2021-10-07
Macron torna all'ovile e i Balcani vedono l'Ue sempre più lontana
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Martedì e mercoledì, la presidenza di turno slovena dell'Unione europea, ha organizzato al Castello di Brdo, vicino Lubiana, il vertice di metà mandato cui è seguito quello con i Paesi balcanici. Il presidente francese ha portato al tavolo delle discussioni la necessità di rinsaldare le capacità geopolitiche dell'Unione, che per la Francia significa maggiori investimenti e commesse intraeuropee nel settore difesa.Nei due giorni di discussioni, nonostante la più assoluta mancanza di decisioni formali, sono stati numerosi i messaggi lanciati dai leader europei. È stato, forse, il primo vertice informale dal quale sian mai uscite delle dinamiche chiare per il futuro. Il primo risultato innanzitutto ha riguardato la Francia che dopo l'umiliazione subita in Oceania con la cancellazione da parte dell'Australia, guidata da Londra e Washington, dell'acquisto dei suoi sottomarini ha compreso il messaggio di vassallaggio inviatole dagli Usa. Il presidente Emmanuel Macron ha portato al tavolo delle discussioni la necessità di rinsaldare le capacità geopolitiche dell'Unione, che per la Francia significa maggiori investimenti e commesse intraeuropee nel settore difesa, ma in un contesto di minore benevolenza nei confronti della Cina. Una mossa apprezzata nei cablogrammi immediatamente indirizzati a Washington dalla locale ambasciata ma soprattutto una mossa che potrebbe garantire nei prossimi mesi a Macron la desiderata tranquillità per affrontare le imminenti elezioni. In tale contesto il presidente francese sarebbe anche in grado di sfruttare il vuoto creato dal cambio della guardia in Germania per ridare brillantezza all'immagine, assai offuscata negli ultimi anni, di una Francia capace di iniziative d'ampio respiro a livello europeo. Ulteriore messaggio anticinese al vertice, a conferma di un cambio copernichiano di atteggiamento dell'Unione nei confronti del regime di Pechino certamente favorito dall'addio alla politica di Angela Merkel e dalla sincera vicinanza dell'attuale governo sloveno alle esigenze del Dipartimento di Stato americano, è stata la presa d'atto, senza alcuna condanna informale, delle ragioni che hanno portato la Lituania ad autorizzare l'apertura di un ufficio di rappresentanza di della Repubblica Cinese (Taiwan). Per quanto riguarda i Balcani invece, la presidenza slovena non è riuscita a risolvere i problemi con cui la Macedonia da anni si sta autocondannando all'esclusione dall'Unione. Dopo aver accettato i ricatti greci cambiando il proprio nome e buona parte della Costituzione, si vede ora ostaggio di analoghe richieste presentate dalla Bulgaria e Sofia ha fatto comprendere al premier sloveno Janez Janša di non avere alcuna intenzione di rivedere le proprie intransigenti posizioni fino alle prossime elezioni parlamentari di novembre. Per poter dichiarare il successo della propria presidenza, Lubiana aveva puntato tutto sulla risoluzione della questione macedone. Vedendo sfumarne la possibilità ha proposto ai capi di Stato e governo la sottoscrizione di una dichiarazione congiunta nella quale si fissasse il 2030 quale data limite per l'accesso nell'Ue di tutti gli Stati balcanici. Il risultato finale invece è stato tanto più magro, quanto chiaro. Il presidente della Commissione Ursula von der Layen ha confermato il più assoluto appoggio al futuro comune delle capitali regionali, i governi hanno lanciato il piano di investimenti di 30 miliardi di euro a favore delle economie balcaniche ma soprattutto hanno reso chiaro che non si tratteranno più ingressi a pacchetto. Da oggi l'Unione tratterà ogni Paese candidato singolarmente e valuterà ciascuna richiesta di adesione solo dopo che ogni capitale avrà provato d'aver risolto i problemi legati alla corruzione, allo Stato di diritto e gli eventuali reciproci riconoscimenti. Il presidente Janša avrebbe voluto aggiungere anche la postilla legata alla condanna dell'eredità comunista ma la proposta non è stata nemmeno presa in considerazione. I rappresentanti di Montenegro, Bosnia Erzegovina, Serbia, Albania e Kosovo e Macedonia non hanno commentato. Alcuni loro diplomatici hanno preferito semplicemente ricordare le parole pronunciate a inizio di settembre dal presidente serbo Aleksander Vučić, proprio in Slovenia in occasione del Bled Strategic Forum, secondo il quale l'Ue si deve iniziare a rendere conto che, nonostante rimanga il luogo migliore in cui vivere, incomincia a perdere di attrattiva negli occhi delle popolazioni dei Balcani Occidentali rimanendo un attore geopolitico debole ed un'economia asfittica che difficilmente verrà salvata dalla fantomatica rivoluzione verde.La conferma di un relativamente lungo orizzonte di attesa del destino europeo per le capitali della zona rende definitivamente instabile la cornice politica nella quale da anni si ricercano le soluzioni alle numerose criticità regionali, che nel frattempo rischiano d'essere sfruttate in senso destabilizzante da Russia e Cina. Non a caso nei giorni scorsi si sono visti generali delle forze armate Russe prendere cognizione, in compagnia del Ministro della difesa serbo, delle più recenti tensioni sul confine tra Serbia e Kosovo, dove le reciproche popolazioni hanno innalzato barricate in seguito alla richiesta kosovara di non accettare più targhe automobilistiche serbe sul proprio territorio.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)