la Meloni ha risposto all’intervento del senatore del M5s, Pietro Lorefice, che l’ha accusata di far tornare l’austerità. «Lorefice rivendica la grandezza dei dati a doppia cifra sul Pil durante i governi Conte ma omette un particolare: quello che è accaduto mentre si usciva dalla pandemia, in economia si definisce dead cat bounce, il rimbalzo del gatto morto: financo se si getta un gatto dalla finestra e il gatto muore, rimbalza. Il Pil nell’anno precedente era sprofondato più di quanto fossero sprofondati i Pil del resto d’Europa, un dato di cui non mi vanterei», ha risposto la Meloni. «Io farò sempre la mia parte per ricordare le politiche disastrose» di governi «precedenti che noi siamo chiamati a riparare. L’austerità? Non so cosa intenda, noi abbiamo smesso di buttare i soldi degli italiani dalla finestra» con spese come quelle per «Superbonus» e «banchi a rotelle. Non è austerità ma serietà» ed è il motivo «per cui gli italiani hanno chiesto a noi di governare e a voi di fare un passo indietro». La standing ovation dei banchi della maggioranza, e le proteste da quelli di Pd e 5 stelle, sono però scattate quando la Meloni ha sventolato un foglio di carta: «Il governo Conte alla chetichella ha dato l’assenso al Mes», ha detto mostrando alle opposizioni il fax inviato all’allora rappresentante in Ue Maurizio Massari da Luigi Di Maio in cui lo autorizzava a siglare il Mes. E questo, ha aggiunto la Meloni, è successo «il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo». Il governo Conte, ha ribadito il premier, ha dato l’assenso alla riforma del Mes «contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia, e con il favore delle tenebre». Anche il Superbonus, ha ricordato il presidente del Consiglio, «pesa come un macigno su nostri conti e sottrae 20 miliardi di euro l’anno». «È un provvedimento che nasceva da un intento condivisibile» ma è stato trasformato «nel più grande regalo fatto dallo Stato a truffatori e organizzazioni criminali, lasciando aziende e famiglie per bene in un mare di guai. Questione che ora noi cerchiamo di risolvere. Qualcuno dovrà fare i conti con la propria coscienza per aver immaginato così male un provvedimento», ha aggiunto. L’Aula del Senato ha dato il via libera alla risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni della premier con 104 voti a favore, 61 contrari e 13 astenuti (Iv e Azione). La Meloni ha quindi lasciato il Senato per salire insieme ai ministri interessati al Quirinale, dove si è tenuto il consueto pranzo pre vertice europeo con Sergio Mattarella.