2022-08-03
L’Ue sgancia sulle elezioni la bomba Mps
La Commissione concede all’Italia una proroga per la privatizzazione, però in cambio chiede impegni supplementari: la cessione di Npl e di almeno 100 filiali. Enrico Letta, che si era candidato proprio a Siena, evita il dossier. Matteo Salvini: «Il piano è un’ulteriore mazzata».La Commissione europea approva lo slittamento della privatizzazione del Monte dei paschi chiesta dal governo italiano a fine 2021. L’obiettivo del Mef, ancora azionista di controllo con il 64%, è completare la ristrutturazione dell’istituto e consentire così la vendita della quota dello Stato garantendo il nuovo schema di impegni rivisto recentemente dalla banca alla luce della proroga. Impegni che quindi vanno a sostituirsi a quelli iniziali in base ai quali era stata approvata la ricapitalizzazione precauzionale di Mps nel luglio 2017. La Commissione, si legge in una nota sul sito, ha dunque concluso che l’aiuto concesso cinque anni fa dall’Italia all’istituto senese resta compatibile con le norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato, «in quanto è stato mantenuto l’equilibrio generale della decisione iniziale». Il copione era già scritto e la proroga ormai scontata ma la decisione di Bruxelles non entra nel dettaglio su quanti mesi, o anni, sono stati concessi in più. Nell’autorizzazione la Ue ricorda solo che nel luglio 2022 l’Italia ha chiesto un «congruo» periodo di tempo per conseguire alcuni obiettivi, in particolare per vendere la partecipazione e consentire alla banca di completare alcuni disinvestimenti e continuare il progetto di ristrutturazione attraverso una ulteriore riduzione dell’organico e dei costi operativi. E il via libera alla proroga, insieme con quello della Bce al piano industriale presentato a giugno dall’ad Luigi Lovaglio, è uno dei passaggi autorizzativi indispensabili per arrivare all’aumento di capitale da 2,5 miliardi previsto per l’autunno. Di certo, però, per la seconda volta in sei anni il Monte si ritrova nel mezzo di una crisi di governo mentre è alle prese con un aumento di capitale fondamentale per la sua sopravvivenza. Nel dicembre 2016 la fine dell’avventura a Palazzo Chigi di Matteo Renzi causata dalla sconfitta al referendum costituzionale fece venire meno i presunti «anchor investor», come il fondo sovrano del Qatar, che avrebbero dovuto coinvestire nella banca senese, con il risultato che l’istituto venne salvato dallo Stato con 5,4 miliardi. Il futuro del Monte è quindi destinato a essere uno dei dossier più caldi che finiranno sul tavolo del nuovo esecutivo. E sicuramente uno dei più scomodi. Tanto che in questa campagna elettorale il Pd di Enrico Letta, per altro vincitore delle suppletive senesi, si è fin qui tenuto alla larga dalla grana Mps. «Il piano della Commissione europea è un’ulteriore mazzata dopo i tragici errori del Pd che hanno rovinato l’istituto bancario con danni stimati dalla stessa Regione Toscana in 50 miliardi. Letta nasconde i guai causati dalla sinistra, e agli italiani che cercano lavoro e sostegno promette la patrimoniale», ha intanto attaccato ieri il leader della Lega Matteo Salvini. Di Rocca Salimbeni tra poco non dovrà più occuparsi il ministro del Tesoro uscente, Daniele Franco, che può lasciarlo nelle mani del direttore generale Alessandro Rivera e della sua struttura tecnica. L’aumento non può saltare, perché altrimenti dovrebbe scattare un nuovo salvataggio di Stato con conseguenze pesanti come un possibile azzeramento dei bond subordinati; bisognerà tuttavia trovare investitori privati che partecipino alla ricapitalizzazione a fianco del Tesoro con almeno 700-800 milioni. E Bofa, Citigroup, Credit Suisse e Mediobanca, ovvero le banche global coordinator dell’operazione, devono firmare un accordo definitivo di garanzia. Gli impegni del Tesoro italiano approvati ieri da Bruxelles come condizione per la proroga «sono stati rivisti sulla base di una proposta sottoposta nel corso di luglio all’istituzione europea dal ministero dell’Economia, a esito di una costruttiva interlocuzione condotta tra i rispettivi uffici nei mesi precedenti, e sono coerenti con gli obiettivi del piano industriale recentemente approvato dalla banca», sottolinea il Mef in una nota. Tra quelli «supplementari» cui fa riferimento Bruxelles c’è l’accelerazione nella vendita dei deteriorati. Nella presentazione del piano 2022-2026 al mercato l’ad Lovaglio ha indicato che è in cantiere la cessione di 800 milioni di euro di Npl da concludere entro la fine di quest’anno. Il piano industriale, che punta a raggiungere un utile di 1 miliardo, prevede di ridurre lo stock di deteriorati di 1,3 miliardi: dai 4,1 miliardi fotografati a fine 2021 a 3,2 miliardi nel 2024 per arrivare a fine piano (nel 2026) a 2,8 miliardi. Le nuove cessioni, quindi, non dovrebbero riguardare la banca online Widiba sulla quale Lovaglio fa grande affidamento per lo sviluppo dei ricavi. Resteranno nel perimetro anche Mps capital services, Mps leasing e Factoring, società che verranno incorporate nella casa madre in modo da produrre sinergie di costo e ricavi incrementali. Già in programma anche le ulteriori cessioni di sportelli, circa 100 entro il 2024, cui fa riferimento la Commissione europea. I contenuti della decisione di ieri verranno resi pubblici da Bruxelles nelle prossime settimane. Venerdì mattina, intanto, la banca presenterà i conti del secondo trimestre.
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