2019-08-25
Macron nasconde i fallimenti dietro il fumo dell’Amazzonia
Niente di meglio di un peana per le foreste per nascondere i propri fallimenti e ripulirsi la coscienza a gratis. Ecco perché il leader d'Oltralpe ha gonfiato fino al ridicolo l'allarme roghi in Brasile. C'è pure il puzzone Jair Bolsonaro da menare: i Vip si accodano in massa.Ci mancava solo il Fashion Pact. Le aziende del lusso, da Hermès a Ralph Lauren, da Prada a Chanel, che si mettono insieme per difendere l'ambiente. Che cosa c'è, del resto, di più chic? Un po' di gretini, un po' di lotta ai gas serra, qualche giornalista amico et voilà: il marsupio griffato e ecologico va via come il pane, e non a caso viene usato per pubblicizzare l'alleanza sulle pagine dei quotidiani. Il verde fa vendere. E poi c'è da cavalcare la grande ondata mediatica del momento: salviamo l'Amazzonia. Basta con gli alberi che bruciano. Se muore qualche bambino nelle fabbriche del Sudest asiatico, in cui alcuni dei grandi marchi hanno delocalizzato la produzione, non importa. Quello che importa è salvare gli alberi in Brasile. E, di conseguenza, il marsupio ecologico con la griffe.Del resto chi è che non vuole salvare l'Amazzonia? È una di quelle cose che abbiamo digerito insieme al latte materno: bisogna voler bene alla mamma, desiderare la pace nel mondo e salvare la foresta amazzonica. Non si scappa. E così non appena il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato il tweet sulla «nostra casa che brucia», in tutto il mondo è scattata la corsa all'emulazione. E nel circoletto della gente che conta (conta i like, soprattutto) non è parso vero di guadagnarsi così facilmente un po' di followers con una rinfrescata alla propria immagine ambientalista. Infatti è stato un diluvio di indignazione a mezzo social, accompagnata da toni accorati e sdruccioli sentimentalismi, oltre che da attacchi durissimi all'orco di turno, ovviamente il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che si presta perfettamente al ruolo. E che infatti è stato immediatamente identificato come un Nerone senza nemmeno l'arpa.Da Madonna a Cristiano Ronaldo, da Alessandro Del Piero a Leonardo Di Caprio, da Fiorella Mannoia a Paulo Dybala, ecco lì l'armata dei vip con il cuoricino verde, pronti a scendere in campo per difendere la foresta amazzonica e attaccare il cattivone populista, due cose che in queste ore fanno entrambe tantissimo chic. Ci sono anche personaggi dimenticati che rispuntano dall'ombra per l'occasione, come l'ex regina no logo Naomi Klein, che cerca un po' di nuova visibilità al chiarore degli incendi. Non a caso sta lanciando un libro che si intitola Il mondo in fiamme. Hai visto le coincidenze? La foga twittarola del belmondo green è tale che non si accorgono nemmeno che stanno lacrimando su incendi di trent'anni fa: la foto che riproducono nei loro messaggi disperati, infatti, risale all'incirca al 1989. In ogni caso è stata scattata da un fotografo morto nel 2003. Dignità bruciata, ma che importa? Quel che conta è la visibilità, quella sì sempreverde, a differenza degli alberi e della credibilità ridotti in cenere.Sia chiaro: gli incendi in Amazzonia ci sono davvero. E questo non piace a nessuno. Così come a nessuno piace che non si sia ancora raggiunta la pace nel mondo e ci siano bambini che fanno arrabbiare le mamme. Ma i dati ufficiali dicono che lo sbandierato «record» di queste ore è all'incirca una montatura mediatica. Fra il gennaio e il luglio 2019, infatti, ci sono stati nell'area delle foreste 15.924, appena un po' di più della media degli ultimi vent'anni 14.015. Se ci si allarga a tutto il Brasile si arriva alla stracitata quota di 74.000 incendi, che sono sicuramente tanti, ma non eccezionali (nel 1987, per dire, si arrivò addirittura a quota 200.000). E soprattutto, quello che tutti dimenticano di dire è che la riduzione delle foreste è reale, ma si è verificata principalmente fra il 2004 e il 2012, quando c'era al governo la sinistra. La quale, questa sì, si comportò da Nerone, senza che nessuno però alzasse un tweet a contestarla.E perché allora quest'ondata emotiva mondiale si scatena proprio adesso? Cherchez il Macron: è suo infatti l'intervento che ha aperto le danze. E basta non farsi offuscare la vista dal fumo dell'Amazzonia per capire che aveva molte ragioni per farlo: si apre oggi a Biarritz, in Francia, un vertice del G7 che è annunciato come un insuccesso. Non c'è accordo su niente. Dazi, Cina, Brexit, Iran, clima. Niente di niente. La situazione è così grave che pare abbiano già abolito il comunicato finale, in modo da non dover dichiarare che l'enorme mobilitazione di mezzi e uomini (oltre 13.000 agenti utilizzati, 36 milioni di euro di spesa) sono stati del tutto inutili. Come del resto è stato inutile anche il G7 dell'anno scorso in Canada, tanto che qualcuno in Francia (come Pierre Haski su L'Obs) ha proposto l'abolizione dell'annuale e sempre più stanco rito. E che cosa c'è di meglio per nascondere un insuccesso assicurato che una bella indignazione contro il populista? E una bella campagna in difesa dell'Amazzonia? Sono due temi che si portano su tutto, si sa. Funzionano a meraviglia. Dagli al Bolsonaro. E salva i bolsi nani del G7.Quel furbetto di Macron le pensa proprio tutte. Con l'azione diversiva sul Brasile non solo riesce a distogliere l'attenzione di tutti dal probabile fallimento del vertice che ospita a casa sua, ma cerca anche di distogliere l'attenzione dalle sue mancanze proprio sul fronte green. Nelle ultime ore, infatti, gli ecologisti stavano andando in giro per la Francia a staccare i ritratti del presidente dai municipi (125 ne hanno già tolti, l'ultimo proprio a Biarritz). E lo accusano di non fare nulla per difendere l'ambiente. Ecco che l'Amazzonia, con contorno di orco Bolsonaro, arriva a proposito: una bella riverniciatina di verde, una medaglietta sul petto, chi è che non vuole salvare le foreste? Ovvio: fa fine e non impegna. È perfetto. La mossa ideale. Tanto si sa che l'intero mondo dei gretini è pronto a correre dietro all'appello green, disposto a mobilitarsi in un attimo per la nobile causa, anche a commuoversi sulle foto di trent'anni fa, con un un'inondazione di retorica, che di certo non salverà il pianeta dalle catastrofi. Ma salva qualche vip dalla noia e Macron dall'imbarazzo, oltre che salvare le vendite dei marsupi con la griffe. È questo il vero Fashion Pact, che conviene a tutti. Tranne all'Amazzonia, probabilmente, ma chi se ne importa?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)