2023-07-18
L’Ucraina punta tutto sulla Crimea e pianifica già la pulizia etnica
Volodymyr Zelensky (Ansa)
La riconquista della penisola è l’obiettivo primario di Volodymyr Zelensky, che prepara purghe e trasferimenti forzati. Come ammette la funzionaria Tamila Tasheva: «Puniremo 10.000 collaborazionisti ed espelleremo 800.000 russi».Ha scritto bene Fulvio Scaglione sull’ultimo numero di Limes: ora la vera posta in gioco della guerra tra Russia e Ucraina è la Crimea. E da quelle parti i russi troveranno sempre un «fattore terra» a ostacolarli: il radicamento territoriale della minoranza tatara. Un gruppo etnico che ha una storia lunga e dolorosa, non necessariamente legata ai crimini sovietici.Lo scorso maggio, Kiev ha voluto intestarsi la lotta per il riconoscimento che i tatari conducono da anni. Il viceministro degli Esteri, Emine Dzheppar, fece sapere che il 18 maggio avrebbe ammainato la bandiera dell’Ucraina e quella dei tatari «per commemorare le deportazioni forzate effettuate dai sovietici nel 1944». Il Kyiv Independent ricordò nell’occasione che «dal 18 al 20 maggio 1944, la politica segreta sovietica ha deportato con la forza migliaia di tatari indigeni della Crimea - tra cui donne, bambini e anziani - attraverso migliaia di chilometri dalla Crimea all’Uzbekistan. Si stima che nel processo morirono circa 8.000 tartari di Crimea. Le stime sui decessi totali dovuti alle dure condizioni di esilio vanno da 34.000 a oltre 100.000. La deportazione è stata ufficialmente riconosciuta dall’Ucraina e da molti altri paesi come un genocidio contro i tatari di Crimea».In realtà di trasferimenti forzati di decine migliaia di persone ne erano già avvenuti parecchi anche in precedenza, già alla fine dell’Ottocento. Con la creazione dell’Unione Sovietica, inizialmente la relazione fra i tatari e le autorità russe fu piuttosto buona, ma cominciò a peggiorare negli anni Venti, quando Stalin decise di far trasferire in Crimea numerosi coloni ebrei, decisione non gradita agli autoctoni. Durante la Seconda guerra mondiale, con l’occupazione tedesca della Penisola, i tatari si distribuirono più o meno equamente: alcuni si opposero all’esercito germanico, altri collaborarono. Nel 1944, partite le truppe hitleriane, Stalin colse la palla al balzo per muovere accuse di collaborazionismo di massa e deportare centinaia di migliaia di persone. Solo nel 1991 i tatari ottennero il diritto a rientrare in Crimea, mentre l’Urss collassava.È comprensibile, dunque, che i tatari nutrano un atavico risentimento nei confronti dei russi, anche se da parte di Kiev, nel corso degli anni, non hanno certo ricevuto miglior trattamento. In ogni caso, è interesse politico dei governanti ucraini far leva sul sentimento anti russo della minoranza che - vale la pena ricordarlo - al referendum organizzato in Crimea nel 2014 scelse di boicottare il voto.Volodymyr Zelensky, nel 2022, ha nominato sua rappresentante in Crimea proprio una esponente tatara, Tamila Tasheva. Nata a Samarcanda dove la sua famiglia fu spedita nel 1944, costei ha partecipato alle rivolte di Euromaidan e da mesi mostra un atteggiamento particolarmente bellicoso, giunto al culmine domenica in una intervista rilasciata al prestigioso magazine americano Newsweek. La signora, infatti, ha dichiarato che «Kiev prevede di inserire nella lista nera circa 10.000 ucraini che hanno collaborato con le autorità russe, sebbene non punirà coloro che ritiene «vittime» dell’occupazione». In buona sostanza significa che, se gli ucraini dovessero riuscire a riprendere il controllo del territorio, eseguiranno una purga ai danni di circa 10.000 collaborazionisti (o presunti tali). Non è tutto. «Si ritiene che centinaia di migliaia di russi si siano trasferiti in Crimea da quando la penisola è stata conquistata dalle forze del presidente Vladimir Putin nel 2014», ha scritto ancora Newsweek. «Le stime variano, ma Tasheva ha affermato che la cifra è compresa tra 500.000 e 800.000 nuovi arrivati. Tutti quei russi che sono entrati illegalmente, ha detto, saranno soggetti a “espulsione forzata”».La Tasheva è stata prodiga di dettagli. «Non stiamo parlando di espulsione, ma di «espulsione forzata», che verrà impiegata solo nei confronti di cittadini non ucraini entrati illegalmente nel Paese dall’annessione. Non ci saranno deportazioni di massa, ma affronteremo la questione caso per caso», ha detto la Tasheva. «Siamo già in comunicazione tra vari dipartimenti e i nostri cittadini in Crimea, dicendo loro di lasciare la penisola, se possibile, piuttosto che collaborare con gli occupanti. Ma se rimani e partecipi all’occupazione illegale e ai crimini di guerra commessi dai russi, sarai tenuto a renderne conto. Questo non sarà un processo facile, motivo per cui stiamo già sviluppando il quadro giuridico per i futuri procedimenti, compresa la lustrazione di ex funzionari cittadini ucraini che hanno collaborato con le amministrazioni occupanti».Lustrazione è un termine vagamente inquietante. Nell’antica Roma si riferiva a una cerimonia di purificazione, ma nel mondo post sovietico ha assunto ben altro significato. Come ha chiarito Newsweek, «“lustrazione” si riferisce in generale alle epurazioni successive alla Guerra Fredda di funzionari che lavoravano per i governi del blocco sovietico. In Ucraina, allude anche alla rimozione di funzionari governativi che hanno servito il presidente allineato al Cremlino, Viktor Yanukovich, dopo che è stato deposto durante la rivoluzione Euromaidan del 2014, la rivolta che ha provocato l’invasione della Crimea e del Donbass da parte di Mosca». Insomma, anche in questo caso parliamo di una bella purga. Ai collaborazionisti, ha detto la Tasheva, «sarà vietato di ricoprire ruoli governativi o ufficiali per un certo numero di anni, almeno. Molti saranno tenuti a rendere conto, ma non saranno milioni o addirittura centinaia di migliaia. Saranno forse 10.000».Se il radicato risentimento nei confronti dei russi da parte dei tatari si può spiegare con le atrocità staliniane, è molto meno giustificabile l’idea che le autorità ucraine possano dare libero sfogo all’odio etnico, fomentandolo e facendolo esplodere tramite persecuzione. Quella che la Tasheva ha descritto con termini tutto sommato presentabili è, in realtà, repulisti etnico. E, purtroppo, la Storia ci ha insegnato con che tipo di sommarie valutazioni si svolgano di solito queste operazioni, e con che tasso di violenza. Certo, resta da vedere se le forze ucraine riusciranno mai a occupare la Crimea. Ma intanto volano minacce e terribili promesse.Torna a porsi con prepotenza, dunque, lo stesso interrogativo sorto giorni fa in occasione dell’invio di bombe a grappolo alle armate di Kiev. Viene cioè il sospetto che, una volta divisa la scena tra buoni e cattivi, ai «buoni» tutto sia concesso. Anche l’uso di armi illegale e la teorizzazione della pulizia etnica.
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.